29 dicembre 2011

Capitolo 1: Pippi si trasferisce a Villa Villacolle

Cominciamo dal fondo....o forse è l’inizio chi lo sa.... comunque cominciamo da un trasloco.... In tempi di “traslochi reali e virtuali” Pippi si è trasferita a Villa Villacolle.
Forse tutto quanto è cominciato pochi mesi fa con una cena, o forse da una deriva urbana, o forse ancora da un regalo, sì, credo sia il regalo. Quel regalo che tuttosommato non era altro che una semplice prova malriuscita, il prototipo, il numero 0, il manoscritto che fai leggere vergognandoti anche un po’ della tua fragilità ad un Amico che non è un amico ma ancora non lo sa. Forse una dichiarazione. Ma forse tutto ha semplicemente inizio da una strana alchimia, da quel curioso e inaspettato mix di ingredienti, vergine e ingenuo che ha il sapore della magia.
Eh sì, perchè una mattina Pippi ha deciso di dedicarsi alla preparazione dei biscotti e avendo fatto un’incredibile quantità di pasta l’ha spianata sul pavimento. Perchè dovete capire che un tavolo proprio non basta se si devono impastare almeno 500 biscotti a forma di cuore! Ma ancora non sapeva cosa stava facendo.
Ed ecco che ad un tratto lo Studio dove ho dormito, abitato, sostato precaria, senza radici, in punta di piedi per mesi, si è trasformato in un contenitore di sogni, un’officina dove produrre biscotti. E così me ne sono stata lì a pancia in giù sul pavimento ritagliando cuori di pasta con infinita concentrazione. I biscotti son diventati 522, perchè per farci stare un intero libro di avventure, la Saltamatta, l’Isola Cip Cip, l’albero delle gazzose, tutti i miei sogni, tanti così ce ne volevano e non dei semplici pasticcini ma veri e propri biscottoni al profumo di cannella. Ma in realtà quei 38,374 Kg di sogni contengono molto di più.
Oltre a farina, cremor tartaro, un pizzico di sale, cannella, e malto e olio di girasole miscelati a parte...contengono le parole di un poeta, una passeggiata in un parco, il profumo dei fiori del timo, il profumo del mare. Contengono il sapore dolce del guardare il Signor Nilsson dormire, il sapore di quando tutto è nuovo, fragile, una scoperta. Contengono il peso di una macchina da scrivere appoggiata sul petto, il colore dell’inchiostro, i sogni delle spezie e dell’India, il sapore del viaggio appena cominciato; contengono un pizzico di perfidia e una lacrima di nostalgia. Quei 522 biscotti a forma di cuore hanno riempito il pavimento, le pareti, tutto lo spazio disponibile del mio studio-casa-culla-cuccia-tana, e di profumi la mia intera vita. Ma quel numero 0 è del Signor Nilsson, in una scatola dentro la libreria, nascosta dietro le ali di una falena che si è posata per un istante o chissà per quanto, nella sua nuova Villa Villacolle: la casa dal giardino dove sbocciano i tulipani, le rose e dove cresce l’albero cavo delle gazzose. E Pippi a Villa Villacolle è a casa.

28 dicembre 2011

Cacuocciule Arrustute

Era da un po' che non mettevo piede qui, mea culpa, mia santissima colpa, ma spero di rifarmi, ringrazio oltra per avermi riinvitato qui con voi cuochessi.
Prendete 6 carciofi con le spine, occhio rigorosamente con le spine, le mamme lasciatele stare non fanno per noi gente delle isole.
Tagliate il cardo fino al carciofo e buttatelo oppure fatene un uso a voi congeniale, non sono maliziosa promesso :D, tagliate circa due centimetri di punte, togliendo così buona parte della parte spinosa delle foglie, mettete i carciofi man mano che si fanno in acqua con spremuto mezzo limone e il limone dentro.
Procuratevi sei spicchi d'aglio, sale&pepe q.b, olio e un bicchiere colmo d'acqua.
Dopo aver mondato i carciofi prendeteli uno ad uno e sbatteteli per aprirli su di un asse di legno, ovviamente non li dovete rompere ma solo aprirlo leggermente per mettere lo spicchio d'aglio sale e pepe e un goccio d'olio.
Disponeteli in una casseruola e versate all'interno il bicchiere d'acqua.
Mettere in forno a 160° per 50min, se l'acqua s'asciugasse aggiungetene fino a cottuta ultimata.
Servitele calde e ovviamente buon appetito.

ps : mi presento...la vecchia morfea;)

27 dicembre 2011

avrò avanzato un bollito

per una volta la cena degli avanzi anticipa il natale. è il caso di un bollito che, giocoforza, anticipa i cappelletti in brodo. che si fa di un bollito in futuro anteriore? una pre-cena degli avanzi. cioé il bollito avanza, ma il brodo è ancora da usare.
il bollito è una roba strana. io che son ligure non ci sono abituato, lo evito da quando mia madre mi preparava la lingua bollita. come puoi dare a un bambino una roba così, dico io? allora insomma sono arrivato agli -anta senza aver mai fatto un bollito. né un brodo, ovvio. gallina, biancostato, cappello del prete: nomi che mi sono ignoti. è tutto nuovo.
comunque, la roba strana è che non lo trovi nei libri di ricette. gualtiero lo dà talmente per scontato da metterlo direttamente tra gli ingredienti. allora chiedo in giro e decido di mettere la carne nell'acqua bollente, un pezzo per volta per non far scendere il bollore. così la superficie cuoce di botto e tiene dentro più succhi. però lo faccio cuocere più a lungo, lascio che la carne superi il punto di cottura giusto, che lasci più sapore all'acqua. un po' di brodo lo tiro da parte e ci lesso le patate. poi quel brodo andrà nel risotto, ad unire amido ad amido.
con il brodo di carne tutto cambia: le patate hanno un sapore grasso, comodo, scorrono sulla lingua come lubrificate, hanno qualcosa di erotico. il risotto alla milanese trova una dimensione a me ignota, antica e povera, esalta lo zafferano con una consistenza cremosa e un sapore delicato e deciso insieme. anche la mia prima salsa verde gioisce della sua scoperta. la cena degli avanzi diventa la cena delle prime volte.

e ora, come farò a tornare al dado?

16 dicembre 2011

risotto ai due neri


un risotto a volte nasce da un sorriso scambiato nel dire, potremmo cenare da me, ed è già lì che si materializza, e continua a predisporsi nel viaggio verso il venditore di pesce e poi la casa.


sarà un risotto nero, la seppia viene sezionata e la boccetta organica contenente il liquido si espande lentamente nell'acqua calda...mentre si raffredda il vino nel frigo...tosto il riso nell'olio e aglio (senza burro, rischia di più l'attaccamento, ma burro e seppia non si può neanche sentir dire) poi vino dal bicchiere e quindi nero di seppia, e li mi accorgo che i neri sono due, il secondo è il profumo che aleggia, fatto di eucaliptolo, sandalo, muschio, patchouli, palissandro, nota animale...il nero, e tutto si complica, o si semplifica, perché mentre la tua mano gira in senso orario, altre mani ti entrano nella camicia sbottonando, mentre schizzi neri di seppia finiscono in giro, appunto.


e così i due neri si fondono, e si scambiano, ora anche i pezzi di seppia con la loro strana rigidità finiscono ad ammorbidirsi nel nero che gira...


niente mantecatura, solo lasciar andare il calore iniziale, e lasciarlo stemperare qualche minuto... giusto il tempo di arrivare alla bocca.

1 dicembre 2011

un anno senza jam session


e si sente. bisogna intervenire, e non lasciar finire questo 2011 senza aver cucinato insieme almeno una volta.
l'ultima possibilità è il trentuno dicembre.
solite regole: partecipa solo chi ha postato almeno una ricetta; essendo capodanno ogni cuoco può portare un ospite, che ovviamente può cucinare (o iscriversi e postare, e invitare a sua volta - le regole sono fatte per essere aggirate, basta essere furbi)
il luogo potrebbe essere quello abituale, ma anche no. vedremo.
io mi sono portato un po' di ricette dall'india, tra cui scegliere.

nel frattempo cominciate a crearvi un account su blogspot.

19 novembre 2011

biryani

il biryani è la ricetta tradizionale indiana, anche se le sue origini sono in persia, qualcosa come seicento anni fa. è fatta con una coppia di persone meravigliose, che abitano il mondo come se fosse casa loro, e la loro casa come se fosse tutto il mondo. ti accolgono con il sorriso e ti fanno sentire arrivato, dopo due settimane di pellegrinaggi faticosi. poi c'è un posto da favola, una casa antica e saggia circondata da piantagioni di cocchi e banane, con il giardino di spezie davanti, dove ti alzi al mattino e la prima cosa che vedi è il sole che sorge davanti alla veranda. i rumori che senti sono quei suoni della natura che ti vendono in cd per rilassarti, solo che sono dal vivo. tutto è insaporito dallo yoga al mattino, con uno yogi di età indefinibile, pacato e saggio e insieme allegro e divertente, e massaggi ayurvedici per il resto della giornata. il contorno sono elefanti, bufali, gazzelle e scimmie.
poi si mette tutto a strati, si tappa con un coperchio sigillato con la pasta fresca e si fa andare ancora due minuti. quando si porta a tavola e si apre escono le risate e i sorrisi, e tutti nel raggio di chilometri sanno che lì c'è gioia.

3 novembre 2011

Ho usato la pentola a pressione per la prima volta in vita mia e mi è sembrata rivoluzionaria. Amore a primo uso.

19 ottobre 2011

ditelo con i fiori

da bambino avevo la passione per il timo. non so perché, forse perché l'avevo scoperto nelle mie incursioni dall'altra parte della valletta, dove scalavo le rocce esposte al sole, che d'estate profumano di erbe. andavo a giocare alla casa sull'albero e facevo il bagno nel torrente. e raccoglievo il timo. lo facevo seccare, sgranavo le foglie, le raccoglievo in sacchettini (li compravo dal ferramenta del paese per dieci lire l'uno) e poi li vendevo, stesi su un asciugamano sul marciapiede. gli altri bambini vendevano collane di perline o fumetti usati, io sacchettini di timo, a duecento lire l'uno. non so se le signore che li compravano lo facevano perché intenerite o per interesse culinario. davo anche consigli: sulle frittate e sulle carni. ancora non sapevo quanto sta bene anche nei funghi e nelle verdure stufate.
trentacinque anni dopo avrei scoperto i fiori del timo. il timo fiorisce in primavera, vicino a pasqua. fa delle piccole infiorescenze rosa, dense e profumate.
e ho scoperto che i fiori di timo stanno da dio nell'insalata. valeriana (che lì si chiama serzetto), pomodori secchi, pistacchi, e una manciata di fiori di timo freschi.
ci stanno un amore.

13 ottobre 2011

Vegan Party is cool!

Prendi l'ossimoro della mortadella vegetale niente male [c'è anche il pistacchio],
l'informazione della pazienza di chi ha pulito centinaia di steli di tarassaco
e ne ha raccolto e conservato sottolio i boccioli uno per uno, stappa un rosso, che alla fine ha avuto la meglio sulla birra al coriandolo, lascia in mano ad un sapiente Reiki un intero vaso di zucchine arrostite alla menta, scalda tre piadine di kamut e falle tagliare alle danzatrici mani di un massaggiatore Tuina, mettici due Naturopate molto fiche che condiscono tutto con amorevoli sulfamigi ed inebrianti colori: mischia tutto insieme facendo qualche trasferello qua e là, unisci del blu, un pò di India ed ecco qua.
Poi dicono che l'aperitivo vegano è noioso.
Io mi sono divertita un sacco, ho mangiato e bevuto bene.

L'unica cosa che stonava secondo me era il vicks vaporub.

8 ottobre 2011

Patate dolci americane ‒ Lieto fine

Dicevo, avevo fatto queste patate dolci americane coi funghi, idea rivelatasi fallimentare, ma non volevo darmi per vinto e ci ho riprovato. Alla fine ho googolato "patate dolci americane" e ho trovato un'americana che spiegava in un italiano difettoso come si fanno le patate dolci là in America.

Si fanno bollire con la buccia, si sbucciano, si tagliano a metà per la lunghezza, si adagiano in una teglia imburrata*, si cospargono di zucchero di canna e di cannella, si mettono in forno per una mezz'oretta, e quando sono pronte sono un dolce davvero delizioso. I miei coinquilini hanno gradito tanto che ora a casa le patate dolci americane si chiamano le patate dolci americane di Davide.

Per la cronaca (e per aggiungere qualcosa di mio a una ricetta che non è mia), tutta la procedura richiede circa un'oretta, e comunque si tratta di un dolce, così per ingannare il tempo e stuzzicare un po' ho stappato una bottiglia di primitivo del Salento e ho improvvisato un aperitivo con taralli fatti in casa da mamma e pecorino sardo del discount.

Bere vino buono mentre si cucina è una cosa che fa molto cuoco maledetto.

*In realtà l'americana ha detto di mettere il burro sopra le patate, spero a riccioli e non a noci, ma mi sono rifiutato di farlo, mi sembrava veramente troppo un'americanata.

La cipollata

Per fare la cipollata per prima cosa affetti le cipolle, con quella cosa che le affetta sottili sottili.
Poi, mentre piangi, le butti nell'acqua bollente un attimo perchè pare che così le digerisci più facilmente.
Quindi butti le cipolle, tagliate e sbollentate un attimo, in una padella antiaderente dove l'olio d'oliva ha cominciato a soffriggere un po'. 
Aggiungi un po' d'acqua bollente e fai andare a fuoco lento per tanto tempo. Sta attento, le cipolle devono quasi stufare, mai friggere.
Quando ti sembrano abbastanza cotte (io intendo quasi spappolate), aggiungi la conserva di pomodoro, qualche cappero e un paio di foglie di alloro.
Continui a far cuocere.
Infine mangi una cipollata che ai miei amici, e a me, è sembrata buonissima.

(Mentre la porti a tavola puoi cantare "La moje che vvo' beeeeeeene allu marite, la sere i fa'rtruvàààààà la cipullate". Non so da dove arriva questa cosa, ma, ecco, i miei amici l'hanno cantata).

Ops... mi sono scordata il sale q.b.!

3 ottobre 2011

lady hawk

i cetrioli e i cachi del mio orto non si erano mai incontrati.
l'uno non sapeva dell'esistenza dell'altro ed è sempre stato così, dai tempi dei tempi.
ma non solo quelli del mio orto, in genere.
cetrioli: estate, cachi: autunno/inverno.
come lady hawk e il lupo.
ora invece un sortilegio li ha fatti incontrare.
secondo me però non sono stati così felici di conoscersi.

2 ottobre 2011

E allora ti vuoi proprio male!

Esattamente 24 ore fa stavo sbucciando con le dita dei gamberetti fritti insieme ad una enorme quantità di aglio tritato.
Accompagnati da un'insalata di frutta, verdura e granchio.
Bevendo caipirinha.
Su una spiaggia di quelle delle cartoline.
Con un uomo di quelli delle favole.
Ed oggi, qui, adesso, mi cucino una fettina di tacchino alla griglia.
Con pomodori milanesi di contorno.
Giusto per rendere il rientro davvero una tragedia.

come pelare una testa d'aglio in dieci secondi



postato anche qui

27 settembre 2011

Patate e funghi ‒ un fallimento

Avevo dei funghi da consumare, erano in frigo da una settimana e iniziavano a fare la muffa. Ridicolo che delle muffe facciano la muffa, ma tant'è. Non lo sapevo: li compro di rado, i funghi, e li ho sempre mangiati subito dopo l'acquisto. Li ho fatti vedere al mio coinquilino che invece ne mangia spesso, e ha detto che erano ancora buoni.

Avevo, poi, anche delle patate dolci americane. Queste mi avevano sempre incuriosito, soprattutto per la forma allungata, con due punte appuntite, ma non le avevo mai comprate prima d'ora perché sono un po' più costose delle patate di Crevalcore (per dire) e mi sono sempre detto: sempre patate sono, non ne vale la pena. Stavolta invece ho deciso di provare. Patate dolci americane. Fico.

Le ho lavate (erano confezionate col polistirolo e la plastica, ma erano ancora sporche di terra: terra americana!) e le ho messe a bollire in una pentola. Lavati anche i funghi, li ho messi a soffriggere con aglio e prezzemolo in una padella. Sul coperchio della padella la mia coinquilina ci ha scongelato un pezzo di focaccia (abbiamo una cucina piccola, in quattro a pranzo capita anche di cucinare a castello).

Le patate mezze bollite le ho scolate e fatte a pezzi e assaggiate coi coinquilini altrettanto curiosi. Tutti convenivano che fossero dolci, effettivamente. Avevano un sapore strano, come qualcosa di dolce, dolciastro, forse anche zuccherato. Sono volati nomi di tuberi che non avevo mai sentito: la mia coinquilina healthy e vegetariana ne sa tanti. Fatto sta che ho buttato ste patate dolci americane mezze bollite nella padella coi funghi a finirle di cuocere nel soffritto. Poi ci ho dovuto mettere dell'acqua perché si stava bruciando tutto, soprattutto il prezzemolo, e assaggiando assaggiando, per vedere il grado di cottura, ho capito di cosa sanno le patate dolci americane: castagne.

Alla fine il pranzo non era per niente buono, troppo dolciastro, troppo viscido. Sarebbe stato perfetto con due salsicce di maiale, forse.

Una cosa è certa: le quattro patate dolci americane che mi restano voglio farle come si deve a qualunque costo. Mi abbasserò anche a cercare ricette su Google, se dovesse essere necessario. Ma se qualcuno qui in forno a sinistra ha qualche dritta sarei molto più contento.

19 settembre 2011

Dei colori in bocca


Io non ho mai capito perchè alla gente gli fanno schifo le barbabietole,
per me sono una delle cose più buone e belle dell'Universo.
Sia cotte che crude sanno di terra e minerali.
Io ieri l'ho tagliata a tocchi, e mescolata a mezzo spicchio di aglio affettato sottile sottile, un cucchiaio di tahin e uno di umoboshi, olio evo e pochissimo sale.

E poi forse non tutti sanno che dopo, volendo, si può piangere rosa.

4 settembre 2011

zuccona, zucca e zucchina

la quinta stagione, quel momento di passaggio dall'estate all'autunno, corrisponde al passaggio di testimone tra la zucchina e la zucca. la zucchina prevalentemente estiva, con i fiori solari, lascia il posto alla meditativa zucca. da uno degli orti della martesana pendono due zucche che attratte dalla forza di gravità hanno raggiunto l'acqua, e la corrente le sta allungando a dismisura. credo che il contadino non se ne sia accorto, sembrano due bisce bianche serpeggianti a pelo d'acqua.
poco più in là un altro contadino si è improvvisato ingegnere dilettante, e ha costruito un piccolo pontile, e al pontile ha attaccato il cestello di una lavatrice. al cestello ha attaccato otto lamiere, curvate a guisa di pale. ogni tanto toglie il freno e il cestello gira, spinto dalla corrente. è lento, rallentato dalle alghe e dal fatto che le lamiere delle pale sono traforate, chissà dove le ha trovate. non ho ancora capito se è un'opera di ingegneria estetica o se ha una funzione, per esempio di sollevare l'acqua per irrigare l'orto.
in ogni caso alla zuccona piacciono le zucche, e a me piacciono le zucchine. è in questa quinta stagione (e nella carenza di disponibilità di scelta del frigorifero) che decido di unirle in matrimonio anomalo alle trofie.
così taglio la zucca a dadini, la faccio saltare in olio insaporito con due spicchi d'aglio e un pomodoro secco tritato, aggiungo acqua e brodo vegetale per farle stufare, poi le schiaccio con una forchetta, per ridurle in una crema, ma non troppo liscia.
le zucchine vogliono un ultimo sussulto di dignità e per rimanere a pezzi le taglio a fette spesse. aggiungo kummel, che non ho ancora capito se è cumino o no, e maggiorana che con le verdure verdi cotte sta sempre bene.
non sarà un pesto, ma quando ci salto dentro le trofie al dente, mi sa di addio all'estate, e preparazione per i freddi a venire.

28 agosto 2011

tre minuti

fai due sedani a fette di tre millimetri, poi col pelapatate ci scagli sopra bottarga e parmigiano, spruzzo di pepe bianco e filo d'olio per completare. 

18 agosto 2011

La ricetta in cartolina

Al bar della Triennale il marito ha scovato una cartolina con su una ricetta di una frittata di zucchine. 
Tu ieri l'hai rifatta abbastanza simile, solo ci hai messo l'emmenthal al posto della mozzarella di bufala e non hai messo le carote. 
Però forse, come diceva la cartolina, servirla fredda o tiepida era meglio, specie perché ieri si moriva di caldo.

20 luglio 2011

bon con bon è tutto bon

lo diceva nonna libia, la nonna del golosastro. strano, lui ha una nonna libia, e io ho una nonna italia. questioni generazionali, credo.
così gli ho fregato una ricetta e l'ho cambiata appena, perché i calamaretti li avevo usati l'ultima volta, e non è che uno può ricevere lo stesso gruppo di amici e rifargli la stessa ricetta, no?
solo che con il pesce non avevo mai fatto il soffritto, mi ero sempre limitato a uno spicchio d'aglio per insaporire l'olio. invece questa volta c'era sì l'aglio, ma anche la cipolla tagliata a filetti, il sedano tagliato fine, e il battuto di prezzemolo. cipolla col pesce a me sa di strano, e invece sapeva di buono. ci ho messo anche un po' di pomodori secchi tagliati a dadini, che ormai li metto ovunque.
i filetti di triglia erano grandini, così li ho tagliati a strisce prima di metterli in padella, ubriacarli con un bicchiere di vermentino e lasciarli andare. quando avevano la faccia giusta ci ho messo i capperi (madonna quanto vanno sciacquati quelli sotto sale... è che a me la salamoia da anche più fastidio del sale) e i pomodorini freschi tagliati.
l'idea della strega di non rovinare il tutto con gli spaghetti non sarebbe stata male, ma gli ospiti avevano fame, così me la tengo per la prossima volta, per un tètatét con lei.

però ecco, i pomodorini non c'entravano proprio un cazzo.

19 luglio 2011

Le stagioni del cuore


Non è che stai proprio a mille.


Dicono che il cibo è informazione, non solo materia.


Vero.


Se sei incazzato infatti non dovresti cucinare per nessuno.


Che se no quella roba lì ce la metti dentro al piatto.


Beh certo, a meno che l'intenzione non sia avvelenare.


Io ho fatto di peggio.


Ho fatto i pizzoccheri.


Il 18 di luglio.

14 luglio 2011

i fiorentini


Io li faccio in forno, ti dice la mamma.
Ma mamma, qui ci son trentotto gradi, non son mica matta.

E così li fai in padella, col coperchio che ti cattura il vapore; non ci vuole neanche tanto, basta prepararli il giorno prima, quando li hai visti nella cassetta di plastica al super, proprio loro, bassetti e grinzosi, e ti è scattato il ricordo di cene in giardino dopo una giornata di mare, di palette e di secchielli.

Questi li faccio ripieni di riso, hai pensato.

Un battuto di aglio e basilico del balcone, la polpa frullata e il riso a mollo dentro per una giornata.
Appena un filo d'olio per cuocere, che tanto buttano acqua loro.

E quando alzi il coperchio senti proprio quell'odore lì, di quando la nonna portava in tavola la padella e te avevi ancora la sabbia tra le dita dei piedi.

Stasera hai ritrovato gli otto anni dentro un pomodoro.
Mancano solo il secchiello e la paletta.

4 luglio 2011

madeleine

Schiacciare tra pollice e indice la salsiccia fresca e scorrere lungo il budello per liberarla e spalmarla sul pane.
Ho sei anni, adesso.

29 giugno 2011

Pan tomate

il pulpo alla gallega non conta, dai, che lo conoscono tutti emagari lo chiamano polpo condito e basta.

Invece, sta cosa che alle sette del mattino, dopo che hai camminato un'ora sul cammino di santiago, ti fermi al bar tistorante tabaccheria dituttoupo' e chiedi un caffelatte e un pane e pomodoro col pane  tostato col pomodoro fresco frullato che prima ci metti l'olio sul pane poi ci metti a cucchiaini il pomodoro poi il sale poi lo mangi, be', e' una bella cosa.

Cucina distratta

La cucina distratta si divide in due grandi filoni:
vado a far la spesa e dimentico di comprare giusto quel paio di ingredienti fondamentali per la ricetta che ho in mente;
ricordo di comperarli ma al momento di metterli sul fornello mi urge fare un qualcosa che li ridurrà in fumo [fuor di metafora].
Dunque ho i polipetti piccoli ma non ho i pomodori.
Però ho un peperone giallo da arrostire ed una cipolla rossa da affettare finefine. E lesso gli animaletti. E alla fine metto l'allegra compagnia in un'insalatiera con olio, limone e pepe.
Finisco quel che stavo facendo quando ancora i pomodori ce li avevo e mangio tiepido.

22 giugno 2011

matrimonio per inerzia

è la terra che lo dice: è periodo di zucchine.
e di fiori di zucchina.
anche se tutti li chiamano fiori di zucca e non ho mai capito perchè.
comunque.
faccio andare un po' delle rondelle di zucchine, ma anche di altra forma (tanto alla fine non ne resterà memoria), con la cipolla.
dopo un po' metto tutto da parte e passo alla tostatura un tot di riso arborio.
il tot è facile da ottenere: si tosta tutto il riso che la superficie della padella consente.
tosto e sfumo, con brodo vegetale o vino bianco. o birra. fate voi insomma.
unisco le zucchine e vado di brodo.
dopo un po' unisco i fiori di zucchina, tagliuzzati un po', per agevolare il matrimonio di sapori e la successiva consumazione.
giro, brodo, giro, brodo.
sospetto che sia tutto un po' troppo dolce: idea miscela di spezie provenienti dall'india, denominabili masala, erroneamente conosciuta come curry *.
anche il colore va bene: quell'arancione che a milano pedala in allegria da un po' di tempo.
giro, brodo, giro, brodo.
mi cade l'occhio in basso, a sinistra, dove tengo spezie, semi ecc ecc.
semi di finocchietto, fatti da mamma. perchè no?
butto dentro una manciata, anche due.
giro, brodo, giro, brodo.
bisogna sempre ricordarsi di smettere un po' prima che il risotto va avanti da solo, per inerzia.
mantecatura classica: burro e parmigiano.
e non siamo più vegani. mannaggia.
tutta colpa dell'inerzia.
buonissima l'inerzia: calda e cremosa. vagamente piccante anche.

* = vedere commenti per maggiori informazioni

18 giugno 2011

Punto di vista

La bellezza è negli occhi di chi guarda e con un paio di lenti arancioni appoggiate sopra il naso, anche la pastina (piatto numero 2 della classifica "senza di te morirei") diventa rivoluzionaria!

15 giugno 2011

quorum

57% succo d'arancia rossa
13% succo di pompelmo
30% rum bianco

non metto la fettina d'arancia perchè poi non ve la mangiate mai e devo farmi io il giro dei bicchieri altrimenti è uno spreco enorme.
(e non dite tutti che non è vero adesso che è statisticamente impossibile!)

10 giugno 2011

il ritorno arancione

mi sono reso conto oggi che il mio albicocco non faceva albicocche dal 2006. cioé da quando letizia brichetto arnaboldi in moratti è stata eletta sindaco di milano.
ebbene, oggi ho raccolto cinque chili di albicocche.

arancioni.

p.s. la ricetta della marmellata di albicocche è da qualche parte nel blog. la riassumo qui:
albicocche.

6 giugno 2011

Garibaldi

Succo d'arancia per 600 e campari per 400. Mescolare direttamente in mille bicchieri.
Bere al grido di Fratelli d'Italia Milano s'è desta, nel resto dell'urne continui la festa.

4 giugno 2011

orange velvet

Il mio contributo per l'iniziativa di miaperfidia:

Nella pentola a pressione
la cipolla fai ammosciare
come morattiana chioma
alla fin dell'elezione.

Fai a pezzi quell'ortaggio
che a sinistra mai non hanno:
è la zucca, che gli manca
anche dopo il ballottaggio.

Metti pure una patata,
d'acqua un paio di bicchieri,
il cumino e un po' d'alloro
ed accogli i forestieri.

Chiudi bene e aspetta il fischio
a Giuliano offri da bere
poi trasformi tutto in crema
e la servi al Cavaliere.



1 giugno 2011

Rubrica arancione

Propongo l'iniziativa cucina anche tu qualcosa con l'arancione.

Io propongo il Dhaal, che è un piatto indiano che io inserisco tra i cinque piatti di cui potrei vivere per il resto dei miei giorni. E' fatto con le lenticchie rosse, che si chiamano rosse ma sono decisamente arancioni. E comunque a me questo connubio rosso arancione mi piace assai. Dunque fai il riso basmati come si fa il riso basmati: tazza di riso molto ben lavato con doppio di acqua salata a bollore, una bacca di cardamomo o un pezzettino di anice stellata, lascia cuocere senza toccare il riso fino a completo assorbimento dell'acqua e solo allora smuovi piano con amore e senza romperli i chicchi con una forchetta, copri e lascia lì. Lava le lenticchie, mettile dentro la pentola nella proporzione: una tazza di legumi - quattro tazze d'acqua. Quando inizia a sobbollire, aggiungi mezza cipolla ed uno spicchio d'aglio tritati oltre a un cucchiaio di curcuma la quale, arancione pure lei, arancionizza di parecchio il tutto. E fai andare, godendoti il momento che stai vivendo e che hai aspettato tanto. Alla fine, quando le lenticchie son disfatte, metti su un pentolino con un cucchiaio da minestra di ghee e fallo friggere un poco, aggiungi l'altra mezza cipolla tritata, un pò di semi di cumino e una spolverata di assafetida e fai appassire il tutto, quasi bruciacchiare. Versa l'intingolo sopra a il Dhaal spento e copri senza mischiare. Lascia riposare un pochetto, il tempo di godere ancora un pò delle soddisfazioni della vita e poi componi delle ciotoline con un bel pò di basmati sotto e grandi cucchiaiate d'arancione sopra. In India è risaputo che, negli antichissimi Veda, è riportato il famoso Sùkta che recita:



Un pò d'arancione al giorno
leva parecchia merda di torno.

27 maggio 2011

Fa chic e non impegna

Stratini di fragole tagliate a pezzetti e di cremina fatta mescolando yogurt alla vaniglia, poca panna e poco zucchero. Alternate gli stratini di fragole a quelli di cremina dentro bicchieri di vetro, in modo che le fragole si vedano da fuori. Si fa in pochissimi minuti e zittisce i sensi di colpa degli ospiti a dieta che tanto ci capitano sempre.
Io per esempio sono spesso l'ospite a dieta di me stessa.

26 maggio 2011

Un dolce strano di cui magari scrivo ora

E poi per il compleanno del mio coinquilino un paio di amiche hanno portato un dolce.

La ricetta non dev'essere molto originale, l'avevo già mangiato altre volte. La cosa particolare, però, è che lo hanno portato in bici, quindi è arrivato a destinazione tutto spappolato. Questo gli ha dato un tocco di originalità e la confusione degli ingredienti nel piatto mi ha stimolato a cercare di capire cosa fossero.

Mi sembrava di mangiare dei biscotti sbriciolati nello yogurt alla fragola, quindi mi sono informato ed erano effettivamente biscotti sbriciolati. La fragola c'era anche; lo yogurt non so, ma non è questo il punto. Era buono ed è piaciuto molto anche ai cani che girano tra i ragazzi seduti a terra in piazza San Francesco, ma non è neanche questo il punto.

Il punto è che mi sono sempre chiesto come si fa a ricavare la pasta per i dolci dai biscotti sbriciolati. Chissà.

Cinnamon

Ieri era il compleanno del mio coinquilino e ‒ sempre ieri ‒ ancora coltivavo la pia illusione di poter scrivere 40 mila battute per un esame in meno di 48 ore, così ho lasciato la cucina nelle sue mani.

Il festeggiato ha preparato un piatto indiano di cui si favoleggiava da un mesetto (lui ama programmare: già un mese fa aveva deciso che ieri avremmo mangiato il piatto indiano che aveva imparato a cucinare). Lo abbiamo consumato, insieme ad altri amici, seduti a terra in piazza San Francesco, come si usa fare tra i giovani qui a Bologna, con molta birra e molto vino e un dolce strano di cui magari scriverò un'altra volta. Dunque questa non è una vera e propria ricetta, ma la ricetta a cui sono riuscito a risalire osservando e gustando (a proposito, era buono, bravo coinquilino!).

Da quello che ho capito la ricetta per otto persone è più o meno così: si fa bollire mezzo chilo di riso basmati in una pentola, mentre in una padella imburrata si fanno saltare un altro mezzo chilo di petto di pollo a pezzi, carote tagliate a filetti in abbondanza, e credo nient'altro. Da qualche altra parte (un'altra padella, immagino) intanto bisogna far tostare le mandorle spellate. Poi si mette tutto in una scodella gigante, si mescola per bene e si lascia raffreddare in frigo. Non fate come il mio coinquilino, che ha preparato tutto mezz'ora prima di uscire, e poi ha dovuto portarsi in giro la scodella rovente con quel caldo che faceva.

Ah, ecco, in padella c'era dell'altro. Incuriosito dal piatto indiano, ho chiesto se ci fosse anche qualche spezia particolare ‒ curry, coriandolo... Candidamente (e con l'accento napoletano) il coinquilino mi ha risposto: «Sì, certo! Ci ho messo la cannella! Ma poca, neanche si sente!»

Sconquifferami


Il biscotto pantone, il metro che si mangia, il subbuteo formato gnam.
E lo sguardo di quei sacchettini.
Daiiiiiiiiiiii. Smettila.

Cioè, ma quanta bellezza, per provarle sabato fatevi un giro qui.
 

6 maggio 2011

sulla ringhiera

ho piantato un pomodoro, sta per fiorire.
e ho messo un basilichino.
manca solo la pianta di spaghetti e ho tutto.

28 aprile 2011

Focaccia

A pasqua ho imparato a fare la focaccia ‒ quella pugliese, ma quella vera. La tecnica è stata tramandata di madre in figlio, e temo di non poterla rivelare a nessuno, eccetto la mia prole. Il risultato, in ogni caso, è stato a dir poco eccellente.

26 aprile 2011

nessuno mi ama tranne me

Questo è il mese dell'ovaia del mal di testa e della calimerite, ma per fortuna c'è aulin che poi è l'unico che un po' mi vuol bene e poi ci sono io che per fortuna non mi posso lasciare sennò sarei sola con la bustina di nimesulide e invece mi tocca prendermi cura di me e allora mi compro le mammole che hanno un nome che un poco consola e qua e là tra le foglie ci metto una pappetta di aglio e menta tritati, mischiati a pangrattato e olio e poi li metto a capasotto in una casseruola con dell'acqua che li copre per metà e mentre mi compiango una mezz'ora loro cuociono coperti e nessuno mi vuol bene tranne me che per fortuna ci sono e mi coccolo di mammole.

risi e curry

essere fidanzati con una macrobiotica ha implicazioni profonde. per quanto la macrobiotica in questione possa essere conciliante e comprensiva, inevitabilmente si dovrà prendere confidenza con termini quali gomasio, acidulato, e altri talmente strani che non sono ancora in grado di ricordarli. per il mio limitato pensiero, la macrobiotica è una disciplina alimentare basata sulla privazione e sul ricorso ai surrogati.

per esempio: firmerei volentieri una legge che vietasse l'accostamento della parola latte alla parola soia. non mi risulta che la soia sia mammifera, non ha mammelle, non può essere munta, quindi non può produrre latte. il latte di soia non esiste. se non vuoi bere latte, non berlo. sostituirlo con un surrogato, per me, non vale.

quindi: vada per il risotto fatto con il dado vegetale. è comunque brodo, e certamente più sano di quello di glutammato (non mi sono mai illuso che contenesse carne). vada per la soppressione della mantecatura (eresia, lo so). ma allora mi rifiuto di chiamarlo risotto, sarà una minestra a base di riso.
che poi non è un'invenzione: anche risi e bisi, cavallo di battaglia della cucina veneta, tecnicamente non è un risotto, ma una minestra.
e allora facciamola sana fino in fondo: stufiamo la cipolla invece che soffriggerla; accompagnamola con metà delle zucchine tagliate a tocchetti, in modo che si cuociano per bene; saltiamo e tostiamo il riso come sempre (in mancanza di vino bianco, l'idea di usare il brandy non è risultata affatto peregrina); copriamo di brodo mescolando il minimo indispensabile e a metà cottura aggiungiamo le zucchine rimanenti, una cucchiaiata di curry, e una manciata di semi di kümmel, e brodo secondo necessità.

resto dell'idea che la macrobiotica sia solo un nome più modaiolo del mangiare sano. e lo dimostrerò.

21 aprile 2011

in forno d'estate

È stranissimo, ammetto, però basta che arrivino i primi caldi torridi e a me vengono in mente solo cibi da cuocere al forno. D'inverno no, quasi mai, ma l'estate.. ùh, l'estate..

Dunque, con un abile giuoco di parole, eccomi qui a proporre una nuova data di una nuova cena: il 18/6 che è il sabato più vicino all'estate che ci sia.
A casuccia ci si sta in dieci, se olt è libero possiamo sforare e spostarci da lui (io sono una creaturina discreta e che fa un sacco di complimenti e soprattutto non si approfitta degli spazi altrui), altrimenti stavolta il numero è chiuso.

[oddio, si potrebbe cucinare da me e cenare al parchetto davanti a casa, che è una cosa che mi divertirebbe assai,. ma..]

Vabbè, c'è un sacco di tempo, però cominciate a dire sì e segnarvelo in agenda.

13 aprile 2011

Nuove professioni

Mi offro come badante di lieviti madre.
Posso ospitarne fino a una decina, ambiente accogliente, tariffe più che ragionevoli.
Ovviamente agosto incluso.

31 marzo 2011

Scarpette all'arrabbiata

Anche ai migliori cuochi può capitare di dimenticare un ingrediente e ricordarsene quando è troppo tardi, ma se sono bravi riescono a cavarsela lo stesso.

Ecco, io non sono un grande cuoco, ma credo che nessuno potrà biasimarmi se ho fatto un piatto di pennette all'arrabbiata ma ho dimenticato le pennette. Può capitare, no?

Comunque il sugo era buono anche col pane.

30 marzo 2011

Parma e dintorni

Ho letto sotto che la parmigiana di melanzane è campana.
Io l'avrei fatta siciliana ma poco importa, tanto la mozzarella non ce l'avevo ma la toma sì e avevo pure qualche fetta di bresaola e allora alla fine l'ho fatta lombarda.
E bevo lambrusco, almeno Parma resiste.

26 marzo 2011

pasta all'amatriciana

ci ho provato ed è venuta una schifezza, guanciale troppo poco cotto e acido delle bucce dei pomodori, ho buttato tutto, domani ci riprovo...

24 marzo 2011

buon appetito (italia)

post tipo l'ultimo che ho scritto da me ma culinario.
aiutatemi eh. io scrivo le prime cose che mi vengono in mente.
e non siate troppo severi.

val d'aosta: fonduta, zuppa valpellinese, valdostane
piemonte: brasati, risotto al barolo, ravioli al plin, bagna caoda/cauda
liguria: trenette/trofie al pesto, fagiolini e patate, pansotti al sugo di noci, pasqualina, focaccia
lombardia: cotolèètta, risotto alla milanese (con ossobuco), cassoela, raspadüra, pizzoccheri, sbrisolona, tortelli mantovani
veneto: polenta e baccalà, fegato alla veneziana, carpaccio, tiramisù
trentino alto-adige: canederli, schüttelbrot, spätzle, strudel di mele
friuli venezia giulia: frico con patate, cjarsons, musetto con la brovada
emilia romagna: tortellini (tutta la pasta ripiena della regione), gnocco fritto, tigelle, piadina, lasagne, zuppa inglese
toscana: bistecca alla fiorentina, ribolitta, crostini di fegatini, cantucci, pappa col pomodoro, caciucco
marche: olive ascolaneeeeeeee, gran fritto marchigiano, crescia, vincisgrassi, minestra di pasqua, imbrecciata
umbria: spaghetti alla chitarra, anatra muta in porchetta, pasta alla norcina, baggiana di gubbio
lazio: cacio e pepe, amatriciana, coratella, carciofo alla romana, coda alla vaccinara, porchetta, abbacchio, saltimbocca
campania: pizza, sfogliatelle, pastiera, danubio, pasta fagioli e cozze, parmigiana di melanzane, i friariellii
abruzzo: arrosticini, brodetto di pesce, la chitarra, uova in purgatorio, pecora alla callara
molise: cardi ripieni
puglia: orecchiette con le cime di rapa, burrata, pittule, riso patate e cozze
basilicata: imbrogliata lucana, zuppa cicorie e fave
calabria: 'nduja, soppressata, patate e pipi frihiuti, morzeddu, vrasciole
sicilia: granite, arancini/e, cannoli, caponata, panelle, pani ca meusa, cassata
sardegna: porceddu, seadas, impanadas

poi magari alla fine decidiamo quali sono i 20 piatti più!

22 marzo 2011

Ecologia delle Rel-Azioni

Capperi che olive!

Mio papà


Sono anni che lavoro su questo, in lungo ed in largo, c'ho scritto anche una tesi, potrei tenere delle conferenze sull'argomento.
Non esiste davvero una risposta, come dice il Buddha ne esistono almeno settemila per ciscuna domanda, ma alle volte pare una forza occulta ad impedire l'evoluzione del proprio copione, riportandoci indietro in un istante, tutti quanti, alla matrice originaria, rendendola l'unica possibilità di essere, un faticoso tentativo di comunicazione tra l'adulto che siamo ed il bambino interiore che ci portiamo dentro, inconsapevoli per lo più del terreno dove ci stiamo muovendo, se non a sprazzi, un' ostinata lotta dentro dinamiche inafferrabili, senza esclusione di colpi verso noi stessi e gli altri. Automatismi che ci costringono ad un inutile fardello di sofferenza, spazzando via ferocemente il qui e ora come unico momento reale per viverne uno che non esiste più, che non rappresenta nemmeno più un centesimo della minaccia che rappresentava allora, quando lo abbiamo messo in atto come unica possibile strategia.
E pensare che oggi potremmo essere felici molto più di quanto non ci concediamo di essere.
Allora io per tutto questo e per molto altro ancora, mi domando: se mi fanno schifo da sempre, perchè continuo a sentirmi costretta a mettere le carote nella peperonata e non posso liberare la mia ricetta una volta per tutte da quelle insopportabili robine dolciastre a pezzettini arancioni del tutto fuori luogo?

21 marzo 2011

la paura si fa cioccolato

Due etti e mezzo di burro, di cioccolato, di zucchero, più sei uova. Che paura.
Eppure alla fine lo fai lo stesso il fondant al cioccolato. E gli ospiti se ne sbaffano due fette a testa, sia lodata l'anima loro (ma soprattutto lo stomaco).

18 marzo 2011

Una cosa buona

Se fai un piatto di spaghetti aglio olio e peperoncino, però al posto degli spaghetti cali dei maccheroni; e dopo, quando li scoli, se, prima di metterli nella padella con aglio olio e peperoncino, nella padella con aglio olio e peperoncino ci metti due o tre cucchiai di pan grattato; e se poi salti i maccheroni dentro quella cosa che si è creata e ce li fai rotolare affinché la cosa si attacchi per bene su tutti i maccheroni, viene fuori un piatto buonissimo.

Aggiornamento dopo aver provato con le acciughe:

I fusilli sono meglio dei maccheroni, perché la cosa si avvinghia nelle spire della pasta, e le acciughe che Strega consigliava sono un ingrediente che non deve mancare in questo piatto. Oggi credo di aver sfiorato la perfezione. Era davvero un piatto buonissimo.

15 marzo 2011

in verde stat virtus

Voi ce l'avete idea di quanto son belli i broccoli cotti a vapore in pentola a pressione per quei sette minuti che vi servono a struccarvi e pigiamarvi? Li avete visti come vengon fuori, con quei minuscoli bocci di fiorellini perfetti, quasi più verdi che da crudi?
Io stasera me ne son mangiata una piattata, conditi con limone e sale affumicato e niente olio, così mi son sentita molto virtuosa.
Soprattutto perché a pranzo mi ero scofanata sei coccoli con lo stracchino.

11 marzo 2011

campari

allora...mi è venuto in mente di cucinare usando i gamberi e il campari, ma a parte questo non so altro...come si potrebbero mettere insieme...forse un risotto, con varie possibilità di denominarlo, risotto di gamberi al campari, risotto redpassion, risotto di gamberi e campari, insomma uno di questi, o ...a piacere, ma come farlo sto risotto, non ne ho idea, cosa mettere prima e cosa dopo, i tempi, gli altri ingredienti, l'altezza del fuoco, che tipo di cipolla usare...

se hai qualche idea scrivila qui sotto.

10 marzo 2011

malatissima, anzi no

Sto malissimo.
Non è vero.
Sto malino e sono noiosissima.
E sto guardando un film noiosissimo. E mi sono preparata un passato di verdura schifosissimo. E a me di solito viene buono ma sono malata e allora devo stare ancora più male e mangiare una minestra cattiva, così posso stare peggio e diventare ancora più noiosa.
Malissimo.
Malissimo.

9 marzo 2011

l'uomo del futuro


il bello della mensa aziendale è che chi ti serve da mangiare non si offende se gli dici che quello che ti offre non ti piace. l'altra settimana la signora anzianotta, quella con cui avevo scazzato il primo giorno di apertura della mensa, ha riso quando le ho detto che non volevo il formaggio sulla pasta perché quello è tutto meno che formaggio, e men che meno parmigiano.
(avevo scazzato perché le avevo chiesto cosa c'era nella minestra, e lei mi aveva detto che potevo andare a leggere il menù all'ingresso. le risposi sorridendo e con voce lasciva che volevo sentirmelo dire da lei).
così ho preso l'abitudine di chiedere l'arrosto di minollo, o di sarchiapone. il bello è che mi servono senza battere ciglio, come se avessi detto una cosa impossibile tipo rollé di vitello, arista al forno, o arrosto di maiale.
oggi ho preso l'arrosto di gangarone con i manzanilli in agrodolce. era pure buono.

per prepararlo si prende un pezzo qualunque di gangarone, avendo cura che sia di quelli con la coda a punto interrogativo; lo si fa rosolare da tutti e tre i lati in olio e naftalina finché non smette di agitarsi; si aggiungono un po' di erbe del vicino e si copre con un cappellino a fiori. ogni tanto si gira con il pomolo del letto.
a parte si mondano i manzanilli (operazione particolarmente difficile essendo loro invisibili), li si dispone in una casseruola di misura giusta; li si copre di petrolio a filo, e si accende a fuoco vivo, ma moribondo. a qualcuno piace aggiungere dei bottoni di divisa da poliziotto, ma io preferisco una semplice grattata di naftalina: aiuterà poi a legare i sapori una volta serviti nello stesso piatto. ovviamente il fuoco deve morire prima che il petrolio diventi catrame, e non lo si possa più separare dalla casseruola, rendendola inservibile.

è consigliabile lasciar riposare per cinquecento anni prima di servire.

7 marzo 2011

PRIMA-VERA

La mia colazione preferita a 8 anni era il pecorino con le fave.
Ora anche.

24milla baccelli

che strano: non ho mangiato cellentani per 34 anni circa e ora mi ritrovo a mangiarli due volte in poco tempo.
vado a cena da una mia amica che mi preannuncia di voler provare una ricetta con le fave, crema di fave per l'esattezza.
ci ritroviamo a bollire un certo numero di fave per poi frullarle con un po' d'acqua di cottura, pistacchi, grana padano, olio d'oliva e menta.
nel frattempo i cellentani se la cantavano e ballavano nell'acqua bollente.
alla fine basta unire tutto aggiungengo un altro filo d'olio, dei pistacchi sminuzzati e pepe.
volendo una fogliolina di menta a decoro.
tipo che si può mangiare anche d'estate come piatto freddo ma ieri sera faceva freddo e quindi.

24mila baci

5 marzo 2011

rotazioni

sai tipo quando dovevi andare da qualche parte e poi non ci vai per un imprevisto, ti restano due cose, il rammarico e un casino di tempo vuoto. e vanno riempiti entrambi, il rammarico con soddisfazione, e il tempo con cose da fare.
è a questo che penso quando la collega bionda mi dice...qui a roma si trova dell'ottimo baccalà...il collegamento è immediato, prendine un po' per me, che so come farlo.
cipolla bianca, latte, farina, prezzemolo, parmigiano, olio...e tempo, tanto, cinque ore alla fine.
soffriggo cipolla tanta quanto la metà del pesce, alla fine, prima che bruci aggiungo prezzemolo fresco tritato fuori dal fuoco. intingo i pezzi di baccala nel soffritto e così li infarino, metto un po' del soffritto in un coccio e poi i pezzetti bianchi di farina, e poi ancora il soffritto, e poi latte fino a coprire, e olio insieme, e parmigiano, qui comincia tutto.
da adesso quattro ore con un unico obiettivo: non attaccare. peggio, non attaccare senza usare il mestolo, solo muovendo il coccio in modo circolare, ogni tanto, fuoco il meno che hai, passeranno le ore, e le rotazioni della pentola, alla fine il rammarico e il tempo saranno spariti, assorbiti dal tutto. 

2 marzo 2011

anima cruda

c'è chi mangia il pesce crudo, e per fare il figho lo chiama susci.
ieri sera ho mangiato la carne cruda, che però aveva dentro uovo cipolla capperi senape e si chiamava tartar
stasera per chiudere in bellezza mi sono fatto una confezione di tortellini. crudi. come un piatto dell'anima.
ci dev'essere un indefinito desiderio di incompletezza nel mangiare la roba cruda.

1 marzo 2011

prisencollinensinainciusoll

ecco, tutto per dire che alla fine non lo sapevo, erano li che avanzavano, non li ho scelti mica, ma i cellentani non sono mica un brutto formato di pasta.
scelti all'ultimo per opportunità (due primi di spaghetti mi sembravano ridondanti) si sono rivelati molto azzeccati.
per cosa?
mah, in genere penso per quasi tutto, comunque nello specifico abbiamo fatto questa cosa qui:
soffritto un po' d'aglio, peperoncino, alici e olive nere triturate in olio d'oliva dop® (di origine papoff®).
aggiunto le cime di rapa dopp® (di origine papà papoff®) che erano state sbollentate poco prima.
tutti insieme hanno cominciato a chiaccherare attendendo l'arrivo dei cellentani al dente che stavano cuocendo nell'acqua delle cime.
all'arrivo dei cellentani è partito spontaneo una specie di inizio di coro rap incomprensibile ma bello.
cime di rap insomma. [prisencolinensinainciusol]
inpiatto la canzone aggiungendo pinoli (che dovevo tostare ma non ho fatto) e olio dop®.
ci sarebbe stato bene del pecorino grosso sopra ma.

ps: qualcuno potrebbe chiedersi perchè non ho usato le orecchiette. perchè no. perchè non è che.

27 febbraio 2011

La siliconata

- Te lo dico per l'ultima volta, devi smetterla di andare all'ipercoop quando ci sono gli sconti sugli stampi di silicone, che questo pensile sta traboccando!

- Ma dai, non prendono tanto posto! Lo vedi, si ripiegano uno dentro l'altro. E poi quello da plum cake mi serviva proprio.

- Infatti... sbaglio o ne avevi già uno?

- Ma questo è di misura totalmente diversa!

- Seee... due centimetri di meno in lunghezza e mezzo in larghezza, capirai...

- E poi questo ha il fondo liscio, non scanalato come quello che avevo già, così lo posso usare anche per una bavarese o qualcos'altro da rovesciare.

- E quell'altro che hai comprato, quello a ciambella pieno di nervature che pare un turbante, dimmi che ti serviva anche quello!

- Ma di silicone a ciambella non ne avevo mica! E poi è così bello, guardalo! Non è bellissimo? Pensa che meraviglia uno sformato di carciofi fatto qui dentro, magari con la besciamella dentro al buco...

- Mmmm...

- Vero? Ehi, ma che fai? Ma stai masticando!

- Mmmm, buono questo ciambellone, come hai detto che si chiama?

- Kugelhupf. Hai visto che bello? L'ho fatto con quello stampo lì, quello a ciambella. E te che non volevi farmelo comprare!

- E meno male che ti ho fermata, t'ho vista sai che avevi già puntato quello multiplo da muffin, che già abbiamo quelli singoli. Senti, e quella treccia brioche che hai fatto ieri nello stampo da plum cake?

- Se l'è finita la creatura.

- Peccato. Quando la rifai?


Salve a tutti, sono Perladarsella. La mia droga sono i lievitati, l'oscuro oggetto del desiderio la planetaria.
Ah, sono entrambi i personaggi del dialogo. 

cernissima (non è una ricetta, son due)

non si possono correre rischi a una prima cena. non si prova un piatto per la prima volta se c'è gente (e che gente) che cena a casa tua per la prima volta. che poi se all'emozione per l'evento unisci l'ansia da prestazione culinaria... no no, meglio andare sul sicuro.
allora provo ad andare al banco del pesce del mercato sotto casa, che mi ha sempre ispirato bene, ma non mi sono mai alzato abbastanza presto o con abbastanza voglia per scendere prima che il pesce migliore venisse pescato dalle massaie della zona. e scopro che ne vale la pena. scopro anche che le razze si mangiano, e mi dispiace per loro vederle così spiattellate come patatine in attesa di essere fritte. in compenso i branzini sono dei signori le orate delle principesse. il pesce fresco è maestoso. i pescivendoli chiamano cara tutte le massaie, soprattutto le più cesse, che gongolano. tra tutta quella meraviglia da pranzo di gala c'è una cassetta che sembra di scarti: i ciuffi di calamaro. del calamaro quello che conta è il corpo coniforme. tagliato ad anelli e messo nel fritto solo perché così si torna bambini e ci si infila la lingua. i ciuffi sarebbero scarti, ma qualcosa ancora valgono e allora ecco quella cassetta di bontà a prezzo dimezzato rispetto al resto del corpo.
la regola è: se ti conosco salti la fila. non avendo voglia di travestirmi da massaia milanese settantenne, mi piazzo davanti alla cassetta di scarti con aria baldanzosa, e saluto lo sconosciuto pescivendolo con un garrulo ciao! lui non batte ciglio, ma tiene a mente che tocca a me. la massaia vede che prendo quella roba strana e mi chiede ma sono teneri? mi vien da dire che cazzo ne so li devo ancora mangiare, ma le sorrido e le dico tenerisssimi, signora. con tre esse.

lo scarto di calamaro finisce in olio caldo e aglio bio, padella coperta e fuoco medio, a lasciar uscire tutta la loro acqua e poi riassorbirsela finché non resta una sugagna che chiama spaghetto. alla chitarra, toh. un attimo prima di scolare butto in padella una manciata di pomodorini tagliati in quattro, salto con prezzemolo, e via. talmente facile e d'effetto che se vuoi fare finta di saper cucinare, ti viene benissimo. bella figura assicurata.

ah, invece volevo dire quest'altra cosa, a proposito del mojito qui sotto. che guido ieri ha fatto questa cosa con la cernia marinata nel lime e aggiunta di cipolle. buonissima. spettacolare. da urlo. ma insomma tonno mojito e cernia lime dovrebbero conoscersi. secondo me la cernia con lime e rhum si può anche provare. cernissima.

Tonno-Mojito

Dopo la piscina tutto mi pare più buono, anche il Tonno-Mojito che mi sono cucinato oggi.
Ci sono, quindi, due possibili interpretazioni: per apprezzare questo piatto occorre prima farsi una bella nuotata, oppure, il piatto è gustoso in sè e le abluzioni sono superflue. Fate voi.

Soffriggere aglio, olio, acciuga e capperi.
Aggiungere quindi un cucchiaio abbondante di concentrato di pomodoro, precedentemente stemperato in mezza tazzina d'acqua calda.
Inserire quindi dei pezzetti di tonno fresco. E fin qui, è solo tonno.
Poi arriva il Mojito: trascorsi pochi minuti ho provato a sfumare il tutto con un cucchiaio di rum scuro (anche se nel mojito non va il rum scuro, però, vabbhè). Per coerenza, ho quindi aggiunto qualche foglia di menta e ho salato. Altri pochi minuti di cottura. Salato e mangiato.

23 febbraio 2011

questioni di patata

mi devo ricredere. non starò a dire i motivi per cui ho sempre preferito le amicizie femminili. anzi no: i motivi per cui ho sempre avuto amiche donne, mai uomini. eppure sto scoprendo il piacere di un'amicizia rilassata, senza confronti, senza fare a gara a chi ce l'ha più duro. finalmente anche con un altro con cui confrontarmi, ora che abbiamo abbastanza esperienze da poterci confrontare. anche per questo basta qualcosa di semplice un dire passa di qui, porta pure i cani. è l'occasione giusta per provare a rifare quel piatto del friulano, il mio nuovo ristorante preferito di milano, in cui non vedo l'ora di tornare.
non importa quanto sia semplice un piatto, provare a rifarlo dopo averlo mangiato una volta e senza avere la ricetta pone degli interrogativi esistenziali. di sicuro c'erano le patate, l'uovo, la cipolla e il formaggio. facile, direte voi. in che ordine, in che quantità, con quali trattamenti? dico io.
allora provo. intanto aggiungo lo speck a dadini, che di sicuro al ristorante non c'era. lo metto in padella a saltellare, poi aggiungo la cipolla tagliata fine, ma lo speck non è pancetta: è troppo magro. i friulani sono più da burro che da olio, ma io son ligure e dico olio. poco, giusto per soffriggere. già il profumo mi dice che la strada è giusta. quando la cipolla è dorata aggiungo la patata, tagliata a fette finissime, e un po' di foglie di rosmarino (nemmeno questo c'era nell'originale, forse in friuli non si usa). mischio in modo che le patate si ungano per non attaccarsi, copro e lascio andare. quando sanno di cotto spengo. niente sale, c'è già lo speck.
dopo il primo (risotto zafferano e funghi, per la cronaca), le patate son fredde. in un piatto mischio un uovo e il formaggio, tipo latteria, bitto, insomma uno di quelli lì di montagna, ci verso le patate fredde, mischio tutto e rimetto in padella. doratura di qua, doratura di là, ed è pronto.
le fettine di speck lasciate scaldare in padella finché non diventano croccanti, sopra, ci stanno proprio bene.
rustico come un'amicizia tra uomini pelosi.

22 febbraio 2011

Fastrice (il risotto della corsa)

Warning! Contenuti pericolosamente destabilizzanti

19.30

"papà ho fame, PAPA' ABBIAMO FAME!!"
decibel oltre gli ottanta, soglia del dolore.
"fai il risotto, failrisottoRISOTTO!!"

Ingredienti:

Mezzo chilo di Scotti bio, il resto a caso.

Buttare nella PENTOLA A PRESSIONE vari dadini di cipolla SURGELATA, evo a piacere.
Nel frattempo sciogliere fino a ebollizione in un pentolino un DADO e mezzo VEGETALE.
Tostare il riso, sfumare con varie sbroffate di TAVERNELLO BIANCO da bricco di cartone, aggiungere il brodo coprendo almeno di un dito il riso, aggiungere altro mezzo dado e mescolare con vigore.
Niente sale.
Chiudere la bomba in pectore, alzare la fiamma.
Al partire del fischio PIENO contare otto minuti secchi e aprire.
Zafferano, noce di burro, parmigiano, mantecate.
Viene all'onda, giuro e neanche male.

"papà che buonoILTUORISOTTO!!"
"ce la fate a star zitti almeno mentre mangiate?"

21 febbraio 2011

con tutto il cuore

Lo so che hai pensato di trovare la ricetta del muscolo, lo so.
Invece parlo di quello che a volte si chiama anima, non animella!, quello dove c'è il buono, no, non la bottiglia del campari!, fff, insomma!, parlo di amore.
Quello che passa dalle mani al piatto quando cucini per qualcuno.
Ecco, io volevo avvisarti che quel cuore lì si sente ancora anche nelle cose scongelate, non so se in tutte, ma nel babbà rustico sì. E anche nel fegato alla veneziana. Per non parlare di pancetta e carciofi, che scoppian di cuore.

(sì, ho un'amica che temeva morissi di fame se non mi lasciava quelle sette-ottocento cose cucinate)

17 febbraio 2011

Cucina all'italiana


Se vi aspettate un piatto di spaghetti al pomodoro siete fuori strada. Lo stereotipo va bene per i turisti, ma noi ci possiamo anche aggiornare, no? Quell'Italia lì esiste solo nei film: io cuochi con i baffi non ne ho mai conosciuti, e la pasta la mangio un paio di volte alla settimana, se va bene.


Oggi ho pranzato tardi ‒ o dovrei dire in ritardo? ‒ dopo aver fatto talmente tardi per un appuntamento con un amico, da aver annullato l'appuntamento ben oltre l'ultimo momento, quando già ero in ritardo ed ero ancora a casa anziché dove avrei dovuto essere. Alla fine ho pranzato alle tre e qualcosa, quando tutti sono già a lavoro o a studiare o ‒ i più fortunati ‒ a farsi una pennichella sul divano.


Il mio pranzo tipicamente italiano è stato ‒ come dire? ‒ a cazzo di cane. Avevo delle patate lesse in frigo; ne ho prese un paio, le ho sbucciate senza fare troppo il precisino e le ho fatte a pezzi in un piatto. Poi ho preso una scatoletta di tonno. Erano mesi che non mangiavo tonno, ma l'ultima volta che sono stato alla Coop non sapevo proprio come spendere quegli 80 cent. e ho preso questa scatoletta gialla di non ricordo che marca ‒ diceva Prezzo più basso, e tanto è bastato a convincermi a prendere quella. Dunque ho aperto la scatoletta e ho sgocciolato l'olio in una bottiglia in cui raccolgo l'olio usato. Sì, non butto l'olio nel lavandino o nel cesso: lo raccolgo. Ci tengo all'ambiente, faccio la raccolta differenziata, evito le cose che hanno troppo packaging attorno e raccolgo l'olio usato. Ora non so se l'olio del tonno si può raccogliere insieme all'olio fritto, ma trattandosi di cucina all'italiana ho scrollato le spalle e mi sono detto: «Chi se ne frega». L'importante è che non finisca nelle tubature, no? Non lo so, penso che sia così. Poi un giorno, quando la bottiglia sarà piena, la porterò da qualche parte e Loro con quell'olio ci faranno non so cosa. Non sono affari miei: se la vedranno Loro. Tanto poi nella bottiglia ci è finita anche qualche cipollina soffritta, figurati se stanno a guardare che ho mischiato l'olio del tonno e l'olio fritto. Se è per questo ho mischiato anche olio di semi e olio d'oliva ‒ ma solo una volta. Non è colpa mia, sono in buona fede anche se non lo so. La legge non ammette ignoranza, ma l'italiano non ammette la colpa. In tutto questo ho trovato suggestivo il silenzio, il buio del pomeriggio senza sole, la lucetta della cucina accesa, la solitudine e il suono dell'olio del tonno che gorgogliava nell'imbuto ‒ tutte cose tipicamente italiane, sicuramente molto più del mandolino. Ma questo è niente.


Sgocciolata l'ultima goccia ‒ anzi, sgocciolata quasi l'ultima goccia, perché la scatoletta suggeva ancora olii d'oliva poco naturali, ma «Chi se ne frega», il grosso era fatto ‒ la apro e con il coltello spingo il tonno nel piatto. Ne metto metà nel piatto e salta fuori che sotto il tonno c'era ancora un grosso giacimento d'olio. Non mi stupisco: sono abituato a sapere che sotto i tappeti ci posso trovare la polvere, figurati se mi stupisco di trovare l'olio sotto il tonno. Così senza pensarci troppo riporto la scatoletta sull'imbuto, la inclino per versare tutto quell'olio e la metà tonno che era ancora nella scatoletta fa un guizzo dritta nel lavandino, centrando un bicchiere che era sporco da due giorni. Ci avevo bevuto del succo di pompelmo e non l'avevo lavato. Mi ero detto: «Chi se ne frega», lo laverò domani, lo laverò quando ci sarà più roba da lavare, e intanto il lavandino si era riempito anche di una pentola, delle posate e un paio di tazzine da caffè. Per fortuna ha preso il bicchiere: era la cosa più pulita che c'era, e che faccio?, raccolgo l'olio del tonno per non buttarlo nel lavandino, e poi ci butto il tonno sano? No: recupero il tonno, o almeno quello che riesco a recuperare infilando le dita nel bicchiere (alto e stretto). Un po' ne resta sul fondo, un altro po' è finito nel lavandino, tra polvere di caffè umidiccia e altre schifezze. Sì, quello resta lì: ci penserò dopo.


Cerco di dimenticare in fretta che metà del tonno nel piatto sa di pompelmo e probabilmente di qualcos'altro che è finito in quel bicchiere lasciato all'incuria. Ci metto sopra un filo d'olio crudo, un pizzico di sale e uno spicchio d'aglio tritato alla buona. Chissà se esiste una ricetta così, o se è davvero un piatto alla cazzo, mi chiedo. Ma in fondo non è importante: cos'è l'italian style, il made in Italy, il tanto celebrato genio italico, se non una combinazione di «Chi lo sa» e «Chi se ne frega» che qualche volta ha funzionato e il più delle volte ha combinato guai? Ci vuole fortuna. E c'è forse qualcosa di più italiano della fortuna? L'idea che le cose vadano sempre e comunque come devono andare, che in fondo, davanti a qualsiasi problema si può sempre rispondere: «E io che ci posso fare?», perché se le cose vanno male che ci posso fare?, siamo sfortunati, ma la ruota gira per tutti. In Nord-Europa e in Nord-America la dea bendata è la Giustizia, invece da noi è la Fortuna. Curioso, no?


Intanto piove. Dovevo uscire, avevo un appuntamento per pranzo, dovevo andare in biblioteca a studiare, ma sono pigro e piove. Governo ladro, come tutti noi ‒ o meglio: come tutti voi, ché io sono onesto e se qualche volta sgarro è solo perché fanno tutti così e non sono un ladro, ma qua nessuno è fesso. Mi verso un bicchiere di vino rosso ‒ questo sì, è uno stereotipo ‒ e mangio questa ciambotta fredda e nonostante tutto un po' insipida. La accompagno con del pane tipo pane del Mulino Bianco, ma diverso. La confezione si vanta di contenere del pane fatto senza grassi animali, e mi chiedo chi diavolo fa il pane coi grassi animali, ma non mi stupisco che se ne trovi in giro. Forse da qualche parte, in Padania, è anche una cosa normale: lì usano il burro per tutto. Al Sud, invece, il burro si usa solo per sfizio. Incredibile questo non conoscersi per niente, dopo 150 anni di convivenza, e scoprirsi a dubitare degli altri sulle cose quotidiane come il pane: ci credo che poi ci si guarda tutti con sospetto. E spesso a pensar male non si sbaglia, disse il Divo Giulio ‒ forse il più italiano dei Presidenti del Consiglio, sicuramente uno che degli italiani aveva capito tutto.

Dopo mangiato lavo i piatti, ma prima metto a fare il caffè. Un impeto di buona volontà una tantum ci sta, è molto italiano. Come manifestare per le donne o per il lavoro o contro il presidente: una tantum ci sta, il sabato o la domenica pomeriggio, ma poi lasciatemi in pace, che ho da fare, di 'ste cose non ne voglio sapere ‒ non sono femmina, il lavoro vedrai che si trova e il presidente facesse quello che vuole, «Chi se ne frega», pensa alla salute, che solo quella è importante. Resta da lavare solo il bicchiere del vino, ma è uscito il caffè. Il bicchiere lo laverò dopo. Cosa ho mangiato?, mi chiedo. Curioso, non me lo ricordo. Pazienza, beviamoci 'sto cafè, e chi se ne frega.

14 febbraio 2011

Il baricentro del risotto


Il bello del risotto è che è riso bollito, tanto bollito, finchè non c'è più niente da bollire. Il punto è in che cosa farlo bollire. Ad esempio se si ha, per caso, una padella rovente e si fa saltare dello speck a quadratini su un soffrittino di cipolla è ovvio voler far tostare il riso. Poi però deve cuocere e ha bisogno di un liquido. Hai poco tempo per decidere, un paio di minuti al massimo. Il solito brodo va bene, se è un brodo particolare è meglio, se hai una birra scura che per qualche motivo non hai ancora bevuto usa quella! Sì, puoi assaggiarla prima. Non basterà per la cottura quindi dopo continua con un brodo leggero, nessuna scazzottata nella mia cucina! Chiusura con burro, o ricotta, e se ti è avanzato dello speck saltato tanto meglio. Chissà quale liquido indosserà il risotto di domani?

14 gennaio 2011

Bombolone

Non conosco la ricetta e a dire il vero nemmeno la provenienza geografica dello stesso. Una sera ubriaca ho discusso sull'origine dello stesso. Quando questa storia e' stata pubblicata in un luogo assolutamente non coerente, ho scoperto che per me era stato un colpo di fulmine. Osare l'inosabile. E divertirsi da matti. A me il bombolone mi e' sempre piaciuto con la marmellata. Imprevedibile e non filologico come tutto ciò che ha fascino. Vorrei rispondere con un altro volo fantastico su questo dolce. Chi sa raccontarmi una storia su di lui?

13 gennaio 2011

il bello di ospitare le cene del forno in casa propria è che poi nonfai la spesa per due settimane

a chiunque abbia dimenticato a casa mia la confezione di pasta sfoglia bui***i che scade domani, e anche a chi ha lasciato un barattolo di crema di pomodori ca**i, volevo dire che ho spalmato la crema sulla pasta, l'ho piegata in due e l'ho messa in forno.
così, giusto perché domani scade e non ho altro in casa.

p.s. il barbera (maschio perché è pavese, giusto?) ci sta pure bene

10 gennaio 2011

La dieta è

Preparare una zuppa di verdure per tre e congelare una porzione per la sera che sei a casa da sola.

7 gennaio 2011

confermo

Il carciofo, lasciato tutto intero ma allargando i petali come un girasole, e poi coperto il cuore con un riso alla pilota, il carciofo, così, mi è perfetto.

4 gennaio 2011

Professional confectioner: don't try this at home

Non sai esattamente cosa ti avesse preso quel giorno, quando hai visto lo stampo da pandoro da Medagliani, anche se una parte di te sapeva che eri andata lì per quello (e per la bastardella, il termometro, il cannello, il colino chinoise...), quella stessa cosa che ti aveva preso pensando: "Tra Natale e Capodanno sono in vacanza, provo a fare il pandoro".
La ricetta sul tuo libro l'hai letta almeno dieci volte, ti sei proprio programmata la giornata, anzi, le giornate, perché sì, il pandoro si fa in due giorni, lievita per ore e quelle ore si trascorrono incrociando tutte le dita delle mani e dei piedi che vada tutto bene, dal che si capisce che non si può poi andare da nessuna parte così intorcigliati. Al massimo su twitter ad ammorbare i followers con tutte le fasi.
Dunque, per prima cosa si prepara il lievitino con farina manitoba, acqua, un tuorlo e lievito di birra. Si lavora e si lascia lì. Dopo un po' si prepara il primo impasto, con il lievitino, altra farina, altra acqua, un po' di zucchero (ma poco), un po' di burro e un uovo. Si lavora e si lascia lì. Poi si prepara il secondo impasto (attenzione, se uno si è già stufato sappia che non si è a nemmeno un terzo del lavoro) aggiungendo al primo impasto altra farina, zucchero, un po' di sale e di vaniglia e un altro uovo. E qui si lavora parecchio, pregando tutti i santi che non fonda il motore dell'impastatrice, che si surriscalda tutta e implora di smettere. Solo quando tutto il calendario è stato pregato, indovinerà il sagace lettore: si lascia lì. Intanto si tira fuori il burro (solo 140 gr), per la sfoglia.
Dopo tutto questo lasciar lì, l'impasto si prende e si mette in frigo (o sul balcone che è uguale) e... si lascia ancora lì! Poi si ripiglia, dopo almeno mezz'ora, si tira col mattarello a quadrato, ci si spalma sopra il burro, si chiude tutto a busta, si tira ancora col mattarello e si dà la prima sfoglia (cercare tutorial su youtube, che a spiegarlo a parole ci si mette un'ora), si mette il panetto sfogliato in frigo e si lascia lì. Repeat "sfoglia e lascia lì (in frigo)" x 3.
Ora, se uno si è programmato per bene, imburra benissimo lo stampino, taglia a metà il panetto (eh, perché lo stampino è da mezzo, ma se è da intero ovviamente no), lo lavora a palla e lo mette a lievitare tutta la notte nello stampino. Se si è programmato male ciccia, deve aspettare lì, con l'occhio puntato per ore e ore che l'impasto strabordi dallo stampo. Niente trucco e niente inganno: ci vogliono dalle otto alle dieci ore.
Cuocere in forno per venti minuti, magari coprendo con alluminio, che a te la parte sopra è venuta scura scura e il resto no. Ripetere ultima lievitazione (ci vorrà un po' meno, tipo quattro/sei ore) e cottura col secondo impasto.
Zucchero a velo e voilà, stremati da tutto questo lasciar lì, potete servire agli amici.

Lenticchie Uber Alles


Avrebbe dovuto essere un'armata in rivolta, migliaia di lenticchie corazzate in lotta per liberarsi da una schiavitù millenaria: quella del contorno! La strategia è stata ben pianificata, però l'esito imprevisto del traffico culinario ha spostato la loro marcia alla fine proprio accanto al loro feticcio per eccellenza: il cotechino!
La prima fase ha messo in campo le avanguardie "cubetti di pancetta" a rosolare nell'olio, ricoperte da un trito mimetico di scalogno, carota e sedano. Quando i profumi hanno conquistato l'aria le lenticchie assaltano con mezzi da sbarco navigando su di un mestolo di brodo (detto acqua e dado vegetale in codice N.A.T.O.). Fa da rinforzo una cucchiaiata abbondante di passata di pomodoro e una foglia di alloro. Nascoste dal coperchio restano in agguato nel tegame quanto serve per cuocere.
Alla fine si lanciano orgogliose, ma incontrano stomaci pieni e palati saturi, tentano una ritirata nel frigo ma vengono scovate e liquidate definitivamente la sera stessa. Gloria a(l)loro!

3 gennaio 2011

E la mia è più bella, ciccacicca

Qualche tempo fa ero in un ristorante di Rimini (dallo zio, consiglio vivamente a chiunque vada laggiù) e mi servono una insalata di seppie e carciofi così ùh! che è finita subito tra le cose da rifare prima o poi.
E magari avevano ragione loro a far le seppie in padella e aggiungere spicchi di carciofo crudo e servire appena tiepido nei piatti, però i miei cestini son più belli.
Molto, molto, molto bellissimi.
(secondo me ci si può fare anche il risotto, così)
(lo so che dovrei scriver così come, ma tanto sammy li ha fotografati e se li vedi si capisce meglio)
(ma belli..)

cenanzo

dopo i capodanni ci sono le cene degli avanzi. ci si trova a casa di qualcuno e si mettono insieme gente e cibi avanzati dalle feste della sera precedente.
apro il frigo e trovo che dalla jam session capodannesca sono rimasti:
- un rotolo di pasta sfoglia pronta all'uso
- un tot di lasagne fresche
- due melanzane
- un peperone
- tre uova
- quattro fette di cotechino
- due cucchiai di lenticchie
- un cespo di trevisana
- mezza busta di parmigiano grattugiato (se becco chi me l'ha portata in casa non lo invito più)
- mezzo panetto di burro
- mezza fetta di scamorza

vabbé per farla breve ho buttato tutto in padella, con la metà ci ho mischiato le uova e ho farcito la pasta sfoglia e l'ho messa insieme agli amici con cui non ho fatto il capodanno, la sera dopo.
e con l'altra metà ho farcito le lasagne, e le ho messe insieme a un sottoinsieme di cui sopra, il pranzo del giorno dopo ancora.
quando si dice ottimizzare.

risotto al-laka-zzo


catteristica principale di questo risotto è la variabilità intrinseca, dato che gli ingredienti o comunque la loro interazione viene decisa sul momento.
a un certo punto ammetto che avevo pensato di metterci del campari.
ma non l'ho fatto.
un giorno però lo farò, è una promessa che faccio a me, mentre a voi prometto che lo farò da solo, senza coinvolgervi. la prima volta almeno.

passiamo a risotto al-laka-zzo di capodanno (in alcune parti dell'egitto questo risotto viene chiamato fig-hasal-atha).
si parte, come per tutti i risotti, imbiondendo della cipolla (in questo caso con poco burro) e facendo tostare il riso, avendo nel fuoco in fianco il sempre fidato brodo di carni del giorno prima (manzo e pollo, carota-sedano-cipolla).
si prosegue gettando brandelli di cuori di carciofo tra un'innaffiata di brodo e un'altra.
a una certa inserisco dei pomodorini che avevo messo precedentemente nel brodo a sbollentare per facilitare l'operazione di spellamento.
susseguentemente decido che sono pochi e allora aggiiungo dei pomodori secchi tagliati al-laka-zzo.
a una certa mi ricordo che devo salare ma non ho voglia e quindi sminuzzo grossolanamente dei capperi sotto sale.
rimesto tutto, noto che il brodo sta finendo, assaggio e decido che va bene.
spengo il fuoco, butto una noce (alla guerrino) di burro e parmigiano-reggiano e manteco.
impiattando è stato aggiunto dell'ottimo prezzemolo avanzato da non so cosa e a scelta una spolverata di parmigiano-reggiano.

1 gennaio 2011

se i giapponesi mangiassero carne

ho un amico giapponese. non so nemmeno come si chiama, perché si firma con un nick. l'ho incontrato in maggio, pedalando verso novi sad. l'ho sorpassato, e salutandolo lui mi ha fatto cenno di femarmi. scambio di mail, qualche chilometro di strada insieme, poi ci siamo salutati.
da allora mi manda, ogni tanto, una mail di saluti: una per l'inizio dell'autunno, una per il natale (dicendo che non sa cos'è ma mi fa gli auguri), una per l'anno nuovo. diche che è l'anno del coniglio, e racconta una storia incomprensibile, deve aver scritto in inglese con il traduttore di google.
questo è tutto quello che so del giappone. so che mangiano pesce crudo arrotolato nelle foglie di alghe. io tutto il pesce crudo lo chiamo sushi, in qualunque forma. forse potrei chiamarlo sushi anche se non fosse pesce.
così ho pensato di fare il sushi di carne.
uno era una tartare con limone, olio, prezzemolo, pepe, grani di senape (li trovate in un negozietto di via vitruvio), cipollotti, scorza di limone. arrotolato in una striscia di melanzana grigliata, e legato da un filo di erba cipollina.
uno era un carpaccio di manzo condito più o meno con le stesse cose, riempito di insalatina e parmigiano, arrotolato e legato da un filo di erba cipollina.
il terzo era andato vitello, ma è tornato manzo. spalmato di salsa tonnata e riempito di sedano e carota tagliati alla julienne. arrotolato e legato da un filo d'erba cipollina.