24 dicembre 2010

e vedro' cosa mangio...


mentre cerco i muffin di sammy per rifarli. ma che tag gli avete dato cazzarola ?

comunque intanto che scartabello che dovrò leggere tutte le ricette di un anno ti passo questa.
premessa : io sono amica della sig.ra parisi che non è cosa da poco. la sig.ra parisi dalla provincia di trapani mi ha mandato un pacco che sfamerebbe tutto lo zimbabwe e forse anche il congo.

dentro c'erano anche le Passuluna ...tu dirai e vabbé sono olive. una beata fava, quelle sono Le Olive. e la sig.ra parisi mi fa fare una pasta così : si prendono cinque o sei Passuluna sott'olio (sono grandi come un uovo di gallina ), le schiacci poco poco con la forchetta, che ci esci quel liquidino. le salti con uno spicchio d'aglio (sempre allegato nello sctaolone delle meraviglie), aggiungi ancora un poco di olio nostro (prima spremitura di quest'anno fresco di frantoio, arrivati 25 lt.). e fai appiccicare questo sughino allo spaghetto. una grattata di pecorino. la sig.ra parisi aggiunge : e vedrai cosa mangi...

22 dicembre 2010

Clessidriamo

Il tempo della cucina e' un tempo naturale....La domanda e' come si fraziona un tempo naturale?

Insalate divine

Ho fatto una insalatina ieri che levete.
Avevo nel frigo tutte quelle cose che non si hanno quasi mai nel frigo e che cambiano la cena.
Due tipi di trevisana, una rossa a mazzetti piccini con la radice intera ed una verde punteggiata a ciuffetti, un avocado che ho tagliato a cubetti, crescione, erba cipollina, cerfoglio, dragoncello e lemongrass fresco (quest'ultimo è la mia passione del momento, nelle zuppe poi...) ho condito con olio, sale alle erbe e mezzo limone.
Mi è sembrato di mangiare un prato fiorito e di aver la faccia pucciata dentro all'erba.

Mi è avanzato un quintale di finocchietto, ma quello pensavo di regalarlo a Papoff® per natale.

20 dicembre 2010

Post brasato appassionato

Dal primo post alla cena le invitate erano aumentate, attestandosi intorno a quota 40.

9 chilogrammi di manzo (cappello di prete), 500 grammi di pancetta affumicata, 35 carote, 20 cipolle, 30 coste di sedano, 8 chiodi di garofano, 300 gr di burro, 500 ml di olio extravergine, 4 mazzetti di spezie (alloro, salvia, rosmarino), 6 litri di barolo (cheap and chic), due scatole di passata di pomodoro, 2 litri di brodo vegetale, sale, pepe. Steccato il brasato con carota, sedano e pancetta. 12 ore di marinatura, 5 ore di cottura.

L'applauso al cuoco-sociologo, alla fine, è arrivato... insieme alla nausea per uno dei miei piatti preferiti...

16 dicembre 2010

Non per vegetariani.....

E intanto sta bollendo nella pentola una testina di vitello.

E mentre bolle, si espande nella casa odore di brodo. Sedano, carota, cipolla. Un classico.

La testina lentamente si cuoce.

Gli estimatori lo sanno.

La carne morbida e gommosa della testina di vitello è decisamente un piatto prelibato.

E oggi avevo bisogno di cucinare un piatto così. Che andasse da solo. Che si facesse ricordare solo per il profumo. E che con il profumo mi portasse proprio lì.

Che non impedisse alla mente di continuare a pensare, ma che riuscisse a dare ai pensieri una consistenza più morbida.

Perchè ogni tanto bisogna tornare.

15 dicembre 2010

l'odore delle rose è una reazione chimica

[Anche quello dei carciofi cotti a vapore]

se un giorno lo scoprissi non l'ameresti piu'?

Il senso delle cose e' una coperta stesa su un passato ancora vivo ma te lo ricordi tu?

Se torni indietro amore tu certo ce la farai a dare un senso alle cose che sono dentro di te
Se torni indietro amore.

Il perche' delle emozioni perche nascono e poi muoiono credi a me non lo sappiamo e non lo sapremo mai.
Ma le cose in cui credevo io son le stesse da una vita, cambia forse lo scenario, cambia il gusto ma che fa?
Se torni indietro amore...

[e poi stacchi una foglia, la intingi nel pinzimonio e coi denti separi la polpa dalla corteccia dura, una foglia alla volta sino ad arrivare al cuore]


Se torni indietro amore tu certo ce la farai a dare un senso alle cose che sono dentro di te
Se torni indietro amore.

13 dicembre 2010

Laboratori di Resistenza

Vi è mai capitato di essere seduti nel centro di una stanza con le volte di mattoni chiamata Infernotto, nel mezzo della Vigna La Rosa, il vitigno da cui nasce uno dei Barolo più pregiati della storia, con una cucina Molteni rossa fiammante posizionata anche lei nel centro della stanza ed uno dei più grandi chef del mondo, Cesare Giaccone, che cucina solamente per voi due circa dieci opere d'arte?

A me si, sabato.
E me la tiro tantissimo.

[Nella prossima vita voglio nascere a  Serralunga d'Alba]

12 dicembre 2010

Tui Na romagnolo

mezzo chilo di farina, un bicchiere di acqua, mezzo di olio leggero (ci andrebbe lo strutto, ma è pesante...), mezza bustina di lievito

guen fa rotolamento ulnare. pressione del fianco della mano, fino alla nocca dell'anulare.
na fa presa tra il pollice e i polpastrelli delle altre dita
yi zhi chan tui fa o meditazione con un dito. pressione con il polpastrello del pollice, oscillazione del braccio fino al polso
tan bo fa pressione e strusciamento dei pollici in avanti
mo fa sfregamento circolare con la mano aperta, premendo con il palmo e le dita
ruo fa frizione locale con la base del palmo fino alla falange del pollice
tui fa spinta in una direzione
za fa spinta nelle due direzioni
kuo fa martellamento con il pugno. il polso deve rimanere rilassato, le dita semichiuse

porre la piadina così spianata sulla piastra calda. premerla leggermente perché il calore sia uniforme su tutta la superficie, quando cambia colore girarla evitando che bruci. cuocerla allo stesso modo sull'altro lato.

se in casa c'è solo gorgonzola e insalata, come ripieno vanno benissimo.

Brasato appassionato

La mia capa m'ha chiesto: "per la cena di Natale di quest'anno non prendiamo il cuoco, ci pensi tu?". Ho risposto con un: "sì, speriamo... e se poi viene una merda?". Il menù è tutto sommato abbastanza semplice: brasato e polenta, con qualche cotechino e salame bollito. Il problema sono i mangiatori o, meglio, le mangiatrici: 30 signore, volontarie, riunite per l'occasione attorno al piatto forte: il mio brasato.
Sono un tipo un po' ansioso, lo ammetto. Per calmare l'ansia da prestazione mi son buttato sui vari libri di cucina alla ricerca di alcune delle possibili ricette e varianti del piatto, per stupirle con effetti speciali... cappello del prete, no, spalla; razza piemontese, no, manzo argentino; lardellato, sì, ma anche marinato nel Brandy, nel Barolo, nel Barbera; cannella, chiodi di garofano; grasso, meglio se di rognone, no, meglio il lardo, no, meglio la pancetta... e l'ansia aumenta.
Insomma, leggere e rileggere il Kamasutra nella speranza di stupire con una prestazione incredibile qualcuno che ti piace non aiuta a calmare la tensione. Così ho pensato: "in fondo, la cosa importante è divertirsi... se poi le 30 donne non saranno soddisfatte della mia prestazione, chiederò un'altra chance..."

10 dicembre 2010

I classici della letteratura

Tu non hai mai letto Proust, a parte proprio il pezzo famoso sulle madeleines e devi dire che a parte la grandezza letteraria, il concetto di memoria e tutto quanto, non è che ti facessero granché gola queste madeleines, anzi. Sembravano proprio una tristezza, ma di quelle che non vanno né su né giù senza un sorso di the. Però poi le hai fatte e non solo erano buone, molto meglio di come sembravano nella letteratura, ma avevano pure la gobbetta d'ordinanza e queste sì che son soddisfazioni.

E poi

E poi cucinare è uno dei pochi, ultimi atti rivoluzionari che ci siano.
Vuol dire evitare il pronto e il precotto. vuol dire, almeno per me, cercare il cibo che assomigli quanto più alla pianta o alla bestia originaria.
Al sistema questo piace poco, chè dovremmo comprare sempre i poppottidel nonno da friggere o da scaldare.
E poi è buono.

(io stamattina ho impostato il minestrone di miglio a lunga cottura: lom metti sulla piastra elettrica - oh, nel miniminiresidence che mi hanno assegnato c'è solo quella -   prima di uscire e appena la pentola a pressione iniza fischiare spegni tutto. fra tre ore sarà ancora tiepido)

8 dicembre 2010

non avere paura

chi l'ha detto che cucinare sia un gesto che si fa per gli altri? certo, il bello è condividere quello che si prepara, ma ancora più bello è condividerne la preparazione, o più semplicemente farlo e basta. qualunque cosa tu faccia, il suo significato vero è quello che ha per te tessa, nel momento stesso in cui lo fai. non esiste un prima, non esiste un poi. per questo preferisco le pietanze ai dolci: perché un dolce, se viene bene, deve venire sempre uguale. una pietanza (scusa chiamo così tutto quello che non è dolce) se viene bene, è sempre diverso. perché dipende dagli ingredienti, che dipendono da come li hai scelti. perché dipende dal tuo stato d'animo mentre li cucinavi. perché è qualcosa che esiste solo nel momento che lo fai, che lascerà un'unica traccia profonda dentro di te.
per questo, tutto quello che cucinerai da oggi in poi sarà solo per te stessa. come uno scrittore è chiunque scriva, e solo nel momento in cui scrive, così un cuoco è tale solo mentre cucina. non avere paura. continua a farlo.

6 dicembre 2010

Psicologia spicciola

Quando uno va al Bar della Crocetta a Milano sa che il menù coprende circa duecento panini e sa che i panini lì sono fatti come Dio comanda, con un carico di circa un etto e mezzo di salume cadauno (non è una battuta), il pane scaldato a parte il salume a freddo, sa che ogni panino comprende una lista di ingredienti a comporlo così lunga ed importante che ciascuno finisce con etc etc.
E insomma dicevo, che quando uno va al Bar della Crocetta a Milano, e prende un panino mozzarella e pomodoro, c'ha per forza dei problemi grossissimi e sicuramente un'infanzia infelice ed anche ora non se la deve spassare troppo bene e io provo un sentimento misto di compassione e tristezza e disprezzo e vorrei abbracciare costui, consolarlo e dirgli che la vita è una cosa meravigliosa e che non c'è motivo che si butti via così.

[ma poi alla fine ieri ho preferito ignorare i problemi del tavolo accanto e concentrarmi sul mio panino contenente due etti di lingua, salsa nostra, pomodoro, cuore di palma, patè, tabasco, fonduta di formaggi etc. etc.]

3 dicembre 2010

ho un'amica a cena

non ho tempo per fare spesona, non ho nemmeno tanto tempo per cucinare. tanto siamo tra noi, dove si mangia in uno si mangia anche in due, ci basta un po' di polenta e un sugo facile, tipo di funghi. che ci vuole, li metto nell'olio caldo con uno spicchio d'aglio, li bagno di pomodoro, aggiungo un po' di kummel e alloro e lascio andare.
magari già che ci sono chiamo anche l'amico, è da un po' che mi chiama lui per primo, vediamo se si unisce. tanto dove si mangia in due si mangia in tre.
quello che mi fa piacere è che l'amico ha capito che a casa mia non mi formalizzo, come lui a casa sua, e allora porta l'altro amico, che avevano un mezzo appuntamento. tanto dove si mangia in tre si mangia anche in quattro.
magari allora oltre ai funghi prendo due salsicce, tanto mi ha insegnato la strega che basta mettere anche loro al caldo dell'olio insaporito con l'aglio, poi magari quando son colorate le bagno con un po' di vino e aggiungo alloro e altro pomodoro, così fanno salsa. in umido, ecco. con la polenta ci staranno bene.
l'amico dell'amico pensa al cognato, poveretto lavora tanto e gli farebbe bene la serata tra amici. a me sta simpatico il cognato dell'amico dell'amico. tanto dove si mangia in quattro si mangia anche in cinque.
allora già che ci sono mi allargo anche io, e lo dico anche alla collega. tanto dove si mangia in cinque si mangia in sei. ormai si conoscono tutti, non è nemmeno necessario chiedersi se si piacciono o no, se han voglia bene, sennò stiamo bene lo stesso. è il bello di un gruppo senza pare: chi ha voglia c'è, chi non ha voglia nessuno gli chiede perché; ci sarà la prossima volta. facciamo che prendo del gorgonzola, così se manca condimento c'è, e se non manca se ne resta tranquillo in frigo.
la collega ha un'amica che ha perso un volo, è un po' giù ed è bene che non stia sola. tra funghi salsiccia e gorgonzola, dove si mangia in sei si mangia anche in sette, è la benvenuta.
nel dubbio passando dal super avevo preso anche mezzo di latte e delle uova; farina e zucchero sono già in casa, ed è una fortuna perché altrimenti sarebbe mancato il dolce: l'amico dell'amico sente la fidanzata e l'amica della fidanzata, decidiamo di fare le crepes e passano anche loro. tanto dove si mangia in uno si mangia anche in nove.

Profumo di......

Da nuova nuova, anzi usata poco, anzi usata il giusto scrivo il mio primo post in questo bel posto.

Capita che sono nervosa. Capita che quando sono nervosa mi ritrovo in cucina. Capita che mi viene voglia di fare il pane.

Perchè non c'è nulla che mi rilassa come fare il pane. Beh, anche altro ma tant'è che si parla di cucina....

Per un kilo di farina, prendo tre cucchiai di ottimo olio extravergine di oliva, un panetto di lievito di birra, tre cucchiai rasi di sale fino, acqua ad occhio e a tasto.

Prima cosa: faccio sciogliere il mio panetto di lievito in acqua tiepida, meglio se frizzantina.

Poi verso la farina, aggiungo sale e olio e acqua alla bisogna.

L'acqua va versata piano, man mano che impasti l'acqua si amalgama alla farina e quella che sembrava troppa prima, magari dopo ti sembra poca. Non stancarti mai di impastare con le mani. Tanto più impasti, meno pensi ai tuoi problemi.
Man mano che l'impasto prende forma, spesso prende forma anche il pensiero giusto, quello che cercavi proprio e che non ti veniva prima.

Quando il tuo impasto ha la consistenza giusta e l'aspetto giusto (elastico, liscio, e che ben si stacca dalle tue mani) accomodi la tua palletta di pasta di pane in un contenitore e, bada bene indispensabile, lo metti a riposare con una bella croce fatta dalle tue manine sopra.

Questo è il segreto tramandato di madre in figlia. Mai capito a cosa servisse, ma mai provato a farla riposare senza averla fatta prima.

Per aiutare il miracolo della lievitazione io accendo intanto il forno e aspetto con pazienza che la palletta diventi una pallona. L'attesa è taumaturgica.

Io inforno il pane in due forme: piccoli panetti tondi con taglio a croce da coltello, che in cottura esplode come un fiore e un pane grande che si conserva per più giorni con un taglio a spiga di grano.

A centottanta gradi per un pò, quasi un'oretta, fino a quando il profumo di pane si espande nella casa e tutto il tuo buonumore passa anche ai presenti e ai vicini di casa che sentono il profumo dalle rampe della scala del condominio.

Et voilà. Dopo mi sento benissimo.

25 novembre 2010

Pranzo al sacco


Viaggio molto, moltissimo, anzi stare ferma per 2 settimane mi fa sentir in colpa.
Pranzo al sacco: perché rinunciare a cose buone da mangiare in tutta libertà?
Per tutti coloro che conoscono o vorrebbero conoscere Bologna: da solo o in compagnia, se voleste consumare il vostro pranzetto in tranquillità in prossimità alla Piazza Maggiore c'è l'Osteria del Sole
Unico obbligo di questo prestigioso ambiente è il consumo di mescita il loco.

Pranzo al saccoPotreste allora prepararvi piccole confezioni con crostini e salse casarecce da innaffiare con un buon Merlot, insalate di pesce e patate con un Tocaj, formaggi del pizzicagnolo all'angolo e pane fresco con quel che preferite. E chiaccherare, o in silenzio, osservare e stare a farvi osservare, leggere o giocare a carte nella pausa tra un impegno e l'altro.
In questa società di "Magnaccioni" si sente la mancanza di luoghi in cui portare qualcosa per te e prendere qualcosa con altri.
Manca il parlare come si mangia.

Straziami, ma la pancia saziami


Non so voi ma la qualità è una delle priorità a cui cerco di non rinunciare.
Non parlo di ingredienti sopraffini o costose e ricercate prelibatezze.
Tipo: La frittata.
Quel che mi piace della frittata è che ha poche pretese, non andate a cercarla nel menù di tavole imbandite come torte nuziali.
La mia preferita è quella che prepara il mio papà. Con le ortiche o la borragine.
Deliziosa e di Qualità. Perché so che il mio papà sa che a me piace e la prepara con attenzione. Questo la rende speciale. E la fa che una fetta mi appaga e il pane con cui la mangio è celestiale.

il "De Arancinis"


In Sicilia del Sud, in fatto di tradizione, gli arancini superano persino la Democrazia Cristiana. Su Wiki trovate la definizione, ma io qui voglio disquisire sul nome di genere dell' arancino. Da sempre in Sicila del Sud l' arancino è femmina, è arancina. E io ci tengo a rivendicarne l'identità di genere. Perchè nel mio immaginario quando vado in rosticceria e chiedo un arancino io mi aspetto, appunto, un arancino. Se chiedo invece un'arancina mi aspetto di più: mi aspetto una cosa che sfida qualsiasi legge sulla digeribilità, qualcosa che se mangiata a mezzogiorno fa ancora capolino in forma di ruttino alle 4 pm come a ricordarti di quell' attimo ardente e sublime in cui i tuo denti si sono inabissati in quella sfera fatta di riso e ragù.
E comunque io stasera voglio farmi del gran bene, io stasera mi butto sulle arancine.Chè femmina è meglio.

NB: rimango a disposizione per qualsiasi chiarimento in merito, sia nell' ordine pratico che etnografico.

23 novembre 2010

nomen omen, carpe diem, save the date

con il dizionario T1 (si chiama così?) del mio cellulare, se scrivo anolini, viene fuori cooking.
certe cose sono segni del destino.

melgot e melgassì

di quando ti senti essenziale, radicata, orobica nell'animo, terra amata ed odiata, terra senza teatri e che si alza troppo presto, matzy dice : come i vecchi. ha ragione. siamo nati vecchi qui. e lavoriamo troppo. con la testa bassa e grugnendo sinceri. mani callose, sorrisi sdentati. stoppie di melgot nell'umido della nebbia (le stoppie le chiamiamo melgassì e penso che oggi questo termine qui attorno lo capiremmo in tre )


  • 375 gr. di farina (di cui 200 normale e 175 integra, che bada bene non è la integrale è la integra quella con dentro il germe di grano, macinata a pietra, in purezza, grezza e ruvida come me, che ti lascia la patina sulle mani)


  • acqua 1.5 lt


  • sale un cucchiaio

buttala a pioggia, movimento alla catcher in the rye ..come se seminassi. di polso. per evitare la formazione di grumi (i frà). fai cuocere un'ora abbondante. rigorosamente nel paiolo di rame. girala col bastone qui si chiama "ol menadur" oppure "tarel". sforma su un tagliere di legno. accompagnare con carni o una tazza di latte tiepido e una fetta di taleggio seppellita sotto, che sciogliendosi piano piano trova la sua strada tra le crepe della polenta e come una crema di libidine affiora dal cratere verso di te.

19 novembre 2010

Io Vs. Topinambur


Vado al gruppo d'acquisto della mia città, mi imbatto in una specie di patata che patata non è. E' malforme, brutta a vedersi, tutta nodulosa che al primo sguardo ti viene da pensare "ma come si sbuccerà?". Torno a casa con la mia busta piena di creature tuberosissime pensandoci di farci una zuppetta, come consigliatomi dalla mia nuova amica troppo ggiusta MiaPerfidia e ci metto il valore aggiunto: i fagioli.
Ne viene fuori una sbobba dolciastra, una esperienza irripetibile, da conato di vomito ad ogni ppiè sospinto. Sentenzio: mai più topinambur coi fagioli. E siccome io non mi arrendo al topinambur la prossima volta ci abbino una cosa amarastra, pensavo agli spinaci...  Non so, voi che dite?
 

18 novembre 2010

Valpelline Nostalgia

Quando viene questa stagione, che è la mia preferita, la inauguro con alcuni piatti nostalgia.
Io, che nostalgica non lo sono per niente, mi concedo quella vena proustiana che nel cibo trovo piuttosto poetica e non detestabile come negli altri ambiti della vita.
Per chi, invece, ne soffrisse in maniera cronica consiglio il sedicesimo fiore di Bach, Honeysuckle.
La montagna è la Valle d'Aosta e la Valle d'Aosta è la Val di Rhemes e/o la Valpelline. La Val di Rhemes è lo zabaione (ma questa è un'altra storia). La Valpelline è la zuppa valpellinese.Che poi è proprio facile, giuro che se non la si prova non si riesce a immaginare come, delle cose così povere, possano essere a tal punto sublimi. Metto del pane secco - che taglio a fettone - a ricoprire il fondo di una teglia, sopra una dadolata di fontina (io faccio un pò dolce un pò puzzolente - abbondate!), ricopro con uno strato di foglie di una bella verza tenera che ho prima scottato in acqua bollente (questo è importante se no restano dure e rovina tutto) rotte grossolanamente ed infine sopra tanto grana e una bella macinata di pepe.
A parte ho fatto una pentola di brodo e glielo rovescio sopra sino a coprire quasi completamente. In forno per circa 35 minuti. Il brodo si asciuga un poco ma deve restare, quindi a fine cottura taglio a fettazze la parte solida e col mestolo, nelle singole ciotoline, ricopro di brodo.

In confronto a questo le madeleine mi fanno una pippa.

ndr a tutti i cucinieri segnalo  questa cosa

14 novembre 2010

Friggo di piacere

Son cresciuto con l'idea che il fritto, qualsiasi fritto, fosse di per sé sinonimo di vizio e golosità e che, perciò, andasse goduto solo a piccole dosi, raramente, e con un po' di senso di colpa come condimento... Poi gli anni passano e si scopre che il viziare-rsi, la golosità e il godere-rsi passano per discorsi e pratiche ben più interessanti e articolate di una semplice friggitrice. A volte, però, un ritorno alle origini è d'aiuto, soprattutto per ricordarsi che il senso di colpa, in fondo, è una cazzata.
Ho invitato così una persona che ho amato e mi ha amato tanto, per godere insieme, con l'aiuto della friggitrice, ovviamente.
L'esperimento è una ricetta, osservata nella trattoria dove gioco il mercoledì sera. 'Osservata', perchè col cazzo che lo chef Angelo ti spiega la ricetta (non tutti sono come Guerino): bisogna 'rubargli il mestiere' (yyyyessss....), osservando e memorizzando.
Comunque...
Come Angelo, ho mischiato farina, tre uova, mezzo bicchiere di birra, mezzo d'acqua frizzante, sale, pepe e un trito molto abbondante di rosmarino, salvia, prezzemolo e basilico (io il basilico non lo avevo, così ho sostituito con maggiorana e un po' di timo... boh, non so se lo rifarei...). Le dosi sono quelle che permettono di ottenere un pastella densa. Ho poi scubettato un bel petto di pollo, immergendolo nella pastella, a riposare.
Quando i preliminari alcolici sono giunti in fase avanzata, ho acceso la friggitrice ed immerso i cubetti di pollo impastellati... viziare e godere, friggere e mangiare.

(s)guazzetto di moscardini

Vista la totale assenza di qualcosa di rosso che alimenti un (in)sano istinto di ribellione, ho provato a compensare alimentando una naturale rivoluzione delle papille gustative a suon di peperoncino.
Allora ho preso dei moscardini, precedentemente battuti da un batticarne-manganello per intenerirli (ma che ha alimentato una lenta insurrezione dei sapori), e li ho fatti rosolare in una padella larga cosparsa da un filo d'olio in aggiuinta ad un trito di aglio e prezzemolo, .
Pochi minuti di cottura ed è arrivata in soccorso una democratica passata rossa di pomodoro, ovviamente dal lato sinistro della padella, nella quale i moscardini coadivuati da un pizzico di peperoncino (in dose proporzionata alla voglia di un quarantotto gstronomico che si vuole avere in bocca durante il pranzo) rafforzeranno il loro gusto eversivo, magari con l'aggiunta di un pizzico di sale.
Si aspetta una mezz'oretta abbondante e i moscardini, al grido di 'hasta la tabla, siempre' saranno pronti per scendere in piazza. Pardon, in tavola...

12 novembre 2010

Softporn

A me la cosa che piace di più dei cachi è giocare con le loro lingue sulla mia lingua.

in forno al capodanno


hai presente quell'ansia che ti prende prima del natale, prima dell'immacolata, prima di (per i milanesi) sant'ambroeus? prima ancora che compaiano le prime luminarie per strada, ma più o meno in contemporanea con l'apparizione dei panettoni al supermercato?
quella che ti dice cosa fai a capodanno? che poi c'è sempre un momento in cui uno pensa in culo tutti, io a capodanno me ne sto a casa da solo con un libro e vado a letto presto. eh ma poi ci si sente soli, si sentono i botti in strada, arrivano i pensieri i bilanci i progetti la solitudine il freddo...
è allora che si cade nella tentazione di accettare inviti dagli amici che si vedono solo a capodanno, magari in ristoranti pessimi che ti spennano in cambio di una cena a base di glutammato e maionese accompagnati da carni e verdure di pessima qualità. o in tristi cene in piedi "ognuno porta qualcosa", così si mangia tutti di schifo, parlando a bocca piena di quanto ha fatto schifo quest'anno e che invece il prossimo, uuuuh!

invece di cadere in quella tentazione, considera che per la prima volta nella storia ci sarà una jam session di cucina capodannesca. si comincia al pomeriggio, si cucina in compagnia, si chiacchiera di cucina e di altro, ci si fanno le coccole (e abbiamo dato prova già sei volte di essere bravissimi), si mangia bene, si beve bene e si va avanti a oltranza tanto poi ci son due giorni di recupero, e in culo tutto il resto.
come sempre, l'invito è esteso a chi avrà partecipato al blog con almeno una ricetta. come eccezionale eccezione alla regola, sarà ammesso un ospite a testa, meglio se cucinante.
i dettagli li vediamo più avanti come sempre, dai.

11 novembre 2010

Ok, ci riprovo

Pensavo di aver pubblicato un post in cui dicevo del timballo, il timballo abruzzese.
Ma non capisco dove si è perso.
Quindi lo riscrivo.
E' che ho fatto il compleanno, un compleanno palindromo, e bisognava festeggiare, quando mi ricapita un compleanno palindromo?
Ho invitato un po' di gente ed ho deciso di fare una cosa semplice, il timballo.
"Il timballo non è semplice!" ha detto mia madre.
Ma io non le ho dato retta. Del timballo mi piaceva l'idea che lo metti in forno e quello se ne sta lì a cuocere per un'ora poco più, da solo, mentre tu fai altro, che so, apparecchi la tavola, decori il camino con delle zucche e delle foglie di vite, pulisci il bagno... e quando arrivano gli ospiti lo tagli e lo metti nei piatti e ti siedi con gli altri a mangiare e chiacchierare.
"Comincia presto!" ha detto mia madre "A fare il timballo ci vuole tempo! Comincia a fare il sugo, subito!". Mi sembrava esagerata, mia madre, erano le due del pomeriggio, diciamo che ho aspettato le tre ed ho messo a fare il sugo, il sugo importante, quello con la carne, che deve sobbollire un paio d'ore e schizzare il gas e le piastrelle della cucina.
Alle quattro ho messo a cuocere la carne macinata (soffriggi un po' di cipolla, sedano, carote, butti la carne macinata, poi un po' di vino bianco, infine un po' di sugo, giusto per tingerla un po', la carne).
Nel frattempo ho pulito la cucina - che essendo trenta mq di cucina richiede un po' di tempo.
Alle cinque e mezzo ho cominciato a preparare la sfoglia, ho impastato con queste mie manine d'oro cinque uova di pasta, l'ho tirata con la macchinetta, è stata un'impresa, cazzo!, ci ho impiegato un'ora e qualcosa.
Poi ho tagliato le mozzarelle, grattato il parmigiano, messo a bollire l'acqua.
Alle sette ho cominciato ad assemblare il tutto.
Alle sette e mezzo mi chiama una delle invitate per dirmi che stavano partendo ed in mezz'ora sarebbero stati a casa mia. Non ho detto niente ma ha capito che era meglio se arrivavano alle nove.
Alle otto il timballo era in forno.
Alle nove e mezza faceva la sua bellissima figura dentro i piatti dei miei amici e tutti mi hanno detto che era una capolavoro di timballo - ed era effettivamente buonissimo.
Alle dieci, dopo aver servito il secondo - costatine di maiale al forno con le patate, mi sembrava facile pure quello - sono crollata sul divano.
Alle undici dormivo mentre i miei ospiti mangiavano il dolce che per fortuna aveva fatto mia madre.
Loro, fra una chiacchiera e l'altra, sono andati avanti fino alle due.
Il timballo lo rifaccio, se lo rifaccio, quando compio cinquant'anni.

Nel risotto ci sta bene tutto.


 C'è che nel frigo è rimasto poco: un pomodoro,una melanzana, delle cipolle smezzate e del prosciutto crudo. E vabbè anche del concentrato di pomodoro che credo risalga all' 89 ma finchè delle date di scadenza si riporta la dicitura “PREFERIBILMENTE” io me la rischio e poi vi aggiorno. Ci faccio un risotto che suona più o meno così: soffriggo la cipolla, ci aggiungo il prosciutto, sfumo col vino rosso in cartone, poi melanzane a cubetti e pomodori. Ci faccio tostare il riso e man mano il brodo. Poi il resto lo sapete.
Quello che probabilmente ignorate invece è che, se avete pappagalli o uccellini nelle prossimità della cucina, questa ricetta può essere  letale per i pennuti: melanzane e peperoni contengono alcaloidi che trasformandosi in fumo tossico li manderebbe a miglior vita. Non chiedetemi come faccio a saperlo: inonderei la cucina di lacrime rischiando di farvi scivolare.

tonno subito

la pasta col tonno ognuno cià la sua, e giustamente la difende con i denti, e finchè si tratta dello svuotolascatolettanellapastaappenascolata, sì, finchè le cose son sbrigative, originarie, spontanee, almeno sai che stai mangiando una cosa uguale a milioni di altri umani, allora non ti chiedi, ma sta roba come potrebbe essere diversa?
ecco, questa è la storia di quando è diversa.
allora, nell'olio sta sfriggendo un'acciuga e uno spicchio d'aglio vestito, giusto il momento di metterci dei pachini tagliati a metà messi col centro in giù, come se fossero tante collinette rosse che si dissolvono dopo un po'. mi diverto a schiacciarli col mestolo mano mano che si sfanno.
ora il tonno, meglio al naturale, meglio coop (buono senza spendere fortune che tanto va in un sugo).
olive e capperi son scuole di pensiero, possono esserci o non esserci.
la pasta lunga (ma solo per la pigrizia di non scegliere la corta più adatta) smescolata al tutto...
ma non ti ci buttare subito, lasciala lì un pochino a soffrire quel calore che le hai appena dato. il peccato del parmigiano è ammesso.

10 novembre 2010

e daje al finocchio!

Prendi un finocchio e mozzagli le corna (si sa che i finocchi sono promiscui). Poi con due colpi di mannaia taglialo in quattro pezzi e mangiateli allegramente sul divano mentre scrivi di come hai liberato il mondo da un essere così depravato.
Eroa.

piccoli finocchi crescono

Si chiama finocchietto, ma non sottovalutatelo. Qualche mazzetto sbollentato e poi grossolanamente spezzettato, uova a piacere, sale, pepe e viene fuori una frittata che è una roba da grandi.

datemi del finocchio maschio

si dica quel che si vuole, ma il finocchio, quello buono, ha da essere maschio. a dimostrazione che i luoghi comuni, e anche l'utilizzo delle verdure per discriminazioni sessuali, sono una sonora cazzata. insomma il finocchio è dioico, e in quanto tale ha il privilegio di poter scegliere come e con chi accoppiarsi.
però provate ad andare al super a sceglierli: ci sono quelli panciuti, e ci sono quelli allungati. quelli panciuti, come anche per il genere umano, sono maschi. quelli allungati, eleganti come una signora, sono femmine. e il sapore cambia. il finocchio maschio è più adatto per l'insalata. il finocchio femmina è più delicato, adatto a essere coperto di besciamella e gratinato.
ecco, l'insalata di finocchio maschio è la cosa più semplice del mondo, e come tutte le cose semplici segue regole ferree: il finocchio va tagliato a fette sottilissime, quasi trasparenti, e in senso trasversale per tagliare le fibre e permettergli di assorbire il condimento. il condimento, poi dev'essere di poco sale, un mare di aceto e una giustezza di olio buono. rigorosamente nell'ordine. perché il finocchio maschio, in quanto maschio, ama la rudezza dell'aceto (rosso o balsamico, io preferisco rosso). e soprattutto non teme una pesante spolverata di origano.
ricordate che il finocchio sgonfia, è dietetico e digestivo.
io amo il finocchio.
datemi del finocchio.
maschio.

sono un creativo

Pensavo.
Nella microcucinina del micro appartamentino gentilmente offertomi dal mio datore di lavoro NON c'è un forno.
Se io mettessi delle cose da cuocere su un cestellino dentro una pentola a pressione posta sulla piastra elettrica, chiusa, ma con la valvolina aperta in qualche maniera, riuscirei a riprodurre una cucina similfornosa?
O rovinerei la pentola a pressione e farei espodere tutto?

Metti un finoccho a cena anche tu

per  questa inziativa a cui stra-aderisco con mani, piedi, cuore.

Una delle cose che più mi ingolosisce è la rapidità con cui si possono trasformare dei finocchi in una pizza.
Si sa: l'attitudine al trasformismo è tipica dei finocchi.
Io li taglio a fettine mediamente sottili (meno di mezzo cm) e li dispongo in una teglia rotonda a coprirne completamente il fondo, poi li tratto proprio come fossero una pizza, infischiandomene della loro identità di finocchi.
La rigidità non è tipica di queste parti.
Li ricopro quindi di pummarola, una girata d'olio, capperi, olive, magari un'acciughina ed infine li cospargo di mozzarella sfilacciata con le mani, tanto origano ed inforno.
Lascio cuocere fino a quando il finocchio è morbido dentro ma ha formato una crosticina in superficie

Questa è una ricetta dalle elevate proprietà nutritive, fa bene alla tolleranza, alla libertà e all' Amore.

4 novembre 2010

il cuoco alla prova

già la prova del cuoco, ma non è quella della clerici o del mangiatore di gatti, no, la prova del cuoco è quella di quando torni dal lavoro e la tua linea di ragionamento non è cosamipiacerebbemangiarequindimicomprogliingredienti, bensì checazzopotreifareconquellochec'èdentroquestocazzofrigo
dai, la prova del cuoco è quella, essì, è anche politicamente giusto, mettere l'origano o nò sul sugo con la salsiccia verso le undici di sera? piazzare o meno una coltre di parmigiano sul tutto? e se i pomodori son fiacchini, meglio farla in bianco o pensare che "tanto vanno cotti"...
regalarsi una cosa frutto di un pensiero, di un procedimento, parto di un ricordo di un'anima collettiva, o ispirazione del momento, così, perché è dura la legge di checazzopotreifareconquellochec'èdentroquestocazzofrigo...
questo mi anima il pensiero, mentre metto insieme in tempi e temperature diverse i vari pezzi del puzzle, finché non combaciano, butto un fusillo terrone, cottura noveminuti, una dichiarazione di guerra, se sbagli sarò duro come un sasso, ma il trucco è assaggiare al tempo prescritto e poi in genere dargli ancora mezzo minuto di vita, poi via insieme al resto, lasciando poca acqua di cottura in mezzo ai rivoli giallopallido dei fusilli, e così quei rivoli si tingono di rosso, vivo.
alla fine mi piace, la prova del cuoco è passata anche stasera...rido.

Melanzane all'ischitana

La settimana scorsa ho deciso di mettermi a dieta e oggi per la prima volta, a 25 anni suonati, ho mangiato da McDonald's (un Big Mac).

La cosa mi crea contrasti interni che esorcizzerò con una ricetta sia antidietetica sia genuina: Melanzane all'ischitana.

Questa ricetta me l'ha insegnata una ragazza di Ischia. In realtà me ne ha insegnate due diverse, ma vi dirò solo quella che mi è piaciuta di più.

Servono:

- melanzane
- cipolle
- salsa di pomodoro
- mozzarelle
- un uovo
- farina
- un sacchetto per surgelare
- olio
- sale

Prima di tutto la melanzana va fatta a fette, di lungo e in numero pari. L'uovo bisogna sbatterlo e usarlo per "ungere" le fette di melanzana, ma prima pensiamo al sugo, che si fa con le cipolle e la salsa di pomodoro. Appunto, si fa con le cipolle e la salsa di pomodoro. Non credo ci sia da aggiungere altro.

Le melanzane, dicevamo, a questo punto sono "sporche" di uovo sbattuto. Ora si mette della farina in un sacchetto per surgelare (giuro: la ragazza di Ischia ha fatto così), si infila una fetta di melanzana "invuovata" e si agita il sacchetto finché la farina non si incolla all'uovo. Così per tutte le fette. Questa era la parte più divertente della ricetta.

Fatto questo bisogna friggerle tutte. Poi si fa a fette la mozzarella e si prepara il tutto per essere infornato: prima una fetta di melanzana fritta, poi uno strato di mozzarella, poi ancora una fetta di melanzana fritta e poi il sugo. E così via.

Sono pesanti, ma ne vale la pena.

L'altra versione, comunque, è quasi uguale: invece del sugo ci vanno i pomodorini conditi con olio sale e origano, all'uscita dal forno. Anzi, mi viene il dubbio che forse anche il sugo vada messo all'uscita dal forno. Mi informo meglio. Restate in linea, vi terrò aggiornati.

3 novembre 2010

Subiectivum


The belief that one's own view of reality is the only reality
is the most dangerous of all delusions.

Paul Watzlawick


Ad esempio, io non c'è verso che possa comprendere come sia possibile che
delle persone nell'universo considerino una confezione classica di ravioli sufficiente per due persone.
Da che mondo e mondo sia sa, quelle lì son monoporzioni.

2 novembre 2010

la prova del cuoco

secondo un collega sono l'unico in italia a non guardare la prova del cuoco.
posso prenderlo come un complimento?

27 ottobre 2010

i pro e i contro


Ora, io non è che voglia spingere tutti voi ad ospitare una cena del forno, però posso fare un elenco dei contro che si riduce a cazzoquantèbuonalacremebrulèealasciarlascongelare [contro perchè mi sono scofanata tutte e dodici le creme brulèe avanzate e poi mi chiedo perchè ho questo rifiorir di brufoli alla mia età], e dei pro che invece sono 3475647509789, inclusa la creme brulèe che a farla scongelare ridiventa meravigliosamente buona.
E incluso anche l'anello che una delle signore ha scordato qui.

[nota per gli invidiosi: basta scrivere qui una data, il venite quando volete non funziona. Parola di milanese efficentissima]

26 ottobre 2010

multitasking


mentre faccio il risotto penso alle tre categorie facebook in cui nicoletti divide gli umani (tantissimi, tipo sedicimilioni in italia) che si affollano a vario titolo intorno ad uno schermo bianco e blù, solamente tre sono le macrocategorie in cui suddividere gli utenti facebook...preparo gli ingredienti...

allora il risotto è frutto di approssimazioni successive, ulteriormente migliorabili di sicuro, solo che stavolta ho deciso di fare un brodo di carne apposta, al posto del brodo vegetale con cui l'ho fatto fin'ora...

allora le categorie, quelle maschili, sono tre:

l'immenso

il militante

e il provola

metto a bollire il brodo fatto ieri, taglio le cipolle, le sfriggo nell'olio caldo con un pizzico di sale, poi un niente di burro e ci metto il riso a tostare, stà lì che mi guarda, di chilometri ne ha fatti anche se si chiama coop, ma ne vale la pena, cioè è un riso che ha un cognome, carnaroli appunto, che sembra un cognome leghista quasi...il ministro carnaroli...quindi fuoco alto!

allora delle tre categorie facebook comincio col prendere le distanze dalla prima: l'immenso, l'immenso mette foto solo se rigorosamente in bianco e nero e fa citazioni o esprime pensieri altissimi, è immenso appunto, beh quello non sono io, non ho letto tante di quelle cose, che voi umani...

nel frattempo è finita la tostatura, il ministro carnaroli diciamo che soffre il giusto, comincio con il brodo e nel frammentre uso lo stesso per sciogliere le pagliuzze di zafferano...

quanto al militante, si, mi si addirebbe, la parola non mi dispiace nemmeno, ma sono troppo svogliato per esserlo veramente, il militante pubblica (sempre secondo nicoletti) tutto quello che gli capita a tiro contro il potente di turno, compito lodevole e tignoso, a cui a volte do anche una mano, ma non posso pensare di alzarmi ogni giorno pensando a cosa potrei dire contro qualcuno, mi manca la polemica per questo...

verso cinque minuti dalla fine della cottura aggiungo il brodo con lo zafferano sciolto, e poi non aggiungo più niente, evitando l'attaccatura con il semplice (neanche tanto) mescolare.

in questi ultimi minuti penso al provola, e anche lì non ci siamo, il provola usa foto fighe, magari con occhiali scuri, magari con solo particolari ammiccanti del volto o delle mani, anche qui mi manca l'arguzia e la malizia, potrei volendo essere misterioso, ma poi la vita prende la forma di una caccia al tesoro, che non è che mi piaccia molto...

quindi nessuna delle tre, nessuno dei suddetti, verso il risotto, dopo mantecato e liberato del calore in eccesso.

nessuno di loro, mentre affondo la forchetta in questo giallo mi si presenta il pensiero che forse dopo la televisione butterò anche facebook

[nell'aria: teyko - lyle mays]

25 ottobre 2010

apocalypse now

l'obiettivo era chiaro: provarci con miaperfidia.
lei già mi ama, trovare il fuoco per accendere la passione però è un'altra faccenda.
una volta regalato il mio superaccendino alla entusiasta stranastrega, non avevo più strumenti facenti fiamma a disposizione.
decido allora di fare leva sugli ingredienti e tento una mistura erotica/afrodisiaca: curry e 'nduja.
servirli da soli però non si può.
ci accosto quindi petto di pollo a dadini e poca panna.
(petto di pollo rappresentante un grande cuore che batte. per dire)
poi mi avanzava una mela gialla a casa (che io preferisco mangiarle sul verde) e allora penso che anche lei la si poteva tagliare a cubetti.
prendo quindi una padella (magari a bordo alto) e faccio sciogliere lentamente un po' di burro.
depongo i dadini di pollo e aspetto che si cuocia un lato, senza farlo arrossire però.
pazientemente (cosa non si fa per amore) giro un dado alla volta fino a che tutti i lati siano dello stesso colore.
aggiungo sale e curry (a chi non fa male) e unisco i cubetti di mela.
intanto mi taglio dei brandelli di 'nduja da far scioglere lentamente, affinchè l'amalgama sia perfetta.

è esattamente in questo momento che in sottofondo sento distintamente il rumore di elicotteri seguito immediatamente dalla cavalcata delle valchirie.
il pensiero che si forma nella mia testa è: adoro l'odore della 'nduja di mattina... ha il profumo della vittoria.
miaperfidia sarebbe stata mia.

a questo punto aggiungo la panna e la faccio andare un pochetto, giusto per farle fare amicizia con gli altri ingredienti e porto in tavola.

c'è da dire che l'odore era più piccante del sapore e del curry non era rimasta traccia. (calabria 1 - india 0)
c'è da dire che a miaperfidia il piatto è piaciuto particolarmente.
c'è da dire che miaperfidia ha la mononuclesosi e quindi non so se.

ci pensi tu al dolce?

è che io dolci non ne faccio. cioé faccio lo strudel, ma è per questioni genetiche e di preservazione della memoria (pomposo, ma è così). quindi se mi si dice di pensare al dolce per la cena, al massimo posso comprare i profiterol, o la busta di preparato chimico che poi messo in forno ambisce a farsi chiamare torta.
questa volta però unisco un insuccesso al clima della stagione alla voglia, e a un notevole sforzo di fantasia. non so se una marmellata si possa definire dolce. cioé, è dolce di sicuro, ma è inadatta a chiudere una cena. soprattutto se il menù della cena è ignoto.
l'insuccesso è quello dell'ultima cena (detto così...), che quelle castagne sono state una sofferenza sia a pelarle sia a mangiarle. allora ne prendo un altro baslotto (se non sapete cos'è, fate così con le mani. ecco, quella quantità lì) e lo butto in acqua, questa volta con un pizzico di sale e una spolverata di semi di finocchio. sarà che alla slunga son più fresche che alla sm(inchi)a, ma questa volta si pelano con facilità. la pellicina non passa dal pelapatate, per cui ci siamo. alla fine ecco una specie di purée dolciastro. faccio uno sciroppo con tanto zucchero quanto purée e tanta acqua quanto mi dice l'occhio (direi un paio di bicchieri, ma chissà), faccio bollire con la stecca di vaniglia, poi ci metto insieme le castagne e le cuocio a fuoco lento e girando perché non si attacchino. non sapendo quando son pronte, decido di fermarmi un attimo prima che la marmellata diventi talmente densa da non riuscire a metterla nei vasetti.
tanto lo so che ci resterà molto, molto poco.
ancora non ho la risposta: chissà se la marmellata di castagne è un dolce.

21 ottobre 2010

sono a milano, hai da fare?


No, ti aspetto.

Ed aspettando indago il frigorifero: ho delle melazane grigliate ma sono stanca di vederle nella loro melanzanità, dunque aggiungo aglio e prezzemolo e le frullo.
Nel freezer ho un petto di pollo ed una fetta di fegato, faccio sciogliere il ghiaccio sulla griglia e frullo pure quelli.
Impasto con un uovo, pangrattato, grana e pecorino, do forma di polpette e metto in forno.
E mentre aspetto te e le polpette mi apro una birra.

la ricetta a strati invertiti

quando le ho provate, a casa di un collega che conoscevo appena, erano perfette. il collega, non sospettando che la mia attenzione era già stata sufficiente, mi passò la ricetta. come molti ingegneri, il collega ha dei processi mentali precisi, immodificabili ma tutti suoi. come si può pensare di elencare gli ingredienti dall'alto in basso? pinoli, lardo, lasagna, chévre, lardo, crema di castagne, lasagna, chévre, lardo, crema di castagne, lasagna.
per distinguermi da tanta complessità mentale, e non confondermi con un ingegnere, dovevo cambiare qualcosa. oltre a ribaltare l'elenco dal basso in alto, ho provato con le lasagne fatte con il grano saraceno, e con una granella di noci e pinoli al posto dei soli pinoli.

ah, nella salsina di spinacini frullati con un po' di olio, la prossima volta devo ricordare di metterci il sale!


p.s. ecco le foto della cena del forno!

19 ottobre 2010

jam session 7. la fredda cronaca.

La giornata è iniziata il giorno prima, con il trasporto delle sedie rosa dalla trattoria (grazie Mario!) a casa ed è proseguita la mattina dopo con il trasporto di 700 litri circa di acqua e birra dal supermercato a qui.
E c'è chi dice che la Smart è piccola, tsk!

Il primo ad arrivare è stato Oltranzista con una stationwagon piena di piatti, posate, tovaglia e tovaglioli (grazie Olt!) oltre a 60 chili di castagne approfitto subito della tua pentola e le metto a lessare.

Subito dopo è arrivata Cassiebbella con quella decina di bottigliette di birra belga che non devono mai mancare nella borsa di una donna di classe.

Papoff ci ha trovato già a tavola con giusto un paio di ciotole colme di beni di conforto e le castagne da sbucciare, compito ingrato cui si è piegato prima di affascinarci con un cuore di petto di pollo così tenero e roseo che doveva essere per forza quello di un pollo bambino.

Cinas ha dato il via all'aperitivo (quella di prima era merenda) con una bottiglia di bolle, mentre Suaperfidia e Ilissili sono giunti giusto in tempo per incontrare quei quattro negroni che ad invitarli fanno tanto politically correct.

Nel mentre le nostre gole venivano bagnate dalla qualsiasi, con una perfezione di gesti e di tempi che ancora mi lascia esterrefatta, si componeva il menù che avrebbe deliziato i nostri palati:
aringhe allattate in insalata,
torta di alici (secondo me vincitrice assoluta della serata),
lasagnette saracene con castagne e lardo e caprino,
crema di ceci con speck e buccia di limone,
involtini di melanzana e branzino,
pollo con curry, mele e 'nduja,
crème brûlée;
'sti cazzi, direi, se non fossi un donnino a modino.

Ovviamente il tutto accompagnato da ciance e risate.
Siete belli, gente.

18 ottobre 2010

Panoramica

oltranzista ha perso mezzo milione di punti e lui sa perchè. ne ha poi riguadagnati mezzo milione e uno e lui sa perchè.
papoff ha cucinato il piatto più fusion che ci sia. e anche buono. e si va a mangiare assieme, che si abita vicino vicino.
tiziana è stata splendida. e poi è una creativa. e c'ho il senso di colpa per la lavastoviglie, ecco.
cassiera è veleggiata alta e distante. mi ha cazziato perchè ho mangiato doppia razione di crema.
jessica, eh, aveva il cappellino più bello del mondo. e sa fare il cinghiale. e poi.
issili, me lo affitto. un sociologo fa sempre comodo. se poi ha anche le tue idee, ti  aumenta l'autostima.
cinas è stato molto molto molto bene.


una domenica passata "infoNdoasinistra"



CONSIGLI DIETETICI PER I PAZIENTI AFFETTI DA INTESTINO IRRITABILE

Il paziente dovrà evitare di consumare o consumare in quantità modiche i seguenti alimenti:

porri,  cicoria, cipolla, legumi (piselli, fagioli, ceci, etc.) fagiolini, cavolfiore e, in genere, tutte le verdure "dure", contenenti molto "gambo"

Cachi, uva, fichi, fichi d'india, frutta secca, castagne, zucca,  melone, prugne, frutta sciroppata, miele.
Introdurre molti liquidi ma evitare l'alcool, soprattutto superalcolici.


papo: non parla della 'nduja ma ho qualche sospetto cha anche quella non rientri. non è che dentro c'era anche l'acqua della fontana vecchia ?

vi amo. rimangerei tutto anche adesso. era buonissimo.

Indianate

L'arte è ricerca continua, assimilazione delle esperienze passate, aggiunta di esperienze nuove, nelle forma, nel contenuto, nella materia, nella tecnica, nei mezzi.

Bruno Munari


Eravam di meno sta volta e allora sembrava più intimo.
O almeno a me è parso così.
Ridere
e poi anche il vino in piccoli portacandele.
Casa/fili/lettere/rubinetti/viola/arancione/pareti/Moira Orfei

Se devo dire qual'è stato il momento più bello
dico quello del caffè bevuto in sei dalla stessa tazza col sapore del campeggio.
La settima non l'ha bevuto,
ma solo perchè aveva appena offerto la creme brulee
che per me, a sto giro, ha vinto il primo premio.

14 ottobre 2010

f (l) o o d


Sarebbe cosa buona se ognuno portasse il vino che accompagna il cibo suo: io mi premuro di avere acqua e birra in abbondanza.
Ho anche delle cocacola, se qualcuno di voi mi supplica posso anche metterle in frigorifero.
E se mi paga non faccio la spia.

12 ottobre 2010

Il Fagiano

L’hai mangiato in tutti i modi, arrosto, col risotto stile ossobuco alla milanese, farcito, tritato in un ottimo patè.
Un giorno qualcuno ti dice, alla panna?
Prima di colpirlo con una roncola ci ragiono, vabbeh che sarà mai, qualcosa di semplice e magari veloce.
Ho passato la gioventù a mangiare fagiani che mio padre portava a casa impallinati la domenica sera, ora che me ne hanno regalato uno invento una ricetta.
Il fagiano è un animale nobile, ma francamente spennarlo ed eviscerarlo è un lavoro del diavolo, per cui le alternative sono due, avere un amico in cascina, rivolgersi al macellaio a pagamento (e mica tutti lo fanno).
Fortunatamente vado sotto la prima opzione e la bestia mi viene restituita intonsa.
Con un bel trinciante affilato lo faccio a pezzi, poi metto in piedi la consueta marinatura stile carne alla griglia, olio EV, odori vari, sale/pepe, ripongo in casseruola, poi in frigo per una notte.
La domenica mattina è l’ideale per riempire la casa di odori di cucina.
Scalogno tritato e olio in padella, passo i pezzi di fagiano in farina e li faccio rosolare, sfumo con un bicchierino di brandy e tolgo i pezzi, aggiungo nella padella panna abbondante e restringo mescolando bene.
Rimetto in padella il fagiano fino a cottura ultimata.
Ottimo contorno possibile, funghi trifolati.

Due consigli per chiudere:
Inferno della Valtellina per accompagnare.
Quando si mangia un selvatico non di allevamento sempre attenzione ai pallini sotto i denti.

11 ottobre 2010

Valori


Il Tartufo Bianco d'Alba è l'inequivocabile prova dell'esistenza di Dio.

6 ottobre 2010

Marzamemi è un paese grande come una tonnara


Un po' fighetto, ammetto, ma che vuoi che sia per una che viene da Milano?
Comunque, fuori dalla tonnara c'è la periferia di Marzamemi, che è grande come due capannoni.
I due vendono prodotti conservati ed, ovviamente, si odiano (non lo dicono, ma vuoi che corra buon sangue tra due che vendono le stesse cose in un paese grande come una tonnara?).
Scegliere tra i due - se non sei del posto e sei amico di uno dei due ed odii l'altro - suppongo sia affidato al da dove arrivi: uno se un attimo prima eri a Pachino, l'altro se ti sei lasciato Vendicari alle spalle.
In ogni caso sappi che varcare uno di quei portoni ti condanna senza scampo al girone dei golosi ma, io ne sono la prova vivente, hai tempo in abbondanza per assaggiare tutto. E quando dico tutto intendo che ho scorte di leccornie per i prossimi tre mesi (quello che incontri arrivando da sud spedisce a domicilio ma figurati se non lo fa anche l'altro, cosa che ti toglie anche l'ultima resistenza, il non ho posto in valigia) o forse tre anni se, come stasera, il contributo di cotanta merce è limitato a qualche pomodoro secco ed un'acciuga aggiunti ad una pasta con le melanzane.
Giusto due cose, ma con lacrimuccia: perchè il sapore è uguale, ed è delizia, però cenare qui era tutta un'altra cosa.

[nemmeno il cioccolato di Modica alla mandorla basta a consolare]

4 ottobre 2010

stretti, stretti, nell'estasi d'amor..


Mentendo a me stessa ho deciso che in minicasa possiamo starci in 12 e dato che il totale degli aderenti fa 11 ci staremo quasi larghi..
Essa - minicasa - offre ben poco MA
per sedie, piatti, bicchieri e posate mi farò trovar pronta;
le pentole dovete portarle perchè ne possiedo solo 2;
la cucina consta di 4 fuochi, 1 forno ed 1 bistecchiera elettrica;
utensili mah, se volete esser certi che non manchino portatevi anche quelli;
non ho aceto nè burro;
ho tanto amore, simpatia ed allegria;
e posso anche ospitare due persone.

Ovviamente chi non sa come arrivare in questo paradiso non ha che da scrivermi in pvt.
Ci vediamo il 16.
Ciccini.

il settimo menù

allora che si mangia?
che poi non è che arrivate tutti con l'idea di fare gli spaghetti al pomodoro...
niente di male, eh. anzi ci sarebbe comunque da imparare.

papoff: primo o secondo
oltranzista: primo!
unastranastrega: secondo
miaperfidia: pro-pasto
morfea: secondo
issilli: antipasto
cassiera: dolce
cinas: minestra
sammy: segreto
carvalho: pacco
rebowsky: dice, dice, ma poi non dice più
davider: sparito nella nebbia col suo puledro ed una brasiliana, mi pare


********************************************************************************************************
P.S. da UnaStranaStrega:
Visto che se lo scrivo altrove non mi si fila manco de pezza, provo qui: hey, voi, vi aspetto a casa mia, facciamo che dalle quattro in poi sono aperta ma se qualcuno arriva prima basta che citofoni forte ed io mi sveglio.
Indicazioni di massima per chi arriva in macchina: tangenziale uscita Forlanini (la stessa di Linate ma non verso l'aeroporto). per chi arriva in treno: ti si viene a prendere; per tutti, se non ricordate l'indirizzo chiedetemelo.

30 settembre 2010

torta nord-sud-ovest-est

ingredienti :

  • una cassiera orobica e una meno (molto meno orobica e molto più simpatica)

  • pasta frolla (due palle)

  • ricotta (una)

  • amaretti (se t'accatti quelli della viscienzi ggià sta la ggiusta quantità)

  • mandorle (na manciatella... fai tu)


il racconto da cassa a cassa suonava più o meno così :

- sientammé bbella sta torta fascile fascile quant'ebbuona:
- dimmi tresor..
- prendi la frolla e la dividi in due palle no?
spezzetti una palla accussì come ti viene sul funnu de sta teglia no?
unisci tutto 'nzemmula la ricotta gli amaretti sbrisciolati e le mandorle no? a mettici un uovo dentro.
peffinire l'altra palla ancora la spezzetti sopra sta cosa della ricotta. la ricotta dovrebbe essere quella nostra quella che ancora profuma di latte caldo e si scioglie in bocca. ma qui non la trovi.
- [...]

- inforni e aspetti. furnuta, hai capito ?

- si. capito. ta voli ben. stasira la pröe.


25 settembre 2010

alici-fondo e alici-coperchio

"Il pesce azzurro fa bene", "mangiate il pesce azzurro", "il pesce azzurro è ricco di Omega 3", "la categoria pesce azzurro non esiste", "pesce azzurro economicomachic", "il grasso buono e quello cattivo"... tra giudizi di valore circa le masse lipidiche e noiose indicazioni nazional-popolari sulla dieta italiana mi sento un po' stretto. Le alici al forno sono buone e questo basta per collegarle alla mia bocca.
Quindi, pulisco metà delle alici a disposizione (si trovano già pulite... per fortuna) e le adagio, pelle in giù, sul fondo di un contenitore, precedentemente unto, che possa sopportare il calore del forno (io uso una terrina di ceramica, di quelle che si 'vincono' con i punti Slunga). La quantità di alici necessarie è pari a due volte la quantità che serve per foderare il fondo della terrina che vorrete utilizzare.
Trito poi un mazzo di prezzemolo, una manciata di pinoli, qualche cappero, aglio e pan grattato.
Stendo il trito, abbonante, fino a ricoprire tutte le alici-fondo. Olio e.v. a volontà. Ricopro lo strato di trito con le alici-coperchio, quelle avanzate. Abbondante pan grattato, sale, olio e.v.
Accendo il forno e, quando è caldo, vi infilo la terrina con le alici, che lascio 10-15 min, finchè le alici-coperchio non s'abbronzano un po'... et voilà
Varianti volanti prevedono, nel trito, semi di finocchio...

24 settembre 2010

il piatto per il viandante

ogni volta che càpito da casa sua c'è una pentola sui fornelli, con qualcosa di pronto. come se il cibo cucinato fosse lì ad aspettare un ospite di passaggio occasionale, uno di quelli che citofonano senza avvisare, e salgono a fare due chiacchiere. questa volta era un profumo di funghi, che non corrispondeva per niente alla padella con peperoni verdi, quelli stretti e lunghi che non so come si chiamano, saltati in padella a fuoco lento con un filo d'olio, uno spicchio d'aglio, un po' di capperi e, forse, un'acciuga. li spiluccavo distrattamente con una mano, mentre con l'altra coccolavo un cane, mentre il cervello si rilassava, mentre ascoltavo.

15 settembre 2010

imho

in quanto ideatore, fondatore e - per quel poco che la mia balbuzie sociale mi consente - animatore, mi permetto di dare un'interpretazione a quanto viene scritto in questo blog.

il cibo fa parte dell'uomo e della sua cultura, e credo fortemente che nessuna cultura possa definirsi migliore o peggiore di un'altra, qualunque essa sia. le abitudini alimentari di una persona o di un popolo fanno parte della sua ricchezza, e non possono essere contestate, così come non possono essere imposte, se non limitando la libertà di quella persona o di quel popolo. il fatto che ci siano persone o culture che accettano il consumo di cibi che noi non siamo disposti a consumare non ci dà il diritto di vietarli, come non dà loro il diritto di imporceli. allo stesso modo non ci dà il diritto di attaccare o insultare qualcuno solo perché mangia cose che noi non siamo disposti a mangiare, o perché si ostina a non mangiarle. come facile esempio, il fatto che buona parte della popolazione umana consumi carne (o determinati tipi di carne, o di verdura o altre sostanze), e quindi causi la morte di altri esseri viventi per la propria sopravvivenza o il proprio gusto è, per l'appunto, un fatto. chiunque può contestarlo modificando le proprie abitudini alimentari, ma non può costringere altri a fare altrettanto.

per questo motivo questo blog non si dichiara vegetariano né vegano, né segue o promuove alcuna disciplina alimentare, né esclude la carne di qualunque animale (o eventualmente altre sostanze di origine non animale) il cui consumo non sia vietato dalla legge. al contrario, permette a chi vi partecipa di contribuire secondo le proprie conoscenze, tradizioni, idee e convinzioni. l'unico limite sta alla sensibilità e all'intelligenza di ognuno nell'accogliere, rifiutare o discutere di qualunque ricetta, entro i limiti dell'educazione e del rispetto reciproco.

chi mi conosce sa bene che il riferimento a sinistra del nome del blog non è politico, ma è un tentativo di guardare le cose da un punto di vista che non sia quello di una massa acritica e credulona, mettendo da parte i dogmi del comune sentire a vantaggio dell'intelligenza. chiunque abbia voglia di aiutarmi in questo attraverso i suoi racconti di cucina è il benvenuto.
non intendo moderare né i post né i commenti, non avrei il tempo di controllarli e non avrebbe senso in un blog a cui partecipano tante persone con in comune la passione per la cucina, la scrittura e la compagnia. tuttavia mi riservo la facoltà di cancellare post e/o commenti qualora fossero offensivi o contenessero insulti verso altri partecipanti al blog o i suoi lettori. se questo è successo in passato me ne scuso con tutti.

buona cucina.

S.O.S Puré

Dopo aver trascorso le ultime due settimane chiusa dentro istituti ospedalieri, io ne sono uscita viva e vegeta mentre il  purè ne è uscito morto stecchito. Allora aiutatemi voi a rianimarlo:  ditemi come lo fate buono, svelatemi un trucco, suggeritemi un abbinamento, regalatemi dei bei ricordi che lo vedano protagonista, insomma, salviamolo dall'oblio del cibo da corsia.

14 settembre 2010

Brasiliana all'argentina

Nell'Alta Murgia, a pochi chilometri dal confine tra Puglia e Basilicata, c'è un paese chiamato Santeramo in Colle (d'ora in poi Santeramo e basta). Santeramo è noto nella zona perché le macellerie sono specializzate in carne di cavallo.

A questo punto vorrei tanto inserire il tag Continua a leggere subito dopo la fine del periodo che state leggendo, perché so che ci sono molte persone che non hanno mai mangiato carne di cavallo e che mai farebbero fare una brutta fine a un animale bello come il cavallo (pensa al dolce pony o al fiero stallone o al cavallo bianco del principe azzurro, o al cavallo di Lucky Luke: li mangeresti? io sì), o che addirittura c'è chi ignora che il cavallo si possa mangiare e quando glielo dico fa una faccia che manco se gli avessi detto che mangio i gatti, perciò se sei una di queste persone o peggio (un vegetariano animalista) non continuare a leggere: fermati qui. Lo dico per il tuo bene: quello che sto per scrivere potrebbe seriamente urtare la tua sensibilità.

Dunque, a Santeramo ci sono queste macellerie che hanno delle salette spartane, con tavoli, sedie e raramente qualcosa di ornamentale, e funziona così: tu vai lì, compri un tot di carne, poi vai nella saletta e aspetti. Dopo un po' la carne che hai comprato ti viene servita cotta, con pane, vino e altre cose su richiesta (formaggi, olive e simili). Molta gente va a farci le cene, perché si mangia tanto e si spende poco: in genere con 10 euro a cranio si fa fatica ad alzarsi dal tavolo.

Io ci sono stato a fine agosto con i miei amici, e ci siamo sfondati di carne di cavallo. Non ho più voluto sentir parlare di carne di cavallo fino a qualche giorno fa, quando sono andato alla coop e ho comprato un paio di fettine di puledro argentino (5 euro, 'mmocc a loro).

Tra le millanta portate che ci portarono quella sera, ce n'era una che il ragazzetto-cameriere chiamò "Brasiliana". «E com'è la brasiliana?» «È come una fettina normale, ma col formaggio.» Fico.

Voglio farlo, mi sono detto ieri ripensando a quanto era fico. Chiedo a Google come si fa la brasiliana, ma "cavallo alla brasiliana" non dà risultati, e "carne alla brasiliana" tira fuori ricette assurde in nessuna delle quali c'è il formaggio.

Allora me la sono inventata, e ho fatto così: ho messo una noce di burro a squagliarsi in padella; ho preso una cipolla della grandezza anch'essa di una noce, l'ho tagliata molto sottile, quasi a buccia di cipolla, e l'ho messa nel burro; quindi la fettina di puledro argentino e, quando era quasi pronta, ci ho messo sopra (prima da un verso, poi dall'altro) del Grana Padano grattugiato (quanto basta). Grazie all'effetto colla della fusione del formaggio, la fettina ha acchiappato anche le cipolle e devo dire che sia alla vista, sia al palato, somigliava molto alla brasiliana di Santeramo, anche se era cavallo dell'Argentina e non aveva niente a che fare con la vera brasiliana.

7 settembre 2010

Non tutte le cose 'orticanti' sono poi così fastidiose


Metti che erano giorni di maggio e tra noi si scherzava a raccogliere ortiche, arrivati in cucina, tra un'imprecazione e l'altra per l'irritazione della pianta (il gioco consiste nel raccoglierle a mani nude, ovviamente) è sufficiente metterle a scottare in un po' d'acqua dopo averle lavate bene.
In una padella fai appassire un paio di cipollotti tagliati a rondelle in un due cucchiai d'olio e aggiungi le ortiche per farle insaporire un po'.
Dopo un paio di minuti, le ortiche vanno aggiunte alle uova sbattute insieme ad un po' di formaggio ed il composto versato in una padella antiaderente sporcata da un po' d'olio. il tempo per la cottura e...  la frittata è fatta!!

Potrebbe essere applicabile anche alle persone, se non fosse per la difficoltà nel trovare un pentolone stile Cannibali del Borneo in cui fare sbollentare il soggetto e fargli perdere il fattore irritante. Mission impossible?

6 settembre 2010

andiam, andiam, andiamo a cucinar

vorresti avere ospiti a cena ma non vuoi cucinare tutto tu?
hai voglia di cucinare e mangiare bene ma vorresti cucinare un piatto solo?
vuoi conoscere altre persone che hanno la passione della cucina, e vederle all'opera?
vuoi far vedere con quanta leggiadria ti muovi tra i fornelli?
vuoi finalmente conoscere gli altri cuochi del blog?
allora segnati questa data: sedici ottobre duemiladieci.
a milano.
dove di preciso non si sa, dipende da quanti siamo.

le regole sono le solite: invito limitato a chi ha postato almeno una ricetta nell'ultimo anno, porzioni per quattro o al massimo sei, la fornitura del vino è affidata al buon cuore dei commensali. per strumenti di cucina diversi da pentole e mestoli, chiedete se ci sono o se li dovete portare. ognuno porta i propri ingredienti.
per chi viene da fuori, come sempre, un letto si trova.

chi c'è?


3 settembre 2010

non importa se non sai chi sono, li conosci nel momento in cui li vediai fornelli

erano tornati la sera prima da una battuta di pesca con la barca nuova. nessuno si è chiesto perché ci fossi anche io, e chi mi conosceva non ha chiesto chi fossi. l'importante era essere lì, riempire le sedie con noi e noi con il pesce pescato. ospiti di riguardo, che si guardavano intorno con occhi lucidi e fissi, erano tre naselli, due pesci lama, un paio di rombi e un numero imprecisato di altre bestie dal nome altrettanto imprecisato. conoscere una persona mentre cucina è particolare: càpita di non presentarsi nemmeno, e si parte subito con l'argomento cucina. in questo caso legato all'argomento pesca, l'argomento barca, l'argomento mare. i naselli finirono marinati, olio limone erbe sale fino a insaporirsi a vicenda, proprio come persone che conoscendosi acquisiscono ciascuno qualcosa degli altri. i rombi finirono a pezzetti, a disfarsi cuocendo con pomodoro erbe aglio per attaccarsi alla pasta, al dente perfetta. i lama finirono slamati, lunghe striscie argentee coperte di battuto di aglio, ancora erbe, pan grattato, poi arrotolati, spiedinati e grigliati. per finire, il misto di altri pesci, di cui mi è stato detto ma non ricordo il nome, è finito inpastellato e fritto, leggero e morbido come solo il pesce freschissimo può essere se avvolto in una pastella leggera leggera.
solo dopo quattro ore ho saputo che due erano veterinari, una fisioterapista, un libero professionista, una educatrice. ma penso a loro come mani ai fornelli, gemiti di gusto e risate. il resto non conta.

1 settembre 2010

micetificio

Quando entro in alcuni boschi accade che io mi senta un po' strano: accarezzo i larici, canto delle stupide canzoncine come dono al bosco, saltello con un equilibrio precario da un sasso all'altro e, a volte, cado rovinosamente al suolo.
Quando entro in alcuni boschi lo faccio per cercare i funghi: preparo il giorno prima lo zaino, mi alzo all'alba e, quasi sempre, dopo un'ora di salita spaccagambe mi pento amaramente d'esser partito: 'oggi niente funghi... ora torno indietro'. Poi, facendomi un po' di coraggio coi miei riti di cui sopra, mangio un lampone, una fragola, vedo uno scoiattolo, una lepre... e anche se non trovo che qualche giallino, sento di essermi riconciliato con un mondo esterno, che è anche un po' interiore.
Lo scorso fine settimana, invece, sono entrato nel bosco e ho iniziato a trovare funghi ovunque: un micetificio.
Tornato a casa, in Brianza, il giorno dopo, ho invitato una coppia di amici con cui avevo una pendenza culinaria. Così, in barba alla tossina porcina, ne ho affettato finissimo uno bello panciuto, ho aggiunto un po' d'olio e. v., due sgranate di pepe, un po' di sale e... gnam... come burro al profumo di nocciola, quasi inebriante.

irresistibili

Io i fichi posso mangiarli fino a scoppiare, scrisse ella prima che l'esplosione spargesse le bucce di un chilo di fichi per tutta la stanza.

29 agosto 2010

Io non volevo essere una di quelle donne che prende un uomo per la gola.

Mi sembrava che scrivere un racconto per un uomo, e regalarglielo, fosse un bel regalo, una roba di cui un uomo dovesse essere fiero e contento e grato.
Ma devo dire che le linguine con mazzancolle e zucchine che gli ho preparato l'altra sera, hanno avuto dei commenti più entusiasti.

(ieri sera era lì che mi chiedeva se poteva dire ai suoi amici quanto erano buone le linguine che gli avevo cucinato)

27 agosto 2010

O purpo se coce int' a l'acqua soja

Quello che vi racconto ha avuto luogo qualche anno orsono, a casa di un avvocato napoletano. Quello che vi racconto ha per sempre cambiato il mio rapporto con i polpi. L'avvocato, caratterizzato da circonferenza addominale pari all'altezza (ovviamente un potenziale falso positivo: essere panciuti non significa saper mangiare nè tantomento cucinare), si trovava solo con i figli ed un amico dei figli (io) nel dover organizzare una cena per non ricordo quale diavolo di festività. Tra gli ingredienti prescelti, appunto, un polpo. Essendo riconosciuto da taluni come competente in fatto di cucina, comprato l'essere tentacolato, avevo costruito attorno alla bestia l'immagine prevedibile della cottura standard: H2O, aceto, un tappo di sughero, etc... (già il finocchietto mi suona nuovo). Appena l'avvocato vide l'essere, il paolo, e le mie prime mosse per la sua preparazione inorridì e, con fare di rimprovero, mi disse: O purpo se coce int' a l'acqua soja. Da buon brianzolo, geneticamente chiuso alle novità, senza nemmeno sapere di cosa stesse parlando, risposi citando le numerose ricette che, avendo come ingrediente il polpo, consigliavano una cottura comunque standardizzata. L'avvocato, abituato ad avere a che fare con contestazioni plateali, argomentazioni sottili, prepotenze di ogni genere mi scansò senza indugi, versò un quantitativo apparentemente esagerato di olio di oliva (2-3 dita) in una pentola alta e di circonferenza ridotta (infinitesima rispetto a quella del suo addome), scaldò l'olio per qualche minuto, aggiunse due spicchi d'aglio, un po' di prezzemolo praticamente intero e, per finire, gettò il polpo paolo così com'era nell'olio intanto divenuto molto caldo. Mescolatina, coperchio, fiamma medio-bassa e arrivederci. Se ne andò a legger giornali.
Allarmato per il possibile destino del paolo tentai di far valere, senza successo, le mie ragioni: 'ma come si fa, con tutto quell'olio... e poi senz'acqua', 'ma poi, santiddio, il prezzemolo va messo alla fine!!!', 'per carità, il fuoco è troppo alto'. Talvolta, tuttavia, occorre ammettere la propria ignoranza, i propri errori, senza favellare. Il polpo, dopo 30 minuti su per giù (il tempo varia al variare del peso del paolo in questione), venne estratto da quella che ormai era diventata l'acqua soja (che a questo punto chiamerei il sudore di paolo) mischiata con tutto il resto, steso su un tagliere, ridotto a piccoli cubetti, mischiato con delle patate lesse, anch'esse ridotte a cubetti e condito con un po' della brodaglia untuosa e di olio crudo. Sfido chiunque, non dotato di tecnologie aliene, nel produrre un paolo altrettanto morbido e saporito. Da allora, ogni volta che cucino un paolo, lo chiamo gennaro, in onore dell'avvocato.
NB come se non bastasse, la brodaglia, il sudore del paolo, è sufficiente per svariati etti di pasta che, condita con il sudore, non necessità di null'altro... magari solo un pomodorino saltato...

26 agosto 2010

RISOTTO ALLA FRAGOLE

Non esistono cibi afrodisiaci. Perché allora, solo a sentire l'odore di queste fragole, chiudo gli occhi e penso a lui? Suggestione, mi ripeto. Immergo un dito nella panna montata. Lo lecco e sento un brivido. Se continuo così non riuscirò mai a cucinare. Qual'è il menù perfetto per l'amore? Una fragola mangiata in due? Banale. Stupida. Stupida. Smetti di sognare. Come se fosse facile, non so fare altro. Rovescio le fragole sulla tavola. Rotolano lentamente come biglie rosse sulla tovaglia candida. Le guardo. Ho deciso: niente dolcezza per lui, niente panna, niente dessert. Niente cuore.

Allora che ci faccio con queste fragole? Riso. Bianco, rigorosamente carnaroli, 250 gr. Per due persone. Forse è tanto, ma non mangeremo altro. Metto musica rock e mi trattengo a stento dal ballare mentre pelo un patata, una carota e una cipolla per fare il brodo. Odio i dadi, non li uso mai. Mentre il mio brodo bolle affetto mezza cipolla bianca, sottile sottile. Piango. Fingo che siano lacrime per lui. E rido tra le lacrime di me stessa e del mio gusto della commedia. Mi piace guardar soffriggere la cipolla nell'olio, mi piace l'odore che sale, mi piace lo sfrigolio che mi solletica l'orecchio. Mi piace vederla diventare bionda. Bionda come me. Appassisce, forse, come me. Rovescio il riso e lo faccio tostare per qualche minuto. Sfumo con mezzo bicchiere di vino bianco secco. Mi accorgo solo ora che me ne sono già bevuta mezza bottiglia. Ecco che cos'è questa strana euforia, non è voglia di lui. E' il vino. Già. Il Vino. Il vino ora è sfumato, come tutti i miei sogni, penso. Comincio ad aggiungere il brodo. Mentre aspetto che il riso si cuocia sminuzzo le fragole. Ne lascio intere solo qualcuna.

Tre minuti prima della fine della cottura del riso rovescio le fragole sminuzzate. Mi godo questa pioggia rossa e guardo il riso che diventa rosa, mentre lo giro lentamente. Lentamente, mi sto ipnotizzando da sola. Cazzo se era forte il vino. Aggiungo un fiocco di burro. Manteco. Manteco. Deve venire una crema. Lo voglio imboccare, stasera. Tolgo tutto dal fuoco e verso in un piatto di portata. Guarnisco il tutto con le fragole intere. Una qua e una là.

Una meraviglia di risotto alle fragole.

Resta un'unica fragola intera che non ho affettato. La troverà sulle mie labbra. Come antipasto.

24 agosto 2010

ah, la fame

olio di semi di girasole nella padella
vento
cipolla tagliata più fina che si può
patate (thin, little, piccolo, oh, questo non capisce fagli vedere)
carote
che ha detto? di mettersi al riparo, che sta arrivando un little sand storm. io mi porto la padella.
vabbè rimettila sul  fornello
è cotta

buonissimo, dopo 10 pasti a base di montone, il piatto di patate e carote cucinato nel deserto del Gobi.

23 agosto 2010

Ingredienti: pippe, tante pippe..

Doveva essere un banale branzino al sale con insalata di pomodori ma dopo aver sfilettato il pesce il trasferimento dal piatto di pulizia a quello della cena è andato malissimo.
E se c'è una cosa che non sopporto è che l'occhio non abbia la sua parte, dunque mi è toccato trovare una soluzione per i cocci di branzino che fosse diversa dal mavaffanculo aprendo il secchio della monnezza: uno screening accurato delle cose a disposizione e delle mie voglie (niente pasta al ragù di branzino, ad esempio), mi ha fatto decidere per la melanzana, teoricamente tonda ma in verità piuttosto allungata.
Da cui ho tagliato tre fette molto sottili nel senso della lunghezza (più altre un po' troppo cicciotte, ma quelle verran buone domani) che ho grigliato e su cui ho messo il pesce spappolato prima di arrotolarle su se stesse.
Tagliate a metà sembran proprio girelle, peccato il colore un po' smunto che sul piatto beige mette davvero tristezza.
Ma in fondo basta cambiare anche quello: grigio scuro e pomodori tagliati a dadini piccoli piccoli e finalmente è fatta: posso mettermi a tavola.
E intanto penso che forse ci stavan meglio le carote, ma per fortuna non ne ho.

21 agosto 2010

se spunta un fiore in bocca


Hai mai provato ad andare al mercato, quando in agosto le persone sono ancora via e le bancarelle traboccano di cose buone?

Stamattina io l'ho fatto.

Le sfumature di rosso e di giallo erano padrone della scena: le pesche tabachera (quelle schiacciate e deliziose brut ma bon diciamo noi), le angurie tagliate a fette, i pomidoro di tutte le dimensioni, i meloni e...i fiori di zucca.

Improvvidamente mi avvicino ad un banchetto ed ecco che vengo circuita da parole e profumi e persone, alle quali riesco a dire che vorrei qualche fiore di zucca...tre etti vanno bene? Ma sì.
Bene: tre etti di fiori di zucca sono una cassetta di fiori di zucca.

Ancora stupita vado verso casa con il mio carrello della nonna al seguito, già fortunatamente riempito di altri dolcissimi beni, e la cassetta come un vassoio tenuto sulla mano destra. Strada facendo rifletto: che farne?

Il sonnellino del sabato pomeriggio mi ha offerto spunto: ne farò frittelle e risotto, ma mi servono volontari perché da sola rischierei di morire di fiori di zucca.
Così, mentre rifletto, chiamo Lisa e Franco e Max i quali accettano volentieri e, nel frattempo, metto i fiori a bagno nella vasca. Eh sì, sono tanti e lì stanno bene.
Ne prendo più della metà, taglio via lo stelo e  divido in petali. Nel frattempo taglio a rondelle sottili due cipollotti freschi, quelli grossi quanto un mignolino, e faccio soffriggere in burro e olio in parti uguali; aggiungo i petali che fanno presto a ridursi a poco e spengo. Più tardi aggiungerò due pugni di carnaroli a persona più uno per la pentola, farò sfrigolare con del vino bianco e continuerò la cottura con del brodo vegetale (un pomodoro, una costa di sedano, una carota, un cipollotto  e un po' di prezzemolo...cose semplici, insomma). Ad un attimo dalla fine spolvererò di noce moscata e poco parmigiano e decorerò il piatto con qualche fiore fresco.

E le frittelle? Oh be', una pastella veloce fatta con farina, un pizzico di sale e birra al posto dell'acqua avvolgerà i fiori già riempiti con un tocchetto di mozzarella e un'acciughina, niente di più. Un salto nell'olio bollente fino a dorarle appena e poi subito nei piatti, ché sono così golose da voler saltare immediatamente in bocca, a rischio di ustione.

Ma che buoni i fiori di zucca!


9 agosto 2010

Dall'abruzzo con furore

Per fare questa ricetta ci vuole la padella di ferro, niente teflon o acciaio 18/10 o questa roba moderna, padella di ferro che nel mio dialetto si chiama fressore (e tutte le e sono mute) che è la parola più onomatopeica che conosco.
Mettete nella padella un po' d'olio, non molto, aggiungete un paio di spicchi d'aglio a cui non avete tolto la buccia, e una manciata di peperoni tagliati a listarelle sottili. Fate soffriggere per un po' e quando i peperoni saranno quasi cotti toglieteli e metteteli da parte.
Buttate nella padella quattro pomodori maturi sbucciati e tagliati a pezzettoni (e nel momento in cui i pomodori toccheranno il fondo rovente della padella capirete il perchè del nome in dialetto), alzate la fiamma e mescolate mescolate mescolate per tutto il tempo perchè il pomodoro tende ad attaccare. Dopo una mezz'ora o poco più il pomodoro è quasi cotto, ci ributtate dentro i peperoni, salate, mescolate ancora.
Già così questo piatto è una bontà, poi ci potete rompere dentro un paio di uova e le lasciate cuocere così, abbassando la fiamma e non mescolando più niente.
Si mangia con pane casereccio.
Se provate a farlo con una padella normale il piatto non riesce.
Ah, il piatto si chiama pomodoro cotto nella versione semplice e  uova in purgatorio nella versione più elaborata.

4 agosto 2010

Uno


Ci sono coppie che sono uno. Non unopiùuno, no, proprio uno e basta. Che non capisci dove sta il confine perchè il confine non c'è; niente bordi, nessuna divisione. Un uno. Pieno. Bello.
A volte mi capita con quasifidanzato quindi lo so come ci si sente e infatti, stasera, guardavo con aria complice gli straccetti di tacchino e i funghi mentre diventavano un uno in padella: l'infarinatura del primo che si scioglieva nell'acqua dei secondi, il colore di questi che indorava l'altro, il profumo di entrambi in un insieme armonico.
Avevano un sorriso ebete e felice.

28 luglio 2010

Confetti


... con la mandorla, rigorosamente.
La colleghina, sposata di fresco, te ne regala un chilo.
Ne mangi per due giorni.

27 luglio 2010

il sapore della vendetta

Avete litigato, lo inviti per un aperitivo, vuoi fare pace, pace a modo tuo. Metti del vino in cartone in frigo. Compri delle verdure per un pinzimonio. Un ciuffo di prezzemolo. Il pan briosche. Tre confezioni di cibo per gatti Gourmet: tonno, salmome, gamberi. Le apri, allunghi con della maionese quella che puzza di meno, a mio avviso il salmone. La spalmi sul pane. Ci metti pure il ciuffo ci prezzemolo. Il vino in una caraffa, i crostini ben disposti sul piatto. Tu sei a dieta e puoi mangiare solo il pinzimonio e bere acqua, ma ti lecchi comunque i baffi.

Ferie forzate

Sono in vacanza. Come cuoco, dico.

Da una settimana sono tornato a casa, e da quando sono tornato mi è stato proibito l'accesso ai fornelli. Certo, non c'è scritto da nessuna parte "Vietato cucinare" ma c'è una specie di regola non scritta che vale per tutti i figli che tornano a casa.

Anche se non me l'ha mai detto nessuno, so che quando metto piede qui posso solo sedere a tavola e dire: «Buono, mamma!» e «Ancora, mamma!»; e guai se non lo dico per tutto ciò che viene introdotto nel mio esofago con un grosso imbuto.

Non mi lamento mica, eh. Volevo solo dirvi che torno a settembre.

26 luglio 2010

romanismi alternativi

io volevo solamente dire che la pasta alla gricia
fatta con il latte di soia al posto di quello vaccino
viene una merda.

21 luglio 2010

Pasta fredda che di questi tempi è oro che cola

Prendete delle penne le fate cuocere, tenendole al dente, perchè io sono per la pasta al dente.
A parte nel forno cuocete un peperone rosso, quando è pronto lasciatelo raffreddare nel forno, verra mille volte meglio da spellare in seguito.
Tagliate a cubetti del prosciutto cotto comprato in una fetta unica, le olive verdi o nere denocciolate, due pomodori maturi a cubetti e della mozzarella...io ho comprato le orecchiette di mozzarella e aggiungete l peperone precedentemente spellato e tagliato a listarelle, condite con olio sale, pepe e origano e aggiungete le penne raffreddate sotto l'acqua corrente,mescolate il tutto coprite e tenete un oretta in frigo per farla insaporire.

[Se avanza, potete benissimo fare aggiunte in seguito d'ingredienti...io oggi per esempio metterò del tonno...]

20 luglio 2010

A mia nonna

Si chiama formaggio fritto.
Ma da qualche parte lo chiamano formaggio pastellato, per dargli un tono.
In realtà non ha bisogno di un tono, contiene in sè tutta la dignità dei contadini, non gli servono i fronzoli.
La pastella si fa con un uovo, farina q.b. (quanto mi piace scrivere q.b., suona professionale), acqua q.b., un pizzico di sale, mia nonna ci metteva pure un po' di birra.
Il formaggio deve essere di mucca, o al limite misto (lo specifico perchè qui da me il formaggio è soprattutto di pecora) e deve essere fresco, ma non troppo fresco, io non so neanche se si vende al supermercato un formaggio così, lo compro da una contadina vicino casa, quando non lo fa mia madre.
Tagli una fetta di formaggio spessa mezzo centimetro, la metti nella pastella e poi la metti a friggere in una padella dove hai fatto riscaldare abbondante olio.
Dovresti girarlo una volta sola.
E se ti viene bene e il formaggio è quello giusto, dentro la pastella dovrebbe diventare filante, il formaggio.
Ora vado a farmelo per cena.

Poi, nella stessa pastella, se ti avanza, puoi metterci una fetta di pane.
Il pane fritto ce lo faceva mia nonna, per merenda.
E a volte, con quella pastella, ci faceva le crepes che non si chiamavano crepes ma con una parola che non saprei come scrivere.
(Sono preoccupata, non per il formaggio, sono preoccupata e dovevo dirlo a qualcuno.
Sono preoccupata e quando sono preoccupata penso a mia nonna e alle sue merende quando eravamo bambini.)

12 luglio 2010

il cefalopode di oberhausen

finiti i mondiali, il polpo paul, diventato oramai una celebrità per aver azzeccato tutti i pronostici, sconfitta della germania inclusa, non rischia la vita, in quanto i tedeschi (il simpatico tentacoloso risiede nella cittadina di oberhausen) nemmeno immaginano quanto possa essere gustoso.
ma pensiamo a cosa sarebbe potuto succedergli se quel giorno, al largo dell'isola dell'elba, invece che una studiosa teutonica, l'avesse pescato un'imbarcazione battente bandiera italiana dal nome ancòra-infornoasinistra.
subitamente lo si avrebbe battezzato, col nome di paolo, più e più volte contro la chiglia della suddetta imbarcazione.
sfruttando poi la sempre fornitissima cucina di cambusa, si sarebbero cercate delle pentole atte a contenerlo.
non essendocene, la dotazione in barca non è mai barocca, memori della fine del santo di cui porta il nome, lo si sarebbe decapitato, pulito e fatto in pezzi.
a questo punto la pentola ideonea sarebbe saltata fuori e sarebbe stata riempita con acqua, sedano o quel c'è, un goccino-ino di aceto, sale e...paolo.
in contemporanea sarebbe partita un'altra pentola con delle patate già sbucciate e in pezzi. che la dotazione della cambusa mica è cambiata nel frattempo.
dopo un tot di tempo, a furia di assaggiarne dei pezzetti, si sarebbe capito che il momento era arrivato.
si sarebbe scolato tutto, unito e saltato (in una delle pentole già usate) con aglio e olio. e in caso prezzemolo.
a corredo si sarebbe aperta una bottiglia di verdicchio.

e invece paul è li, nella sua vasca, a mangiare cozze contenute in contenitori trasparenti segnati con delle bandierine, decidendo della sconfitta della germania.
solo dei  tedeschi potevano mettere il proprio destino (calcistico) nelle mani (molte) di un polpo italiano.

6 luglio 2010

L'angolo della perplessità

Ieri ho comprato un mango. Lo fisso, lo giro, lo tasto. Non so da dove cominciare.

5 luglio 2010

L'angolo della disperazione


Cosa ci faccio con un cavolfiore gigante se anche solo l'idea di accendere un fuoco mi fa stare male come se mi ci dovessi metter sopra io?

3 luglio 2010

la mozzarella in carrozza


Ci sono giorni in cui della ciccia non me ne frega assolutamente niente -giorni...diciamo momenti, quelli in cui ho comunque voglia di qualcosa che non sia becchime o verdurame- e allora mi si apre il mondo del fritto.

Non so perché questa pietanza abbia questo nome ma so per certo che quando la mangio mi sento come cenerentola prima di mezzanotte.

Dunque, colta da questo momento ciccia-free prendo su una mozzarella, la guardo per sincerarmi che non diventi blu (ma è di bufala, al limite è colma di diossina e quella mica si vede) e la taglio a fette.

Preparo quattro piatti: in uno il latte, nell'altro l'uovo sbattuto, nel terzo il pan grattato.
Prendo le fette di pane bianco (quello confezionato, ché quando mi prende il momento ciccia-free non ho mai pane vero in casa), ci metto dentro qualche fettina di mozzarella e le faccio imbibire un pochino di latte; subito dopo passaggio nell'uovo e infine nel pan grattato, come se fossero delle milanesi.
Il quarto piatto serve a posare il risultato prima che esso vada in padella.

Oh certo, in una bella padella d'olio buono e abbondante e alla temperatura giusta (il buono non prevede mai l'olio di semi), aiutandomi con una spatola, metto a friggere le bontà, pochi minuti da una parte e dall'altra.

Et voilà!

29 giugno 2010

Quanto è difficile cuocere bene le patate.

Nel mio dialetto si chiamano patate alla cellarotte (le "e" non si pronunciano, sono tutte mute, la "o" è aperta).
L'aggettivo "cellarotte" deriva dal nome di un paese vicino al mio, un paese molto di montagna, carino carino, più famoso per le cantine sotterranee in cui gli abitanti distillano grappe che bevono a fiumi durante le feste, che non per le patate.
Io le chiamo anche patate appiccicate.
Comunque l'altra sera avevo voglia di queste patate appiccicate che sono una variante delle patate fritte.
Allora ho sbucciato due patate, le ho tagliate a fette rotonde sottili - tipo patatine chips, per capirci - le ho tagliate, dicevo con il tagliapatate. A dire il vero ero indecisa se tagliarle col coltello, e in tal caso le fette rotonde vengono un po' più spesse, qualche millimetro, però alla fine ho deciso di usare il tagliapatate che fa le fette sottili sottili, quasi trasparenti, troppo sottili secondo me e mi sono pure affettata un pollice.
Ho messo l'olio nella padella antiaderente, la padella sul fuoco, uno spicchio d'aglio che a me l'aglio piace, e quando l'olio mi sembrava giusto ci ho versato dentro le patate a rondelle.
Ho coperto il tutto con il coperchio e mi sono messa ad aspettare prestando attenzione a quel che facevo perchè ho imparato che il cibo, come gli essere umani, vuole attenzione.
Dopo qualche minuto mi sono accorta che l'olio era tanto, troppo, decisamente troppo.
Ho scolato l'olio in eccesso nel lavandino. Dopodichè  è andata meglio.
Le patate appiccicate vanno girate e rigirate.
Si aggiunge il sale quando vi pare.
Poi, quando sono cotte e un po' spappolate (non devono venire croccanti) ci si rompe dentro un uovo o due, si sala anche l'uovo, si gira e si rigira.
Di solito vengono buonissime, ma l'altra sera ho sbagliato con l'olio, di olio ce ne va poco, dice mia madre, perchè altrimenti le patate così sottili se lo bevono tutto.
E un'altra cosa importante non ho capito è come deve essere la fiamma, ho improvvisato, la abbassavo e la alzavo osservando il grado di cottura/bruciacchiatura delle patate.
Insomma, è difficile friggere bene le patate.

(C'è una variante di questa ricetta fatta con le patate lesse avanzate, io ne andavo matta da piccola)

23 giugno 2010

veliko pivo

tre settimane in iyjugoslavia (scegliere un'iniziale a piacere) sono a base di cevapi (o cevapcici, ma non dove li hanno inventati, pare). carne, cipolla e pane. roba da scorbuto. ho voglia di verdure, vitamine, sali.
con immenso piacere torno a casa e trovo che l'amico serbo mi ha riempito il frigorifero un po' di tutto. ci metto poco a pensare che quello che è in casa mia posso mangiarlo, al limite lo si ricompra. comincio con una vaschetta di pancetta (affumicata, ma non avrei avuto remore con una dolce) a sfrigolare e a far appassire una cipolla. apro la birra. bevo un sorso e aggiungo una melanzana, due zucchine, un peperone, due patate (piccole, altrimenti una, penso mentre le taglio). tutto con calma, lasciando frrrrrisciare quello che è già dentro e chiedendomi quale sia l'ordine giusto (ne avevo già scritto, credo. non ho ancora imparato). sorso di birra. due pomodori secchi sminuzzati. scorro le spezie e scelgo paprika, curry, alloro, maggiorana (non a caso ma quasi). guardo con soddisfazione e penso che se non ci metto qualcosa di umido si attacca... prima di pensare all'acqua ci rovescio dentro la lattina.
ci sta tutta. e pure bene.

(adoro scrivere le ricette mentre sto mangiando il risultato)

(questo post ha troppe parentesi)

(ma non me ne frega niente)

22 giugno 2010

Crostata su moleskine

E' uscita la moleskine delle ricette, l'hai comprata subito. Ci hai scritto già qualche ricetta qua e là, sbagliando anche le pagine, ma fa niente, sei contenta lo stesso, tu e la tua dipendenza da quadernetti.
Per di più sul sito delle moleskine c'è anche il template, così puoi copiare e incollare le ricette, stampare la pagina e incollarla tutta bella ordinata sul taccuino, così sembra un libro (ma allora che gusto c'è?).
La ricetta che hai copiato, incollato e stampato ieri è quella della pâte sucree, che poi sarebbe un'alternativa alla pasta frolla di base per le crostate. Così poi a casa, tutta fiera, hai ammorbidito un po' di burro, aggiunto lo zucchero a velo che profuma di vaniglia e mette allegria, due manciate di mandorle, quelle bio che ti arrivano dalla Sicilia tritate fini fini fini col frullatore, un uovo, farina setacciata e un bel giro veloce con l'impastatore che è il tuo elettrodomestico preferito, sperando che non lo venga a sapere la macchina del caffè, che è stata lei per anni la tua preferita.
Hai fatto una pallottola del tutto e l'hai lasciata in frigo mentre cenavi, ti facevi l'impacco ai capelli, la doccia, la piega. Poi hai steso la pasta, l'hai messa in una teglia. Hai scelto con calma la marmellata, volevi quella di pere e vaniglia, ma non sei riuscita a trovarla. Hai ripiegato su pere e cannella. Hai steso la marmellata, fatto un paio di reticoli, ma pochi che ti era rimasta poca pasta e infornato una mezz'oretta.
La pagina la devi ancora incollare.
Con la marmellata rimasta hai fatto colazione stamattina, spalmata sul pane. La crostata invece la mangi domani col moroso quando torna da Vienna.

17 giugno 2010

come non detto


I migliori hanno aderito ma questa piccola elite non era sufficiente a riempire l'agriturismo dunque ho disdetto la prenotazione.
Se i migliori avessero comunque voglia di venire per l'ennesima volta a Milano - anche gli altri, ma sappiano che gli si farà velatamente notare che tsk! - possiamo comunque fare un'infornata a casuccia mia.
Cheers

14 giugno 2010

Dei bisogni

Deve essere che il corpo lo sa da sè di cosa ha bisogno.
Non mi intendo di queste cose, ma deve essere così se ti ritrovi davanti al bancone della macelleria a chiedere una  bistecca di vitello.
"Con l'osso" dici e non sai se è una precisazione necessaria perchè le bistecche di vitello di solito le ignori, non ti piacciono, ne stai alla larga, prediligi altro. "Alta almeno due centimetri" aggiungi, altra informazione che non sai se serve.
A casa la tagli a metà perchè mangiarla tutta è un'impresa impossibile per una che ha la taglia trentotto.
Metti a marinare la metà con l'osso nel limone, aggiungi aglio, prezzemolo, erbapepe, rosmarino e un po' (poco) di origano (stai improvvisando, utilizzi gli aromi così come li trovi nell'orto davanti a casa).
L'altra metà la metti in frigo.
Intanto accendi il fuoco nel camino, legna di ulivo perchè tua madre dice che per fare la brace è migliore della legna di faggio.
Il fuoco arde, la bistecca sta marinando, tu leggi un libro.
Quando la brace ti sembra pronta prendi la bistecca, la metti sulla graticola, metti le erbette marinate sopra la bistecca e fai cuocere per qualche minuto. Ah, dimenticavo, aggiungi il sale ovviamente.
La mangi poco dopo, al sangue.
Hai sempre pensato che la carne al sangue  è una schifezza eppure oggi ti sembra buonissima.
Si vede che ne avevi bisogno.
Deve essere che il tuo corpo ne  aveva proprio un gran bisogno.

(l'altra metà della bistecca la mangi la sera dopo, stesso procedimento di preparazione e cottura)