16 dicembre 2007

Panelle

Domani arrivano gli ingordi. Bassi, brutti, cattivi, pelati. E affamati, soprattutto, di quella fame che non bastano due spaghetti aglio e olio -alla mr dibbs, naturalmente- o le zucchine a scapece per sfamarli.
Bisogna prima intupparli. Fare effetto massa.
Ma con qualcosa di irresistibile.
Allora lascio sciogliere in un litro e mezzo di acqua fredda cinquecento grammi di farina di ceci, un po' di sale e pepe nero, mescolando molto bene. Poi, butto la pentola sul fuoco e mescolo a lungo, una mezz'oretta circa, finchè l'impasto non diventa compatto -quando il braccio che gira comincia a dolere ci siamo quasi. Quindi aggiungo del prezzemolo tritato fine, una bella manciata.
Quando l'impasto è pronto te lo dice con una serie di blob, fssssshhh.
A questo punto si leva la pentola dal fuoco e si rovescia, aiutandosi con un cucchiaio di legno, il nobile miscuglio dentro una bottiglia di plastica precedentemente decapitata. Si copre il tutto con un tovagliolo e si lascia raffreddare.
Fossi una signorina a modo dovrei stendere la pasta, lasciarla freddare, tagliare e bla bla bla (e soprattutto avere una cucina di due ettari!).
Ma la bottiglia è un gran trucco punk imparato a Lampedusa da un Catanese, come non fidarsi?
Una vola fredda, conservo la bottiglia in frigo e me la dimentico fino a domani.

Domani, poco prima dell'arrivo degli unni, caverò fuori la mia bottiglia di plastica dal suo angoletto tra le birre, la taglierò via e mi ritroverò per le mani un cilindro di pasta gialla. Un coltellaccio ikea per farne fettine sottili, mezzelune di qualche millimetro, e una padella d'olio bollente. Finalmente si potrà cominciare a friggere, pratica sacra agli dei.
Quando le panelle saranno dorate si potranno ulteriormente spruzzare di prezzemolo tritato e pepe, a seconda dei gusti.
poi è necessario ingozzarsi.
Gli unni saranno soddisfatti e gonfi delle croccanti frittelle di ceci, e salvo il frigorifero.
E cmq, ricordate: mazz' e panelle fanno 'e figlie belle, panelle senza mazz' fanno 'e figlie pazz'.

7 dicembre 2007

Risotto ai cipollotti e erbe aromatiche

L'abbiamo mangiato in un ristorante, ci è piaciuto talmente che abbiamo provato a rifarlo a casa.
A casa, a caso.
Per due.
Allora, un po' di cipollotti, dipende dalla misura... quest'estate ce n'erano in giro di enormi, chissà perché.
Diciamo 4 o 5 se grossi, il doppio se piccoli.
No! Non chiedetemi il peso, non ne ho la benché minima idea.
Li fate rosolare piano nel burro, finché siano abbastanza cotti, senza però farli imbiondire.
Poi aggiungete il riso, lo fate tostare un pochino  e poi mezzo bicchiere di vino bianco, alzando la fiamma in modo che evapori, come si fa di solito per i risotti, insomma.
Vi serve un po' più di mezzo litro di brodo da aggiungere man mano.
Nel frattempo preparate le erbette.
Noi abbiamo messo, a caso: 3 foglie di salvia, 4 ciuffettini (quelli in cima ai rametti, presente?) di rosmarino, 1 foglia di alloro tritati assieme finifini col coltello. Poi abbiamo aggiunto un composto già pronto di erbe di provenza, un paio di pizzichi. Un paio di pizzichi anche di maggiorana e timo.
Quando manca poco (5 minuti) alla fine cottura del risotto ci schiaffate le vostre erbette.
In realtà non tutte... vabbé un po' a occhio... vedete il colore, assaggiate, arrangiatevi un po'.
Tanto quelle che avanzano le mettete in un barattolino di vetro e le conservate così... io le tengo lì da sniffare di tanto in tanto, mica le uso più. La volta dopo rifaccio e ri-avanzo.
Evvabbé mi piace averle lì da annusare!
Secondo me è meglio lasciarlo un po' lento, questo risotto, non troppo asciutto.
Quando è cotto spegnete, noce di burro e parmigiano e mantecare.
Il riso che mi è piaciuto di più fatto così è stato l'arborio della Curtiriso, lo trovo ottimo.
Oh, non posso dirvi che sia buono come quello del ristorante... quello là non me lo ricordo più!
:)

30 novembre 2007

CACO O KACO?! KAKI !!


Innanzitutto è kaki, sempre e comunque. Plurale o singolare che sia. E già qui mi tolgo il dubbio della settimana. Ancora nell’incertezza linguistica di cacokacokaki ne ho comprati troppi ( i famosi occhi più grandi della bocca..) ed alla fine ho avuto necessità di trovare un escamotage per liberare il frigo dall’invasione arancione. Avevo assaggiato una buonissima torta di cacokacokaki e cioccolato, ma i dolci per qualche congiunzione astrale non mi riescono. Mai mai mai.  Ho deciso di fare una gelatina, che con i formaggi è una me-ra-vi-glia. Ingredienti : 3 cacokacokaki, un chilo di zucchero, un limone, un bicchiere d’acqua.  Prima di tutto sbucciare i cacokacokaki togliere i semi e schiacciare la polpa nel passa verdure. In una pentola si mette lo zucchero, l’acqua e la buccia del limone tagliata in un’unica striscia ( o due, al massimo tre) . Ora quando lo sciroppo schiarisce, ma quando schiarisce?! Smettila di guardalo e schiarisce ( per la stessa legge dell’acqua che deve bollire ), ecco a quel punto si aggiunge la purea di cacokacokaki. Continua a cuocere ed a mescolare finché la consistenza non è gelatinosa. Ora, gesto rapido, tutto nel barattolo di vetro, chiusura ermetica e tienilo a testa in giù fino a quando si sarà raffreddato. Invita gli amici a cena, spendi una fortuna in formaggi e vini e vantati della gelatina di cacokacokaki fatta da te.

Le grandi manovre

E' così importante, così impegnativo, così definitivo invitare qualcuno a cena? Per me, no; ma, per la maggioranza delle persone, sì.  Invitare qualcuno a cena a casa propria è un chiaro segnale del fatto che si sono aperte le grandi manovre, che l'esercito si è mosso, e che, presto o tardi, SARAI MIA, MIO, LA COSA E' FATALE E' SOLTANTO QUESTIONE DI TEMPO...

Va bene. Ora calmatevi. Bevete un bicchier d'acqua, prendete una valeriana, o anche mezzo lexotan a dosaggio minimo. Respirate. Ascoltatemi: è solo una cena. E, poichè avete bisogno di fare moto, prendete il portafoglio e andate al mercato. Qui vi eserciterete nel sollevamento pesi (vi consiglio perciò di comprare cibi "pesanti" in senso letterale: mele, zucca, patate...), onde l'estenuazione del fisico vi calmi adeguatamente l'ansia; però non trascurerete di passare dal pescivendolo, a recuperare mezzo chilo di scampi. Costano? Sì, costano. Ma non avevate iniziato le grandi manovre? Pensavate forse che la guerra non avesse a che fare con i soldi?

Se avete scelto un mercato adeguatamente lontano, tornerete a casa distrutti. Lasciate perdere ogni cosa, dormite due ore. Poi svegliatevi e mettete a lessare le patate. Indi prendete un mortaio. Avete capito bene: un mortaio. Non nel senso dell'arma da fuoco, però. Nel senso di vaso e pestello. Se non possedete un mortaio, potete fare quanto sto per descrivere con l'aiuto di un batticarne e due fogli di plastica trasparente... Ma datemi retta e comprate un mortaio: è un investimento per la vita.

Nel mortaio butterete: un po' di timo al limone (non coltivate il timo al limone sul balcone come la sottoscritta? E che posso farci io?), un pugnetto di semi di cardamomo verde sbucciati (questi li trovate da qualcunque venditore di spezie. Ah, il cardamomo è carissimo, costa tra i 4 e i 6 euro l'etto, sicchè non stupitevi!), e anche qualche foglia di basilico se è stagione. Pestate! Se siete maschi, potete caricare di ovvia valenza erotica la faccenda; se siete donne, avete certo rancori da sfogare. Dopo 10 min.- un quarto d'ora avrete ottenuto un risultato passabile (il cardamomo ha una durezza inferiore al diamante, ma certo maggiore delle altre spezie: perciò scordatevi la perfezione). A questo punto prendete i vostri scampi, tagliateli a metà, disponeteli in un piatto (o in una teglia) su di un abbondante letto composto da quelle patate che vi avevo esortato a lessare in precedenza, cospargete il tutto del pesto che avrete ottenuto nonchè di un buon olio extravergine non troppo "forte", salate, pepate e infilate nel microonde (o in forno tradizionale: donde la scelta tra il piatto di ceramica e la teglia). In un modo o nell'altro, ci metteranno poco, perciò occhio: se l'oggetto del vostro desiderio è di indole tardiva, vi conviene addirittura attenderne l'arrivo, piuttosto che trovarvi a servire degli scampi rinsecchiti... Mangiate piano, e beveteci sopra un bianco adeguatamente petillant. State calmi: molto probabilmente andrà bene, e, se anche così non fosse, almeno avrete mangiato decentemente...

28 novembre 2007

'a çimma

ti t’adesciâe ‘nsce l’éndegu du matin
ch’á luxe a l’à ‘n pé ‘n tèra e l’átru in mâ
ti t’ammiâe a ou spégiu de 'n tianin
ou çé ou s'ammià a ou spegiu dâ ruxà
ti mettiâe ou brûgu rédennu ’nte ‘n cantún
che se d’â cappa a sgûggia ‘n cuxin-a á stria
a xeûa de cuntâ ‘e págge che ghe sún
‘a çimma a l’è za pinn-a a l’è za cûxia

çé serén tèra scûa
carne ténia nu fâte néigra
nu turnâ dûa

bell’oueggé strapunta de tûttu bun
prima de battezálu ‘ntou prebuggiun
cun dui aguggiuîn dritu ‘n púnta de pé
da súrvia ‘n zû fitu ti ‘a punziggè
àia de lûn-a végia de ciaêu de négia
ch’ou cégu ou pèrde ‘a tèsta l’âse ou senté
oudú de mâ misciòu de pèrsa légia
cos’âtru fa cos’âtru dàghe a ou çè

çé serén tèra scûa
carne ténia nu fâte néigra
nu turnâ dûa
e ‘nt’ou núme de maria
tûtti diài da sta pûgnatta
anène via

poi vegnan a pigiàtela i câmé
te lascian tûttu ou fûmmu d’ou toêu mesté
tucca a ou fantín à prima coutelà
mangè mangè nu séi chi ve mangià

çé serén tèra scûa
carne ténia nu fâte néigra
nu turnâ dûa
e ‘nt’ou núme de maria
tûtti diài da sta pûgnatta
anène via

(fabrizio de andré, 'a çimma)

ti sveglierai sull’indaco del mattino
quando la luce ha un piede in terra e l’ altro in mare
ti guarderai allo specchio di un tegamino
il cielo si guarderà allo specchio della rugiada


metterai la scopa dritta in un angolo
che se dalla cappa scivola in cucina la strega
a forza di contare le paglie che ci sono
la cima è già piena è già cucita


cielo sereno terra scura
carne tenera non diventare nera
non ritornare dura


bel guanciale materasso di ogni ben di dio
prima di battezzarla nelle erbe aromatiche
con due grossi aghi dritti in punta di piedi
da sopra a sotto svelto la pungerai


aria di luna vecchia di chiarore di nebbia
che il chierico perde la testa e l’asino il sentiero
odore di mare mescolato a maggiorana leggera
cos’altro fare cos’altro dare al cielo


cielo sereno terra scura
carne tenera non diventare nera
non ritornare dura
e nel nome di maria
tutti i diavoli da questa pentola
andate via


poi vengono a prendertela i camerieri
ti lasciano tutto il fumo del tuo mestiere
tocca allo scapolo la prima coltellata
mangiate mangiate non sapete chi vi mangerà


cielo sereno terra scura
carne tenera non diventare nera
non ritornare dura
e nel nome di maria
tutti i diavoli da questa pentola
andate via

21 novembre 2007

Tortelli o non tortelli?

L'idea è di andare domenica a mangiare i tortelli di zucca in quel del Po, fare proprio una gita tipo gruppo vacanza piemonte.

chi c'è?

Devo recuperare la ricetta dei tortelli e metterla qui?

No, no, vi prego, andiamo

18 novembre 2007

ricetta immorale - melanzane all'alessandrina

quattro melanzane
un pizzico di coriandolo in grani
otto foglie di menta fresca
due cucchiaini di aceto
dodici datteri
pinoli
un cucchiaio di miele
un cucchiaino di pasta di acciughe
un pizzico di cumino

fate cuocere le melanzane in una pentola di acqua bollente. dopo averle sgocciolate e sbucciate, disponetele in una pirofila, tritate i pinoli e i datteri e metteteli in un recipiente profondo, dove, insieme al miele, verserete l'aceto, il vino bianco e l'olio. in un mortaio pestate poi il coriandolo in grani, la menta e il cumino. dopo aver mescolato tutti gli ingredienti, versate l'impasto ottenuto sulle melanzane. scaldate il tutto fino a quando si alza il bollore. abbassate il fuoco e cuocete lentamente per quindici/venti minuti. condite con sale e pepe, e servite.

questa ricetta, non a caso alessandrina, viene tuttavia attribuita ad apicio, cuoco e gourmet nevrotico, di cui si insinua avesse un rapporto per niente chiaro con druso, fratello di tiberio.
si tratta comunque di un intruglio mediterraneo fatto con la sua materia prima fondamentale, ma che non intende avvalersi delle melanzane per dimostrare che la mediterraneità è faccenda poco chiara, al di là di quanto sostengono de chirico, d'ors e joan manuel serrat. nell'inventario delle mediterraneità figurano per diritto estetico proprio il pino, l'alloro, il limone e l'ulivo, senza sapere quale distrazione creativa fece sì che geova, in fin dei conti mediterraneo, collocasse un oggetto brutto e ambiguo come la melanzana tra la flora e la fauna del mare nostrum.
perché, tanto per cominciare: la melanzana è carne o verdura? domanda sbagliata per iniziare una cena, meglio schivarla. eppure durante una cena di omosessuali maschi, alla quale questo piatto calza a pennello, non sarebbe disdicevole un pizzico di erudizione e, a un certo punto, mentre si descrive l'aspetto fallico-demoniaco della melanzana nera, si può ricordare l'ambiguo rapporto tra apicio e druso, all'ombra di quel pazzo furioso che si chiamò tiberio.
piatto per l'estate e per il mare. il mediterraneo, perché no?
conviene che i commensali siano piuttosto abbronzati.

(gallipoli, maggio 2007)

(da manuel vázquez montalbán, ricette immorali)

12 novembre 2007

in forno a sinistra party 1.0

l'idea nasce da un altro post, ma la riprendo qui:

a parte le galettes bretoni che sono impossibili da fare per tanta gente, ma ci si può giocare a farsi ognuno la sua come gli piace, mettiamo a frutto le capacità culinarie in una cucinata comune?

l'idea di base è di cucinare in compagnia, non solo in modo virtuale ma anche in modo reale. chiacchierando mentre si mescolano gli ingredienti, pestandosi i piedi in cucina, e mangiando tutti insieme il prodotto delle nostre fatiche.

io posso mettere a disposizione una capace cucina (a parte il forno che è minimo), un tavolo, cinque fuochi, un set di pentole di tutto rispetto e di attrezzi da cucina pure, una lavastoviglie e una casa spaziosa, per cenare in piedi o seduti a seconda del numero di partecipanti. i cuochi si portano gli ingredienti per le loro ricette e eventuali strumenti che non siano già in casa (chiedete cosa vi serve e vi dirò se ce l'ho).
secondo me per fare con calma l'ideale sarebbe un sabato o una domenica pomeriggio, altrimenti non ci sono i tempi per fare più ricette.

chi ci sta? che date preferite? cosa vorreste cucinare? la discussione è aperta!

l'invito è esteso (e riservato) a tutte/i le/i partecipanti a questo blog e relative/i partner. location: milano nord. metropolitana comoda, parcheggio abbondante.

11 novembre 2007

il paradiso esiste ed è di mele


Nella forma del crumble, che fuori fa freddo e le mele cotte magari sono tristi MA non quando si crumbelizzano.


Allora, si prendono delle mele, basta che non siano quelle rosse di biancaneve che sono solo belle e che in quanto belle mi piace pansare siano stupide e inutili, diciamo quelle gialle o quelle un pò aciduline, ma poi fate voi, l'importante è che siano mele e che una volta sbucciate e detorsolate siano 750 gr.


Vi ho fatto intuire che le mele vadano sbucciate e detorsolate, ma non che poi si debbano tagliare a fettine e disporre con grazia in una pirofila imburrata, nel modello basic a raggiera, per chi ha fatto il corso avanzato a mosaico (è possibile comporre immagini di alberi di natale, fiori con i petali, e santini di martiri).


A questo punto si prendono 120 gr di farina, 70 gr di burro (tanto fa freddo, basta fare quattro passi e si brucia tutto, l'importante è auto convincersi) e 80 gr di zucchero mi raccomando di canna, un pochino ma proprio un pochino di cannella e si impasta tutto con movimenti sfrucuglianti, che il risultato finale devono essere delle briciole.


Avete sfrucugliato? Ecco, allora mettete le briciole, ovvero il risultato dello sfrucugliamento, sulle mele a raggiera (che tanto nessuno ci crede che avete fatto altre figure geometriche e non) e adagiate nel forno a 210 gradi per 20 minuti.


La morte sua è con una pallina di gelato alla vaniglia.

la galette bretonne e la storia di un naufragio

l'ultimo viaggo insieme è stato in bretagna, anzi gli ultimi due. prima la costa sud, da nantes a brest, poi la costa nord, da brest a saint-malo. posti bellissimi, coste struggenti punteggiate da fari che sanno di avventure antiche, capirò solo anni dopo l'importanza reale di quei punti di luce lampeggiante, di notte. l'hanno capito anche i marinai di tutti i naufragi che punteggiano quegli scogli. quei fari non ci hanno protetti dal naufragio, non abbiamo visto il loro avviso.
pedalavamo lungo la costa, con poco bagaglio, il minimo indispensabile, rassicurati dalla tradizionale foratura del primo giorno di viaggio. i pranzi volanti, le cene in creperia. la prima sera capimmo la differenza tra la crêpe e la galette, mai sentita prima. in italia esistono solo le crêpes, per ignoranza. da allora sono diventato un purista: la crêpe è rigorosamente dolce, la galette è rigorosamente salata. cidre brut, s'il vous plait. il classico è il val du rance, lo si trova anche a milano, in una traversa di buenos aires.
la galette è stato l'ultimo piatto che le ho visto mangiare con gusto. poi son stati solo tentativi falliti di riempirle lo stomaco con cibo sempre più elaborato come fosse affetto, inutili. ho imparato a cucinare per salvare un matrimonio. il matrimonio è fallito, è rimasto il gusto dei fornelli, sterile perché solitario. tornammo con il bagagliaio pieno di sidro, una tournette, la paletta per girare la galette, due boules per bere il sidro, una piastra di ghisa pesante da mettere sul fornello quello grande, al centro. spiammo i gesti nelle creperie, la densità dell'impasto, il giro veloce con il legnetto per stenderlo, i modi diversi di piegarla, che dipendono dal ripieno. la compléte è quella classica: prosciutto cotto, uovo, formaggio. il formaggio fonde mentre l'uovo si rapprende, diventano una crema unica indistinguibile e saporita, il tuorlo fluido resta scoperto oltre i bordi della galette ripiegati a portafoglio. un delirio di sapori, con l'amarognolo del saraceno croccante. sì perché la crêpe, dolce, si fa con la farina di frumento e troppe uova, mentre la galette, salata, si fa con il grano saraceno (ehi ma è lo stesso dei pizzoccheri e della taragna - benedetta valtellina! - vuoi vedere che lo troviamo anche in italia?) e pochissimo uovo.
allora al ritorno era una festa, il legnetto a T per stendere l'impasto me lo son fatto da solo, perché là non l'avevo trovato, e in italia non esiste. ho chiesto in un negozietto di crépes, a genova nei vicoli, ma pure lui se l'era fatto da solo. non è difficile. la sera per stuzzicare l'appetito e non accorgersi di mangiare veramente prendevamo i due etti e mezzo di farina, ci mettevamo il tuorlo dentro, pepe, sale, e l'acqua finché non ne usciva un impastone spesso, senza grumi. montare a neve ferma l'albume era affar mio, con la frustina quella di filo di acciaio a spirale viene da dio in un attimo, altro che frullatore. poi ci mischiavamo un cucchaino d'olio, e pian piano mettevamo tutto nel primo impasto. se era troppo denso aggiungevamo un po' d'acqua, se era troppo liquido... beh poco male. sarebbero venute più sottili e croccanti.
poi c'era il tempo del riposo, c'era un'ora di tempo per tagliare a striscioline il formaggio, quello tipo edamer era perfetto. o per rosolare col burro mezza cipolla, o per trifolare i funghi, insomma qualunque cosa si volesse mettere nelle galettes.
il bello delle galettes è che le fai una per volta, e che van mangiate calde, quindi le si mangia insieme, una in due ogni volta, una dietro l'altra. e ogni volta con uno straccetto o un po' di scottex ripassi la piastra calda con una goccia d'olio o mezza noce di burro, per togliere i resti di quella precedente e prepararla a quella nuova. poi di nuovo: un mestolo d'impasto al centro, un giro veloce col legnetto, quando si stacca la giri con la tournette, ingredienti al centro, la pieghi, et voilà.
ora, se ti capita di vedermi preparare una galette, significa che sono di nuovo innamorato.

7 novembre 2007

Biscotti per Polpetta (il beagle)

Torni a casa ed è sempre felice di vederti, è sempre pronto a farti delle coccole, la parola tradimento per lui non esiste, guarda con te sul divano qualsiasi film, non si lamenta mai dicendo che lo tieni al guinzaglio, gli piacciono sia le vetrine del centro che una passeggiata in campagna, adora le tue amiche, qualsiasi cosa cucini è sempre buonissima… si, ovviamente è il tuo cane, inutile dirlo.  Ora si potrebbe aprire una lunga diatriba sul come relazionarsi o meno con i cani , ma direi che non ho per nulla voglia di lunghe diatribe.  Se pensate che una volta nella vita potreste fare dei biscotti per il vostro cane proseguite con la lettura altrimenti smette di leggere  perché da qui in poi c’è poco di interessante per il palato umano. Mescolate mezzo chilo di farina di frumento integrale, 120 gr. di farina di soia, 60 gr. di farina di mais, 120gr. di semi di zucca, 1 cucchiaino di sale ed ora amalgamate il tutto con due uova sbattute con 60ml di latte ( tenete da parte un cucchiaio di uovo-latte ). Ora l’impasto deve risposare mezz’ora, giusto il tempo di una passeggiatina con l’essere scodinzolante. Una volta di nuovo a casa accendete il forno a 180° , stendete l’impasto allo spessore di un centimetro, tagliatelo come più vi piace e spennellate con quel che resta dell’uovo-latte. Trenta minuti abbondanti in forno e potrete gongolarvi guardando Fido che si lecca i baffi.

Memorie liguri


Un buon esordio sarebbe che non ci vuole una scienza, per fare la focaccia. Ma qualche nozione sì, e anche qualche presa di posizione decisa. Per esempio: acqua o latte? Per l'impasto, intendo. I puristi vogliono l'acqua, i golosi il latte (che genera un impasto più morbido). E l'olio? Amaro, dolce, denso, leggero? Comunque sia, ligure (Badalucco) o umbro (Spoleto o Assisi). D'accordo, ci sarebbero il Garda e altre enclaves su cui discurere. Però basta filosofia - olio di gomito, diamine! Asse per la pasta, farina bianca (facciamo quattro etti/mezzo chilo), latte tiepido, poco olio, lievito di birra in granella (se siete masochiste e volete usare il famigerato lievito fresco, fatti vostri. Io non c'entro!), due cucchiaini di zucchero. Impastare, impastare, impastare; e ricavarne un panetto morbido. Ficcarlo in una capace zuppiera (la capacità è indispensabile) e coprirlo (attenzione) NON con un telo (come i più sostengono) ma con un piatto. PERCHE'? Perchè, quando tornerete dopo un'ora a verificare gli avvenimenti, può accadere che (avendo voi scaldato troppo il latte) l'impasto sia "esploso" e dobbiate staccarlo dal piatto - nell'infelice ipotesi che abbiate usato il telo, dovreste buttare sia l'uno che l'altro.


In ogni modo, recuperate la vostra pasta lievitata, reimpastatela con violenza con altri tre-quattro etti di farina, un cucchiaino di sale (MAI aggiungere il sale alla prima lievitazione! Il lievito è un solitario irritabile e la prende malissimo...), latte e olio (sempre poco), e infine stendetela in teglia, tassativamente con le mani (si usano le nocche, piuttosto che i polpastrelli), dal centro verso l'esterno. Sbattete una tazza di acqua e olio insieme, e ungete abbondantemente (ripeto: abbondantemente) la focaccia con la medesima. Riponete indi la teglia in luogo sicuro (io uso il forno - spento, ovviamente...) e scordatevela almeno per 12 ore (24 per i fanatici), durante le quali la focaccia succhierà l'umido/unto del misto di acqua e olio ed insieme, magicamente, lieviterà. Trascorso il tempo indicato, premere la pasta con i polpastrelli onde ricavarne i famosi "buchini stile focaccia", ri-ungere il tutto e  salare con sale grosso (il sale fino non sala mai abbastanza...) e aggiungere eventuali coperture da voi auspicate (chessoio: rosmarino, patè di olive, acciughe, capperi, pomodoro...). Far cuocere a 200° per una mezz'oretta: dopodichè visionare, verificare (sarete ben capaci di vedere che colore piglia!), e casomai riungere con il solito misto di acqua e olio. Infine mangiare. Con spirito allegro e la finta approssimazione di chi ha appena compiuto un'impresa di tutto rispetto. 

6 novembre 2007

Spaghetti senza vongole

Sono 15 giorni che vi dite: "ùh! che voglia di pasta con le vongole, facciamo?"
Quindi finalmente vi recate in quel sssssssupermercato lì, sì, quello. Dove le comprate di solito.
Le avete già fatte spurgare per bene in acqua e sale quelle 3/4 orette, poi le avete messe in pentola con olio aglio e poi vino bianco che evapora e blablabla.
Intato che plop si aprono, avete preparato un trito finefine di cipolla e aglio, col tritaprezzemolo vien facile, tanto poi lo usate pure per il prezzemolo.
E quelle intanto plopplop si aprono.
Le guardi.
Sono carine.
All'improvviso BAM! ODDDDIO CHE SCHIFO COS'E' QUELLA ROBA???
Da una delle vostre vongolette adorate e desiderate fuoriesce una robaccia nera e vischiosa.
Tu ti allontani inorridita, lui, il cavaliersenzapaura, si avvicina circospetto alla pentola ed estrae la vongola aliena.
La posa sul lavandino.
Ne esce... cos'è?... pare asfalto sciolto... nero e orrido... CATRAME?
Bleah!
Cerchi di fare ritrovare al tuo stomaco il suo naturale alloggio, e apri il frigo.
L'abisso.
Acchiappi quella decina di pomodorini piccadilly superstiti... e quello... ah sì, un mezzo peperone in agonia.
Tagli il tutto, lo schiaffi nella padella con olio e aglio e cipolle destinati alle vongole.
Ci metti sale, peperoncino e pure un po' di zucchero.
E il prezzemolo?
Pure quello, sennò si butta.
E dato che deve essere speciale, anche un pizzico di timo, quello delle Langhe del suo amico.
E gli spaghetti al dente, quelli grossi della rummo, il massimo dello spaghetto esistente in commercio.
Sìsì... buona...
ma cavolo che voglia di spaghetti con le vongole!!!

Oh, ma a voi è mai capitato?

linguine alla cernia

decisamente quella cernia era eccessiva, per un pranzo come quello le vongole erano più che sufficienti. tanto poi ci sarebbe stato da pedalare, mica potevate riempirvi lo stomaco a quel modo. però tutto fa brodo, come che quel pomeriggio è servito a capire che non vi vedrete più. adieu. restano i filetti di cernia nel freezer, impacchettati alla meglio nella carta dal pescivendolo. hai presente quando poi sai che non riuscirai mai a scongelarne uno solo, perché ormai sono un blocco unico? ecco, puoi approfittarne, perché li tagli a strisce da congelati, poi si separeranno cuocendo e saranno perfetti. intanto fai aspettare un'amica in chat, tanto capirà. scalda un po' d'olio di quello buono che viene da roma, anzi da un po' più in giù, con due spicchi d'aglio. quando sono rosolati butta dentro la cernia, anche se è congelata chissene, tanto tagliata così si scongela in un attimo. aggiungi sale e pepe, falla rosolare un po' e prima che si asciughi buttaci un bel po' di vino bianco. quello avanzato dalle vongole va benissimo, se poi è lo stesso che ci berrai vicino ancora meglio. lascia che il vino svapori e faccia un po' di crema col pesce, ma non farla asciugare. buttaci le bavette un po' al dente e ancora umide, per farle finire di cuocere al salto aggiungendo il prezzemolo. l'apparente lusso del piatto è talmente semplice da poter essere stemperato mettendolo tra te e la tastiera, così puoi tornare alla chat, giusto in tempo...

4 novembre 2007

La domenica si fanno i muffin


Mescolare 220g di farina con 100g di zucchero, 2 cucchiaini di lievito in polvere e una presa di sale. A parte scaldare 120ml di latte con 120g di burro fino a quando il burro non si sarà sciolto. Aggiungere nel composto burro/latte un uovo leggermente sbattuto. Versare questo composto in quello con la farina e mescolare bene. Lavare 150g di fragole e tagliarle a cubetti, metterle in una ciotola, mescolare con un cucchiaino di aceto balsamico e lasciar marinare al fresco per una decina di minuti. Grattugiare la scorza di un limone non trattato, tritare un cucchiaino di pepe rosa e aggiungerli nell’impasto insieme alle fragole. Versare il composto a 3/4 dell’altezza di stampini da muffin, infornare a 180° per circa 30 minuti.




Bene questa è la ricetta nuda e cruda. Ma l’importante è il resto; con chi ti sei svegliato, il profumo di caffé che c’è in cucina, il piacere del calore del forno in una mattina d’inverno…

27 ottobre 2007

pulp pumpkin

ero venuta per vellutare la zucca anch'io visto che ieri sera ce la siamo sorbita fumante e morbida anche noi su questo divano orobico....ma visto che l'argomento è stato già trattato con maestria e che concordo su tutta la linea (soprattutto sull'alloro da togliere al volo, se osi tritarlo si sprigiona un sapore che tira con sé l'odore di incenso di mille chiese e trascina all'amaro tutto il tuo capolavoro...) mi soffermerò solo sulla pelatura pulp dell'oggetto del desiderio.

La zucca è fantastica anche in una torta di cui proporrò la ricetta sooner or later, ma il suo reale problema resta la pelatura.
Secondo me metter su un film di Tarantino aiuta, diciamo a mettersi nel mood giusto. Four rooms o Le iene calzano a pennello... poi ti doti di un coltello affilatissimo o meglio, se a disposizione, di una katana di hattori hanzo originale ...essenziale un tagliere di quelli di legno... non l'igienizzatissimo tagliere ikea di plastica perché comporta il piccolo problema dello scarto impazzito della zucca..cioè quello scatto felino che fa la fetta quando sbagli il colpo e lei dribbla di colpo saltando di lato... in questa fase puoi essere fortunato e non colpire una delle tue dita ...ma anche essere sfortunato e mozzare la falangina ...dipende da te ..da quanto sei stato accorto a usare le giuste angolazioni. Detto tutto ciò, e passata la mezz'ora che ti ci vuole a combattere con la buccia vastasa ...sappi che se le dai una botta di microonde prima di cucinarla ... la sbucci con una facilità che ti disorienterà.
Ovviamente i puristi non abbarcciano questa pratica barbara... se mi sente Escoffier mi strappa la pelle ...però tu sappi che esiste....

26 ottobre 2007

frittelle di ricotta

di là ci sono due bambini che dormono, di qua una cucina che non conosco e degli ingredienti a caso. "tanto sei skipper, ci sei abituato". vero, in barca non sai mai cosa si trova in cambusa, e alla fine ci si arrangia sempre: ci si adopera come meglio si può, tra le chiacchiere e gli sguardi intorno: solo che ora sono mobili di lusso, accessori coordinati, impianto stereotvdvd della madonna, mette soggezione. le uova arrivano dalla fattoria dei genitori, hanno ancora un po' di (merda? terra?) attaccata sopra. la ricotta no, è normale. uova sbattute, ricotta, farina. dice pepe ma facciamo noce moscata. sale. se ci fosse ci metterei il timo, lo adoro. lo conoscono in pochi, ed è un profumo unico, è il profumo delle erbe lungo i sentieri nel pomeriggio, quando il sole ci picchia sopra e le scalda. se il frinire delle cicale avesse un odore, sarebbe profumo di timo. da bambino andavo a raccoglierlo sulle rocce che affioravano tra gli ulivi della valletta di fronte, poi lo facevo seccare, lo imbustavo in bustine piccole, e lo vendevo a duecento lire a bustina, per strada davanti al lungomare. le signore mi chiedevano come usarlo, stupite di ricevere consigli culinari di un bambino di sei anni, e io dicevo che secondo me stava bene sulle uova, sugli arrosti, con i funghi e in qualche minestra delicata, tipo la zucca vellutata. anche nelle frittelle comunque starebbe bene. ah, parmigiano. il risultato è un pappone un po' colloso che resta appiccicato al dito dopo che l'hai tirato giù dal cucchiaio nell'olio caldo. è una scusa per stare spalla a spalla agli stessi fornelli, a girare le frittelle facendo finta di scottarsi il dito per farcisi dare un bacio sopra. rimasugli di innocenza dimenticata, torna fuori dai cassetti che si aprono disortinatamente lasciando cadere istantanee casuali. per fortuna ci sono i dadini di pomodoro fresco, vicino nel piatto, a ricordare che è cambiato millennio, nel frattempo, e che dormono due bambini, di là.

24 ottobre 2007

Vellutiamo la zucca

A me la zucca piace in qualsiasi modo. è arancione, fa allegria, è buona, si presta a essere pastellata, a risottata, gnoccata, tortellata, e se hai poco tempo, vellutata.

Prendi la zucca, la tagli a fettine (o se hai la fortuna di abitare vicino a un Santo Fruttivendolo che la sbuccia e la affetta al posto tuo, compri una busta di zucca a fettine), la metti in acqua, accioché la copra di un dito, sale e tassativamente una foglia di alloro, che con la zucca ci sta proprio bene.

Cuoci  per 20 minuti, più o meno, togli la foglia di alloro e minipimmerizzi la zucca.  Sconsiglio vivamente di minipimerizzare la foglia di alloro,

Versi in un piatto questa già di suo meravigliosa cremina gialla, un filo di olio crudo, una bella grattuggiata di parmigiano e se piace un pò di pepe.

Già che ci sei, scegliti un filmettino o un pò di musica non cazzafrulla, e togliti le scarpe, che la vellutata di zucca si abbina ai calzettoni che tutti abbiamo nel cassetto, sebbene tutti siamo pronti a negarlo.

23 ottobre 2007

il ciambellone più buono del mondo


Tira fuori dal frigorifero gr. 150 di burro, riducili a dadini piccoli piccoli, mettili dentro una ciotola, poi vai a farti una doccia, guardati una puntata di "Will & Grace", telefona a un'amica che non senti da tanto, insomma, fa' quello che vuoi ma lascia passare almeno venti minuti che il burro si scaldi e si ammorbidisca.
Quando il burro non è più un'arma impropria aggiungi 150 gr di zucchero e mescola mescola col cucchiaio di legno finché non diventa un composto unico. Hai poco tempo o i bicipiti poco allenati? Usa il mixer. Quando il composto è uniforme aggiungi in successione due tuorli (tieni da parte gli albumi che serviranno alla fine) e mescola mescola. A questo punto aggiungi gr 150 di noci in polvere (per queste cose il mixer è il migliore, ma va benissimo anche schiacciarle col pestacarne, finché sono ancora nel sacchetto), 80 gr di farina di mais e 110 di farina 00, mischiata a 1 cucchiaino di lievito.
Fai a pezzetti alcuni fichi secchi, dipende dalla grandezza, diciamo quattro o cinque. I fichi freschi sarebbero i migliori, ma chi li trova più i fichi freschi ormai?
Insomma, prendi 'sti pezzi di fichi e amalgali al composto. Ora monta a neve fermissima gli albumi di cui sopra e amalgali al composto piano piano, in modo che non si smontino.
Versa il tutto in uno stampo da ciambella, meglio se di silicone. Sì, lo so che ha la consistenza del fango, ma non ti preoccupare: il forno elettrico fa miracoli. Sbatti tutto nel suddetto forno a 160°C per un'ora.
A fine cottura lascia raffreddare in forno, sforma la ciambella, spolverala di zucchero a velo e servi.
Gli ospiti la spazzoleranno, garantito.

diciamo che torni a casa molto tardi e sei affamata

Diciamo che è davvero tardi e la fame è davero tanta e la tua dispensa non fornisce nulla di già pronto.
Allora apri una scatola di cannellini lessati, ne schiacci metà con la forchetta mentre, fai bene attenzione, in una casseruola metti a sofriggere alloro, rosmarino e dell'aglio pestato. Quando hai finito di schiacciare i fagioli con la forchetta togli gli aromi dall'olio e ci schiaffi dentro la purea, metti circa mezzo litro di acqua calda, un dado vegetale e 60 grammi di pasta, fai cuocere per il tempo di cottura di quest'ultima e a cinque minuti dalla fine aggiungi i fagioli ancora interi (avevo detto di schiacciarne metà).
Pappa.
Poi, siccome la fame è tanta, mangiati anche quel deliziose gelato che hai in frezeer.
Alla fine, però, non pulire la ciotola del gelato con l'indice: aglio e cioccolato insieme fan schifo.

18 ottobre 2007

Filetto al cartoccio

Vai dal macellaio di fiducia e compra un pezzo di filetto di vitello intero ( che poi te lo tagli come preferisci tu ) di circa mezzo chilo. Ora vai dal fruttivendolo di fiducia e fatti dare un po’ di porcini di quelli buoni, qualcosa più di un etto per la precisione.

Taglia il filetto in sei fette, sbuccia le patate e tagliale a fette sottili, pulisci i funghi e taglia pure quelli.

Ah, accendi il forno che intanto si scalda.

Visto che dopocena lavare le pentole non piace a nessuno  e la mattina fare colazione nella cucina che sembra un campo di battaglia non è bello prendi un foglio di alluminio e fai un cartoccio abbastanza grande da contenere filetto patate e  funghi.

Comincia a riempirlo con le patate, poi la carne ed i funghi. A seguire sale, pepe macinato fresco, salvia, olio ed uno spicchio d’aglio ( la ricetta originale vorrebbe l’aglio tritato sopra ma anche se l’aglio mi piace molto in linea generale preferisco la vita sociale).

Copri con un altro foglio di alluminio e chiudi i bordi accartocciandoli. Dopo che hai infornato il tutto hai trenta minuti per fare un po’ quello che ti pare, sfruttali bene.

17 ottobre 2007

Arrosto dell'universitario

Torni a casa, hai fame, nel frigo non c’è nulla, vuoi qualcosa di caldo, pizze ne hai mangiate troppe, il cinese è troppo distante e vedi che il tuo coinquilino ha esattamente il tuo stesso pensiero.

Quante pentole vuoi lavare? Neanche una.

Quanta fatica vuoi fare? Zero, dopo devi pure studiare.

Accendi il forno che intanto diventi bello caldo, recuperi le patate (che non mancano mai) le peli, le tagli a pezzettoni, sale, pepe, olio, le erbette di provenza, uno spicchio d’aglio intero e tutto in forno. Intanto fai un po’ quello che vuoi. Quando hanno la crosticina giusta tira fuori la pirofila, crea come dei buchi -  degli spazi -  e mettici dentro le tre quattro uova che trovi in dispensa. Mettile così, senza strapazzarle ( senza guscio, aperte e versate). Di nuovo tutto in forno per un nulla. A questo punto  impiatta al volo e goditi il tuorlo che si rompe ed impasticcia il tutto.

10 ottobre 2007

marmellata di albicocche


ogni volta che dico che sto facendo la marmellata di albicocche, recupero una nuova ricetta. gli unici punti che hanno tutte in comune sono due: le albicocche, e lo zucchero. il resto cambia tutto. se mettessi insieme tutti i consigli che sto ricevendo, la ricetta che ne uscirebbe sarebbe più o meno così:


lava le albicocche, pelale oppure lasciale con la buccia, tagliale a pezzi oppure lasciale intere. mettile nella pentola da sole, o con un po' d'acqua, o con lo zucchero, e accendi il gas, a fuoco alto oppure basso. se non hai messo lo zucchero subito, mettilo dopo. metti un chilo di zucchero ogni chilo di albicocche, oppure mettine mezzo, oppure mettine tre etti, o due etti e mezzo. fai tu. oppure fai anche senza, se ti va. mettici anche un limone intero, o tagliato, o spremuto. frulla le albicocche, oppure passale in un passaverdure, oppure niente di tutto ciò. fai bollire per tre ore, oppure finché mettendo una goccia di marmellata su un piatto freddo non si rapprende e prende la consistenza che desideri, oppure accendi il fuoco al calcio d'inizio della semifinale dei mondiali, e lo spegni alla fine dei tempi supplementari. quando le togli dal fuoco mettile nei barattoli ben lavati, dopo aver messo del brandy nel barattolo, oppure direttamente nel barattolo vuoto. quando il barattolo è pieno, mettici sopra uno strato di brandy, oppure un dischetto di carta, oppure rovescia subito il barattolo per creare il vuoto. altrimenti, aspetta che il barattolo si sia raffreddato (ma puoi anche non aspettare) e sterilizza i barattoli facendoli bollire per dieci minuti. ma anche no. quando apri la marmellata tienila in frigo, oppure tienila fuori. insomma, vedi tu.
in ogni caso, non sarà mai la stessa cosa.


e quando avrai finito la scorta da mesi, nell'anno in cui l'albero non fa albicocche, scoprirai per caso un vaso superstite, rimasto abbandonato in fondo alla dispensa.

torta spaccacuore (e altro...)


l'avevo nel blog nel 2004 ... ero troppo scema..
(attenzione va mangiata con una persona con cui potete fare del sesso... perchè il risultato è devastante e matematico ...una libidine crescente e incontrollabile che potrebbe mettervi in imbarazzo ...non ci credi ? ...prova...)
200 gr farina
200 zucchero
75 gr di burro
1 uovo
2 pere
1 bicchiere di latte
1 lievito
Mettere su una canzone di Nek o della Pausini, deve essere bella tamarra se no non funziona… cominciare a canticchiare girellando per la cucina , lavorare per circa dieci minuti il burro e lo zucchero....fino che il braccio non ti fa davvero male...che ti entrano i crampettini tipo scosse ...aggiungere il tuorlo d'uovo, la farina setacciata con amore stile biancaneve coi nani (eccola li' che subito vai a fare il pensierino sconcio...lascia stare i nani) il bianco dell'uovo montato a neve ben ferma ...vuol dire che puoi cappottare la tazza e non scende ...tirarlo a palettate sul muro e resta li' piantato ....il lievito …amalgamare il tutto e questa è la parte davvero dove ci vuole maestria...perche' NON DEVI SMONTARLO ...ed è li che ti voglio col movimento ... dunque ...per farlo giusto...devi pensare a quando sei in spiaggia sotto il sole dell'una ...e le onde ti fanno come assopire ....la risacca va...e torna...va e torna...e ti lasci portare via...e la mente scivola ..in una specie di trance... e sudi anche un po' sopra le labbra ..perche' stai sognando ...ma non dormi. Ci sei? ok...allora puoi cominciare ad amalgamare ...un movimento dal basso verso l'alto...morbido ...deve restare gonfio...equilibrio di elementi ...fatti cullare dalle onde...adesso aggiungi le pere a pezzetti ...scivolano un po' sulle dite ...fa niente ...mangiane anche una che tanto avanza.....buona sugosa....adesso concentrati : versa nella tortiera...anche se ti cola un po' sul tavolo fa nulla... ....spargi un po' di zucchero sopra ...con la mano ...come fa Russel nel "Gladiatore" col grano....apri il forno 200 gradi ...fatti investire dalla vampata di calore e lasciala correre in tutto il corpo... e ora.... aspetta.

Sensi

Uhm, buone, dove le hai prese?
Fatte io con le mie manine d'oro..Ricetta!
Metti dell'aceto in un pentolino, lo fai bollire, aggiungi zucchero, ci metti le cipolle, cuoci, scoli e metti sott'olio.
Pentolino come?
Mah, grande così..
Quanto aceto?
Boh, fino a tre dita dall'orlo..
E lo zucchero?
Fino a che l'aceto non cambia odore..?? odore?
Sì, lo senti cambiare, perde la nota acida..
Vabbè, e quante cipolline?
Un vassoio, presente quelli del supermercato? Già pelate, lavate, confezionate? Ecco, tante così.E per quanto tempo devono cuocere?
Fino a che non cambiano colore..
Mavaffanculo, va'..

9 ottobre 2007

Lute fisk

"Come è andata ? "

"Bene. Ottimo volo."

"Hai venduto ? Il rivenditore a Oslo è bravo ? ..Hai ...un nuovo progetto ? Delle macchine intelligenti che insegneranno al plc come autoprogrammarsi per l'esecuzione dei movimenti a terra  ? Ma dai ...bello ..sei un genio...il solito genio...speriamo che tuo figlio abbia un po' di questa cosa nel suo DNA.... Senti ma i messaggi che mi hai mandato l'altra notte ? ...Bellissimi. Era tempo che non ti sentivo cosi'"

"Cosi' come ?"

"Vivo"

"Avevo mangiato Lute Fisk"

[The Power of Lutefisk

Lutefisk is something really magic. Difficult to explain strange effects it causes....

To understand the relationship between aquavit and lutefisk, here's an experiment you can do at home. In addition to aquavit, you will need a slice of lemon, a cracker, a dishtowel, ketchup, a piece of lettuce, some caviar, and a Kit-Kat candy bar.

1. Take a shot aquavit.
2. Take two. (They're small.)
3. Put a bit of caviar on a bit of lettuce.
4. Put the lettuce on a cracker.
5. Squeeze some lemon juice on the caviar.
6. Pour some ketchup on the Kit-Kat bar.
7. Tie the dishtowel around your eyes.


If you can taste the difference between caviar on a cracker and ketchup on a Kit-Kat while blindfolded, you have not had enough aquavit to be ready for lutefisk. Return to step one.]

toccare i pesci cadaveri mi fa schifo

La ricetta originale prevede di impastare tre uova ogni chilo di sale, un chilo di sale ed un pugno di erbe tritate (tutte le erbe aromatiche che riesci a trovare in casa) ogni mezzo chilo di pesce.
Fatta la pallotta si stende col mattarello e ci si avvolge il pesce cadavere (branzino o orata o dentice o qualsiasi pesce di mare a forma di pesce intero) , poi si inforna a 180 gradi per 35 minuti se è piccolo, 45 se è medio, 60 se è grande.
Alla fine tiri fuori, smadonni per spaccar la crosta di sale e uova e erbe ma finisce che mi ringrazi perchè così buono il pesce non l'hai mangiato mai.
La volta dopo, per risparmiare tempo, fai un fondo di sale nella teglia, poi ci spargi le erbe tritate (oppure compri al supermercato un sacchetto di erbe provenzali secche e spargi quelle) metti il pesce cadavere, lo copri di erbe poi copri il tutto col sale: guadagni un'ora almeno che, se anche a te fa schifo toccare i pesci morti, puoi passare lavandoti le mani ed annusandole e rilavandole e schiacciando un limone che è sempre per le mani ma ti fa venire voglia di martini e allora la smetti, ti riempi un bicchiere, ti metti sul divano e magari sgranocchi qualcosa mentre ascolti i Muriel. E poi di' che non mi preoccupo di farti passare dei bei momenti.

petto d'anatra all'aceto balsamico

spendi un fantastiliardo di euro per ristrutturare una mansarda. poi prepara un petto d'anatra all'aceto balsamico per una cena con un'amica, cercando di ricordare come avevi fatto la faraona l'anno scorso seguendo una ricetta pensata per l'oca, e sbaglialo clamorosamente. l'arrosto deve venire saporito ma troppo asciutto, e la salsa all'aceto balsamico un grumo intoccabile da cui ti aspetti che escano i cormorani impestati di petrolio come in galizia.
lascia riposare la delusione per qualche giorno. poi compra un altro petto d'anatra.
poi apparecchia il tavolo che faticosamente hai portato in mansarda, mettici sopra la tovaglia buona, i bicchieri di cristallo del servizio del matrimonio, una bottiglia di nobile di montepulciano. aprila, dai. che gli fa solo bene.
lava il pezzo di carne e brucia i pezzetti di piume rimasti sulla pelle. se ti sei ricordato di scongelare il burro imburralo, salalo e pepalo abbondantemente, se vuoi lardellarlo fai pure, farà parecchio figo ma non si noterà la differenza. in una casseruola antiaderente (non per altro, ma sarà più facile pulirla, dopo) metti un cucchiaio di olio-quello-buono, scaldalo e mettici la carnazza con la pelle in giù. versaci un po' di erbe a piacere: alloro, rosmarino e salvia sono obbligatori, poi quello che vuoi (o che hai in casa). quando la pelle è rosolata e smette di fare frscccch! metti il coperchio e abbassa il fuoco. ogni cinque minuti ricordati di aprire la pentola e versare un po' del sughetto sopra la carne, senza girarla mai. la pelle dell'anatra è grassa, e farà un sacco di sugo. quando è cotta (quando è cotta? boh. qui si va a occhio. deve essere cotta ma non troppo, altrimenti si asciuga e diventa dura) toglila dalla pentola, e mettila nel forno caldo, per non farla raffreddare. fai ritirare il sugo (te l'avevo detto che la pelle è grassa), e aggiungi un po' di aceto balsamico (non mi chiedere quanto. sbaglialo un paio di volte poi ti verrà da dio), un pizzico di sale e un paio di cucchiaini di zucchero di canna. ecco, se vuoi fare il figo e mettere anche il miele, poi non riuscirai più a scrostarlo dalla pentola. quindi evita il miele. fai ritirare il tutto, ma non troppo. non aspettare che abbia la consistenza da salsa densa, tieni conto che raffreddandosi si addenserà ancora.
taglia l'arrosto in fette spesse, mettile a ventaglio sul piatto con sopra la salsa.
per il contorno, puoi fare le cipolline all'aceto balsamico (stessa roba. cipolline bianche, aceto balsamico, alloro, rosmarino, sale, pepe, zucchero di canna, e fai andare avanti a cuocere per un bel po'), o patatine novelle agli aromi, e mazzetti di valeriana (serzetto a genova).
portati il piatto in mansarda, versati un bicchiere di vino, e goditi il risultato del tuo lavoro.

lo strudel della nonna

non ho mica mai capito perchè il montarozzo di farina col buco in centro si chiama fontanella. comunque non correre, e prima di occuparti di idraulica, metti l'uva passa in una tazza d'acqua tiepida, se ti va con un po' di rhum che ci sta da dio, e lasciala lì. poi prendi una padella e rosolaci dentro un po' di pane grattato con del burro, non troppo, giusto perché non attacchi e diventi dorato senza fare grumi. cerca di non dimenticarlo nella padella, che si brucia come niente. se hai un'antiaderente è meglio.
in una tazza mischia un uovo, mezza tazzina da caffé d'olio d'oliva (ecco evita quello del frantoio dell'amico, che è troppo forte. ma usa olio buono,almeno che sia extravergine) e un pizzico di sale.
fai la benedetta fontanella (non vedevi l'ora) con tre etti di farina e mettici il mischiotto dentro, comincia a impastare e aggiungi un po' di acqua tiepida continuando a impastare, finché non diventerà una palla omogenea e morbida, se esageri con l'acqua e ti si incolla alle mani, continua a impastare infarinando le mani finché non smette di appiccicare (che fa pure schifo). bella la sensazione dell'impasto, eh? è per questo che si fa la pasta in casa. perché impastare è meglio che toccare le tette.
che fai, ti fermi? continua, che più impasti meglio viene. almeno venti minuti, dai. poi fai una palla e coprila con uno strofinaccio umido, così non si secca.
intanto pela un chilo e mezzo di mele - meglio se renette, che sono dolci e fanno poca acqua. se non le trovi va bene anche altro, ma se sono acquose devi mettere un po' più pangrattato - e tagliale. eh, come. bella domanda. mia nonna ha un affare che le taglia a striscioline, tipo le patatine ma un po' più piccole. lo cerco da anni e non l'ho mai trovato. io faccio a coltello, tu fai come ti pare. evita i dadini, comunque, striscioline è meglio, tipo una julienne un po' larga.
ora infarina la tovaglia pulita che hai sul tavolo, stendi la pasta un po' sulla spianatoia, e poi finisci sulla tovaglia. deve venire un tondo grande, tipo mezzo metro di diametro. più la fai sottile più è buona, se ci metti sotto una pagina del manifesto ci devi leggere attraverso. se non si tira la farina è vecchia. se torna indietro e non resta stesa hai messo troppo olio, in ogni caso son cazzi tuoi.
spargici sopra il pan grattato (fino ai bordi, non è una pizza), poi le mele, l'uvetta strizzata, i pinoli, lo zucchero (assaggia le mele per capire quanto ne serve, se sono aspre tanto, se sono dolci poco), grattaci un po' di scorza di limone, e spargi la cannella a piacere. se vuoi aggiungere un po' di marmellata fai pure, oppure le ciliege ci stanno da dio e le albicocche pure. evita le pere che fanno troppa acqua.
ora solleva un lembo della tovaglia, e magia! lo strudel si arrotola su se stesso.
ungi d'olio la teglia, fatti aiutare da qualcuno a metterci sopra lo strudel a ferro di cavallo, chiudi bene i due culi, che se esce il ripieno son cazzi.
stuorla un uovo, prendi un pennellino e spennella col tuorlo tutta la pasta, così viene bella dorata e tutti fanno -ooooh-. poi ficca in forno, tipo quaranta minuti a duecentoventi gradi dovrebbero bastare. mia nonna dice che infilando un coltello nello strudel, quando è cotto esce pulito. mah. secondo me è una leggenda.
quando è freddo spolveralo con lo zucchero a velo, che ci sta da dio.